A
volte lavoro non significa solo fatica ed alienazione. A volte il
lavoro non rapina soltanto spazi e tempi. A volte il lavoro uccide
in un mare di omertà e silenzio senza che nessun sindacalista
si scandalizzi più di tanto. Nonostante il progresso, le
nuove tecnoloigie, l'irrompere sulla scena globale di nuovi soggetti
e nuovi settori produttivi e riproduttivi, il lavoro continua ad
uccidere.
Ogni anno due milioni di persone muoiono nel mondo a causa di incidenti
sul posto di lavoro o di malattie professionali.
Piu' di 5000 persone ogni giorno perdono la vita mentre altre 2000
si infortunano. Il numero complessivo di infortuni sul posto di
lavoro oscilla attorno ai 270 milioni di persone mentre il numero
dei lavoratori che in un anno contraggono malattie all'apparato
respiratorio e' pari a circa 160 milioni. Sul posto di lavoro si
muore soprattutto di cancro (640000 morti all'anno, pari al 23%
dei decessi), a causa di malattie all'apparato circolatorio (23%),
in incidenti (19%) o per aver contratto malattie contaggiose (17%).
Il contatto con sostanze tossiche altamente nocive provoca quindi
un altissimo numero di malattie. Si calcola che solo l'amianto e'
causa ogni anno di 100000 morti.
Quando si pensa all'icona simbolo del lavoratore occidentale si
guarda spesso alla figura dell'uomo adulto, con un livello medio
d'istruzione e con normali doti fisiche per poter reggere tutti
i ritmi che la produzione gli impone durante le sue mansioni.
La nostra immaginazione non considera pero' che ogni anno nel mondo
muoiono 12000 minori sul posto di lavoro impegnati quotidianamente
a svolgere mansioni assurde a ritmi massacranti e senza alcuna tutela.
Tra i settori piu' pericolosi spicca l'agricoltura che, nonostante
l'evoluzione tecnologgica rappresenta piu' della meta' dei lavoratori
a livello mondiale e che proprio per questo denuncia piu' del 50%
di incidenti e morti sul posto di lavoro. La maggior parte delle
vittime si concentra quindi nei paesi in via di sviluppo, dove l'agricoltura,
la pesca, l'estrazione mineraria e settori dell'industria non ancora
tecnologicizzati rappresentano ancora forme di sostentamento e "sviluppo".
In Italia pero' la situazione non appare migliore. Secondo l'annuale
rapporto dell'Inail le morti sul posto di lavoro aumentano, cosi'
come aumento in maniera preoccupante il numero degli incidenti.
In aumento anche gli infortuni che passano da 1.022.693 del 2000
a 1.029.925 del 2001. I casi mortali di incidenti cresce da 1412
a 1452. Naturalmente il settore piu' colpito in Italia e' quello
dell'industria e dei servizi (3,1% di morti in piu' rispetto al
2000) che passa da 1229 a 1267 "morti bianche" all'anno.
Per quanto riguarda invece il settore agricolo, pare che in Italia
le cose vadano un po' meglio. Diminuisce infatti sia il numero degli
incidenti ( -6,5%), sia il numero dei morti che passa da 172 a 164.
I dati pero' sembrano essere condizionati dall'altissimo numero
di denuce di incidenti presentate e poi respinte dai lavoratori
del settore agricolo. Denunce che spesso vengono ignorate a causa
della situazione deficitaria che sta attraversando l'ntero settore.
La situazione resta dunque drammatica sia a livello globale che
nazionale. Ad una evoluzione tecnologica che aumenta' la produttività
di tutti i settori e ne' garantisce l'efficenza non corrisponde
quindi un livello accettabile di sicurezza e tutela minima della
salute dei lavoratori. Si impongono anzi ritmi sempre piu' forsennati
a dispetto di un reddito martoriato dall'inflazione e per questo
sempre piu' basso. I veleni, le polveri e le sostanze nocive, tutti
quei fumi maleodoranti non riguardano solo casi eclatanti come Porto
Marghera.
Gli incidenti sul lavoro, di qualunque tipo e con mille drammatiche
conseguenze non sono solo favolette sui giornali.
Lavorare, stanca, annoia, aliena, ferisce. Il lavoro normalizza,
invecchia, deruba spazi e tempi altrui. Lavorare non e' sicuro.
Lavorare uccide!
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