La 
                    cronaca...
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                    [ 19 luglio ][ 20 luglio 
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                    ]
                  Raccontare 
                    i giorni che abbiamo passato a Genova è un’impresa difficilissima, 
                    una sfida che siamo quasi sicuri di perdere. Sarebbe infatti 
                    difficile raccontare quello che abbiamo visto, fatto, vissuto 
                    senza cadere in una sequenza infinita di frasi retoriche. 
                    Una cosa però la possiamo affermare: Genova ci ha unito ancora 
                    di piu’, regalandoci un maremoto di emozioni che come crew 
                    abbiamo saputo assorbire insieme. Sempre attivi, unit* ed 
                    in comunicazione, costantemente convinti di sabotare frammenti 
                    della nostra vita partecipando ad un delirio di massa in cui 
                    anche noi ci siamo ritagliati la nostra marginale parte di 
                    comparsa.
                    Parte della crew ha raggiunto Genova il 16 mattina. Via ai 
                    campeggi, monta la tenda, chiama gli altri Kids rimasti a 
                    casa e descrivigli una città militarizzata. 
                    Qualche e-mail e un paio di telefonate non rendo l’idea di 
                    quello che era lo scenario genovese, ma questo non ci interessa…fa 
                    sempre bene raccontare e saper ascoltare. 
                    
                    19 luglio 
                    
                    Il 19 pomeriggio prima del corteo dei migranti raggiungiamo 
                    chi era salito il 16. Cominciamo a capire quello che fino 
                    a quel momento avevamo visto solo sui giornali o ascoltato 
                    dalle telefonate dai/lle compagn* arrivati a Genova prima 
                    di noi. Il quartiere Quarto (dove abbiamo campeggiato) non 
                    era particolarmente militarizzato, ma nei giorni precedenti 
                    alcune fastidiose perquisizioni avevano rotto la tranquillita’ 
                    apparente che regnava nella periferia a Sud di Genova. Ci 
                    prepariamo per trascorrere la notte. Montiamo le tende creando 
                    un piccolo accampamento proprio sotto alcuni alberi disposti 
                    a cerchio in fondo al parco che ospitava l’immenso campeggio. 
                    Si fa tardi, il corteo dei migranti sta per cominciare, ma 
                    noi rimaniamo ancora un po’ e ci facciamo descrivere come 
                    un manipolo di pazzi furiosi ha praticamente sequestrato un’intera 
                    citta’ per far svolgere, ad otto tiranni un’illegittimo vertice 
                    mondiale. Si forma un cerchio di persone attorno al nostro 
                    piccolo accampamento. Si parlano dialetti diversi, si ride, 
                    si gioca mentre ci si prepara per il corteo. Prendiamo il 
                    bus navetta. Proprio davanti al nostro campeggio c’è la fermata 
                    dei bus speciali che collegheranno per tutta le giornate del 
                    vertice il quartiere Quarto al centro della città. Si sale 
                    tutti insieme, compatti, sereni e anche un po' curiosi di 
                    vedere le barriere alte 4/5 metri che separano la zona rossa 
                    dal resto del mondo. Arriviamo a brignole e ci rendiamo conto 
                    che il corteo è già cominciato prima ancora di arrivare al 
                    concentramento. Migliaia di persone affluiscono da ogni strada 
                    per raggiungere la piazza dove si partirà per dar vita all’immenso 
                    corteo dei migranti. Musica, suoni, colori. Tutta la gioia 
                    di un movimento contro la squallida tristezza delle istituzioni. 
                    Il corteo scorre pacifico per le vie di Genova. Sembra quasi 
                    una gita turistica dove gli attivisti osservano attentamente 
                    le misure di repressione che dovranno affrontare i giorni 
                    successivi quando si proverà a sabotare i lavori del vertice. 
                    Ci fermiamo a bere qualcosa al Bar. Comodamente seduti tra 
                    i tavolini ci rinfreschiamo prima di ripartire e partecipare 
                    attivamente al corteo. Il barista ci dice che non può darci 
                    bottiglie, le guardie gli hanno vietato di vendere acqua, 
                    birra e qualsiasi altra cosa contenuta in recipienti che potrebbero 
                    essere usati come armi improprie. Scoppiamo a ridere e ci 
                    facciamo dare qualche bicchiere di birra e di thè freddo. 
                    Poi ripartiamo e osserviamo attentamente tutti i plotoni di 
                    marionette in divisa che presidiano alcune vie del centro. 
                    Notiamo che hanno le maschere antigas legate attorno al collo 
                    e che il loro equipaggiamento antisommossa è più inquietante 
                    del solito. Al corteo incontriamo mille persone. Ci fermiamo 
                    decine di volte a salutare amici ed amiche giunti da tutta 
                    Italia
                    …sapevamo di incontrarli, ma i baci e gli abbracci sono quelli 
                    delle grandi occasioni. Qualcuno di noi comincia a scattare 
                    foto con la digitale. Vengono immortalati alcuni spezzoni 
                    del corteo, ma anche l’inquietante cittadella che ospita quasi 
                    tutte le forze dell’ordine chiamate a Genova per salvaguardare 
                    il G8. E’ un corteo lunghissimo e faticoso . Piu’ volte siamo 
                    costretti a sederci per riprendere fiato. Ci perdiamo di vista 
                    spesso durante il percorso, ma alla fine, prima di tornare, 
                    il nostro gruppo riparte compatto per il campeggio. 
                    La manifestazione è finita. 
                    Eravamo tantissimi, molti di piu’ di quello che si aspettavano 
                    le forze dell’ordine. Si parla già di oltre 50.000 
                    persone. Si ritorna al campeggio sotto una fitta pioggia che 
                    ci farà compagnia fino a tarda notte. Siamo stanchi, bagnati 
                    e consapevoli che il giorno che ci aspetta non sarà così tranquillo. 
                    
                    
                    20 luglio 
                    
                    Venerdi ci svegliamo tutti molto presto. Alle 8:30 siamo gia’ 
                    in piedi e vaghiamo tra le tende incontrando quelli/e che 
                    ci hanno raggiunto da Roma e dalle altre citta’ durante la 
                    notte. Siamo stanchi ma ci accorgiamo di essere veramente 
                    tantissim*. Comincia l’assemblea di campeggio. Noi preferiamo 
                    farci quattro chiacchiere informali insieme, mentre solo uno 
                    di noi va ad ascoltare cosa c’è in programma per la giornata. 
                    Sono le 10:30, l’atmosfera cambia e tutto il campeggio e’ 
                    in fibrillazione. Ci si prepara ad invadera la zona rossa. 
                    L’intenzione infatti e’ quella di concentrarci in una piazza, 
                    aspettare le 14:00 (orario in cui i lavoratori in sciopero 
                    avrebbero raggiunto il presidio) e poi cercare di forzare 
                    i blocchi. 
                    Tutto chiaro…ci si attrezza! 
                    Caschi, maschere antigas, protezioni d’ogni genere. Il campeggio 
                    diventa un immenso formicaio dove tutti sanno cosa fare. Arriviamo 
                    nella piazza del concentramento dopo aver preso il solito 
                    bus speciale. Siamo attrezzati, determinati, decisi a distruggere 
                    le barriere che ci dividono dal potere. Sapevamo che il presidio 
                    si sarebbe mosso solo alle 14:00 e quindi molto tranquillamente 
                    ci troviamo un posto all’ombra per riposarci ed osservare 
                    la situazione. Pensavamo di rimanere lì a crogiolarci per 
                    due o tre ore ed invece la situazione cambia improvvisamente. 
                    Comincia a girare la voce che la polizia ci vuole chiudere 
                    nella piazza, in lontananza vediamo blindati con reti messe 
                    di traverso. 200 o 300 attivisti cominciano a disselciare 
                    i marciapiedi, e le strade di tutta la piazza. Si ricavano 
                    arnesi, sassi, bottiglie, bulloni e spranghe. Comprendiamo 
                    subito che il presidio si muoverà prima delle 14:00 e che 
                    la situazione non è affatto, a questo punto, tranquilla. Ad 
                    osservare la scena c'e' infatti un nutrito cordone di sbirri 
                    in tenuta antisommossa. Sarebbero stati dei folli a caricare 
                    1000/2000 persone così determinate, ma il pericolo di un improvviso 
                    arrivo di rinforzi ci fa spostare dietro alcuni cassonetti 
                    ragionevolmente rovesciati in mezzo alla strada per arginare 
                    eventuali attacchi polizieschi. Dopo due minuti si arriva 
                    allo scontro. Non c’è neanche il tempo di pensare. Comincia 
                    tutto in un attimo. 
                    
                    Gli scontri
                    
                    Decine di compagni e compagne alzano le barricate mentre altri 
                    assaltano banche e tutte le sedi delle multinazionali che 
                    il corteo improvvisato trova sul suo percorso. In mezzo alla 
                    strada ci finisce ogni cosa che riesce ad ostacolare l’avanzata 
                    degli sbirri. Attimi di guerriglia urbana si alternano a laboriose 
                    fasi di costruzione (barricate) e distruzione (vetrine). Gli 
                    sbirri provano ad attaccare il corteo che arretra verso il 
                    lungomare. I blindati e i plotoni della celere avanzano, ma 
                    ogni volta che guadagnano terreno una valanga di sassi, bulloni 
                    e molotov li seppellisce. C’è chi invita gli altri a non sfasciare 
                    vetrine e a cercare di ricompattare il corteo. C’è qualche 
                    polemica fra anime diverse, ma non si arriva mai allo scazzo. 
                    Il fumo nero prodotto dalle auto in fiamme oscura ormai molte 
                    vie della zona. Il corteo si è spaccato in tanti gruppetti 
                    e in ogni via c’è uno scontro. Lo spezzone più grande arriva 
                    a piazzale Kennedy, gli altri sono dispersi in tutta la zona 
                    e si scontrano con le guardie. Saltano ancora vetrine mentre 
                    sale il timore di un assalto delle forze dell’ordine contro 
                    le persone che si sono rifuggiate nel grande spiazzo concesso 
                    agli attivisti del GSF. Dopo qualche manciata di minuti un 
                    nutrito plotone di celerini si avvicina a piazzale kennedy 
                    e i manifestanti si chiudono nell’area riservata ai concerti 
                    barricando le entrate. Per qualche secondo non succede nulla, 
                    poi gli sbirri si avvicinano e cominciano a lanciare lacrimogeni 
                    sui 2000 manifestanti asserragliati dietro i cancelli dell’area 
                    concerti. I celerini non sono tanti, ma a 700 metri c’è la 
                    cittadella delle forze dell’ordine e il timore di un’irruzione 
                    in grande stile spinge tutt* a cercare una via d’uscita. Tutto 
                    lo spiazzo sembra una trappola: dietro c’è il mare pericolosamente 
                    agitato e infestato di barche e barchette pilotate da uomini 
                    in divisa, davanti ci sono le barricate e i celerini che non 
                    intendono lasciare nessun varco. I manifestanti si ricompattano, 
                    trovano una striscia di costa dove è possibile uscire senza 
                    avvicinarsi al plotone dei celerini, fermo davanti ai cancelli 
                    principali. 
                    Intanto giungono notizie dagli altri gruppi sparsi per la 
                    città. Nel quartiere sopra il lungo mare, quello vicino 
                    al Media Center, sappiamo che ci sono circa 300/400 compagn* 
                    braccati dalle guardie che cercano un modo di ricompattarsi 
                    allo spezzone di p.zzale Kennedy. Ma la polizia, e la guardia 
                    di finanza gli tagliano continuamente la strada ingaggiando 
                    a ripetizione tafferugli e battaglie. Nello scontro/fuga non 
                    vengono comunque dimenticate banche e vetrine di multi. Piovono 
                    molotov sul portone di un commissariato, due guardie rispondono 
                    sparando dal 5° piano in mezzo alla folla, per un miracolo 
                    nessuno viene preso. Solo dopo un'ora e mezza a questi ritmi, 
                    i/le compagn* raggiungono il grosso del corteo correndo felicissimi 
                    anche se ancora inseguiti. 
                    Da loro si viene a sapere che ancora un altro gruppo si e' 
                    staccato e sta attaccando a Marassi puntando al carcere. Ma 
                    le notizie sono frammentate e incerte, si sa solo che da quelle 
                    parti bruciano, come ovunque, decine di macchine, e per vederlo 
                    basta alzare gli occhi al cielo.
                    L’elicottero intanto sorvola la zona e da indicazioni dall’alto. 
                    Tutti gli spezzoni dispersi del corteo si ricompattano quindi 
                    insieme e cercano di raggiungere alla spicciolata zone più 
                    tranquille. La tensione è altissima e costeggiando il mare 
                    si vedono grappoli di imbarcazioni che controllano la situazione. 
                    Sono passate due ore e cominciano ad arrivare nuove notizie 
                    da tutti gli altri cortei. Cariche ovunque, scontri, feriti 
                    e vetrine in frantumi decorano ormai molte vie di Genova. 
                    Sul lungomare la situazione sembra piu’ tranquilla. Parte 
                    qualche sasso ad una caserma dei carabinieri ma in pratica 
                    non succede nulla per 30 minuti. Il corteo spontaneo ha ormai 
                    raggiunto la periferia di Genova. Implicitamente l’obbiettivo 
                    diventa arrivare al campeggio del network e fare il punto 
                    della situazione. Tutto tranquillo quindi, ma cominciano le 
                    provocazioni delle guardie. Due camionette tentano di spaccare 
                    il corteo lanciando lacrimogeni, pallottole di gomma e pepper 
                    spray. La risposta e' ovvia: i due blindati vengono assaltati 
                    e danneggiati, poi i carabinieri sparano in aria e si ritirano 
                    leccandosi le ferite. Quella provocazione scatena la rabbia 
                    del corteo che riprende a praticare l’azione diretta colpendo 
                    banche e supermercati. Di nuovo barricate, secchioni in mezzo 
                    alla strada e sassi sulle vetrine. In realtà per alcuni minuti 
                    non c’è l’ombra di una guardia, ma quando il corteo giunge 
                    in una stretta stradina in discesa arriva da lontano la carica 
                    di alcuni blindati lanciati a forte velocita’ contro i manifestanti. 
                    C’è confusione, qualcuno viene colpito alla schiena da lacrimogeni 
                    lanciati ad altezza d’uomo, altri rimangono isolati. Il corteo 
                    non ha nemmeno il tempo di difendersi e controcaricare. Si 
                    corre, si rovesciano cassonetti, si cerca di capire quanti 
                    sono stati isolati dalla carica. Qualcuno dopo aver respirato 
                    piu’ volte il fumo dei lacrimogeni (sicuramente potenziati) 
                    si sente male e viene sostenuto dai suoi compagni. Poi incredibilmente 
                    il corteo, dopo svariate ore di scontri, fughe ed indietreggiamenti, 
                    si unisce a tutti gli altri cortei che si erano mossi dai 
                    vari campeggi per invadere la zona rossa. Dalla fine della 
                    strada, in cima ad una collina, lo spettacolo è assolutamente 
                    surreale. Un nuvolone compatto di lacrimogeni avvolge la testa 
                    del corteo. Da 3/4 chilometri di distanza si vedono chiaramente 
                    le cariche selvagge che stanno colpendo il corteo dei disobbedienti 
                    partito dal Carlini. E’ chiaro che da quel momento i vari 
                    spezzoni partiti dai campeggi per raggiungere i rispettivi 
                    obbiettivi si sono casualmente trovati uniti. C’è qualche 
                    problema di convivenza ma il colpo d’occhio visto dall’alto 
                    e’ incredibile. Migliaia e migliaia di persone rimangono assolutamente 
                    compatte nonostante lacrimogeni, idranti, pallottole di gomma 
                    e cariche brutali.
                    Ormai e’ tardo pomeriggio e i fumi dei lacrimogeni si mischiano 
                    con quelli delle auto in fiamme. Il grosso dei manifestanti 
                    comincia a raggiungere in grandi gruppi i rispettivi campeggi. 
                    Non c’è ancora il tempo e la lucidita’ per capire cosa e’ 
                    successo a Genova durante tutta la giornata. La rabbia però 
                    deve ancora scoppiare in tutta la sua esasperante drammaticità. 
                    
                    Ai campeggi si diffonde la notizia che le guardie hanno sparato 
                    ed ucciso un compagno. 
                    Nessuno vuole crederci c’è incredulita’ e sgomento. 
                    Non si vuole dar peso ai Telegiornali che già danno la notizia. 
                    Quando Radio GAP e indymedia confermano cio’ che tutti temevano 
                    nessuno ha la forza di sfogarsi. Non si parla, si sussurra. 
                    Non si grida si piange, si sta in silenzio covando tutto il 
                    rancore e l’odio contro quegli assassini di merda che hanno 
                    portato via la vita ad uno di noi. Non si conosce ancora il 
                    nome del ragazzo ucciso quando nei campeggi cominciano le 
                    assemblee. Quando ti portano via un compagno, per sempre, 
                    c’è poco da dire. Tutti sono consapevoli che il giorno dopo 
                    ognuno esprimera’ a modo suo la risposta da dare agli infami 
                    che hanno ammazzato un ragazzo di 23 anni per difendere 8 
                    porci assassini. Nonostante aver assassinato Carlo Giuliani, 
                    nonostante aver calpestato il suo cadavere con un blindato, 
                    le forze dell’ordine hanno ancora la capacita’ morale di sfrecciare 
                    davanti ai campeggi esultando per aver svolto il loro mestiere 
                    d’assassini. Alzano il braccio destro, inneggiano al duce 
                    e qualcuno gli regala qualche sassata sui vetri mettendoli 
                    in fuga. 
                    Finisce così la giornata piu’ lunga che luglio 2001 ha prodotto 
                    per il movimento. 
                    
                    21 luglio
                    
                    Alle 7.30 del mattino il sole non riesce ancora a riscaldare 
                    nessuno. Qualcuno trema, anche se il calendario dice che siamo 
                    arrivati al 21 luglio. Sara’ solo un’illusione perche gia’ 
                    dalle ore successive si comincera’ a far sentire un caldo 
                    torrido che soffochera’ tutt* durante l’intera giornata. Ai 
                    campeggi nessuno ha voglia di parlare.
                    Tutti osservano le foto che i giornali pubblicano in prima 
                    pagina raccontando la giornata di guerra che ha sconvolto 
                    Genova. 
                    Naturalmente c’è il volto di Carlo sfregiato brutalmente da 
                    due pallottole sparate da un carabiniere a bordo di un blindato. 
                    Sono immagini crude, assolutamente efficaci nel trasmettere 
                    tutto il macabro operato delle forze dell’ordine. Uomini in 
                    divisa presidiano spavaldi ed indifferenti il cadavere di 
                    Carlo impedendo a chiunque di avvicinarsi. I cani da guardia, 
                    per un osso e qualche briciola di pane, obbediscono sempre 
                    al loro padrone. Loro sono lì, davanti a quel cadavere, felici 
                    di fare il loro dovere. 
                    Il 21 luglio Genova e’ letteralmente invasa da almeno 300.000 
                    manifestanti. La piazza dove dovrà partire il corteo rimarrà 
                    solo sulla carta il luogo del concentramento dei manifestanti. 
                    Il corteo infatti comincia diversi chilometri prima, quando 
                    alla spicciolata tutti i gruppi, i collettivi, le associazioni, 
                    i centri sociali, i sindacati di base e le singole individualita’ 
                    si muovono istintivamente formando un immenso fiume di folla. 
                    Fa caldissimo e lungo tutto il percorso si vedono i segni 
                    della giornata precedente: vetrine in frantumi ovunque, cassonetti 
                    bruciati, qualche sasso in mezzo alla strada. Qualcuno comincia 
                    a scrivere il nome di Carlo sui muri, si esprime graficamente 
                    tutto l’odio contro i suoi assassini. Per la strada nessuna 
                    divisa, niente plotoni pronti a caricare, nessun blindato. 
                    In cielo però 4 elicotteri sorvolano provocatoriamente il 
                    corteo, mentre una marea di gente gli urla slogan pieni di 
                    rancore e rabbia. Lungo la via che porta al mare i manifestanti 
                    giocano con gli abitanti della zona. Dalle finestre grandi 
                    sorrisi e frasi d’incitamento precedono una refrigerante secchiata 
                    d’acqua. Ogni volta che dai balconi signori e vecchiette rinfrescano 
                    generosamente il corteo rumorosi applausi di ringraziamento 
                    interrompono per qualche secondo la rabbia che il corteo cercava 
                    di esprimere. Per quasi due chilometri ogni palazzo cerca 
                    di rompere la cappa di calore che soffoca il lungo serpentone. 
                    Poi qualcosa cambia. Cominciano ad arrivare notizie di strani 
                    movimenti alla testa del corteo. Si stringono i cordoni, ma 
                    la situazione sembra assolutamente tranquilla. C’è chi si 
                    ferma per riposare e bere qualcosa, chi continua a camminare 
                    e a urlare slogan. Ai lati del corteo qualcuno tira sassi 
                    ad una caserma dei carabinieri. Qualche vetro in frantumi, 
                    due lacrimogeni tra la folla prontamente rimandati al mittente. 
                    La tensione comunque si mantiene bassa.Tutto tranquillo. Dopo 
                    qualche minuto, mentre il corteo continua ad avanzare lungo 
                    la costa, si intravedono a 4/5 chilometri di distanza i fumi 
                    grigi dei lacrimogeni. In testa al corteo ci sono gli scontri 
                    e naturalmente comincia a salire la tensione ovunque. Ora 
                    cominciano stranamente a ricomparire i plotoni di celere. 
                    Uno si muove improvvisamente e viene respinto senza troppi 
                    problemi. Arrivano i rinforzi e le guardie sul lato destro 
                    diventano veramente tante. Dall’altra parte della strada c’è 
                    il mare, davanti invece gli scontri si fanno violentissimi. 
                    Il corteo è immobile, fermo, silenzioso. Gli scontri sono 
                    molto distanti, ma l’intenzione e’ quella di non staccarsi 
                    dallo spezzone di testa. Nessuno deve rimanere isolato e il 
                    corteo rimane compatto. A questo punto però i tentativi di 
                    frantumare in più parti l’immenso fiume di gente diventa l’obbiettivo 
                    principale degli sbirri. Viene respinta la carica al lato 
                    del corteo, ma dall’alto, dagli elicotteri e dai tetti, diversi 
                    candelotti piovono sulla testa delle persone. C’è troppa gente 
                    ed è pericolossissimo scappare senza criterio. Si rischia 
                    di rimanere tutti schiacciati. Fortunatamente qualcuno fa 
                    cordone e riduce il panico. L’aria è irrespirabile, l’odere 
                    dei lacrimogeni acre e nauseabondo. La pelle brucia, gli occhi 
                    lacrimano e si gonfiano. Tutti capiscono che è meglio tornare 
                    indietro. Il corteo prosegue defluendo in massa verso quarto. 
                    Chi vuole continuare l’azione diretta non ha piu’ vetrine 
                    da sfasciare, chi cerca un riparo non lo trova, chi vuole 
                    andare avanti riceve lacrimogeni e viene caricato. I gruppetti 
                    che imboccano le viette laterali vengono inseguiti, caricati 
                    e chi rimane isolato viene pestato senza motivo.
                    Un sostanzioso gruppo di attivisti, piu' o meno 500, vengono 
                    spinti dopo una violentissima carica verso l'interno della 
                    città (Albaro). Le guardie non mollano e a ripetizione 
                    sparano lacrimogeni mai vesti e sentiti, molte persone si 
                    accasciano a vomitare. Vengono date in fiamme macchine di 
                    grossa cilindrata per rallentare l'inseguimento delle guardie 
                    fra le viuzze. Per oltre un'ora il gruppone viene inseguito 
                    e caricato, fino al suo definitivo smembramento a piazza Martinez 
                    dopo l'ennesima violentissima carica. Tutt* i/le fermati/e 
                    dopo ogni carica vengono selvaggiamente massacrat*. Alcuni 
                    della nostra crew sono rimasti incastrati dopo una carica 
                    in un cortile, asserragliati e circondati dalla polizia per 
                    un ora, mentre attorno le guardie sfiguravano a manganellate 
                    i compagni dispersi. Solo dopo aver scavalcato inferriate 
                    su inferriate sono riusciti a eludere l'assedio degli sbirri.
                    Intanto il grosso del corteo cammina rapido verso una meta 
                    inesistente. Gli elicotteri continuano a sprecare carburante 
                    cercando di provocare un corteo che non si lascia infastidire. 
                    Vengono ancora lanciati lacrimogeni dall’alto poi, arrivati 
                    in periferia, tutti cercano di ritornare ai rispettivi campeggi. 
                    Anche il 21 luglio gli sbirri hanno fatto il loro dovere. 
                    Ancora feriti, arresti e dispersi. Si scopre che poco prima 
                    del corteo, al campeggio del network per i diritti globali, 
                    le guardie hanno fatto un’irruzione portando via una ventina 
                    di compagni e compagne. Altri compagni sono feriti o sono 
                    stati arrestati. Si smontano le tende, si riempiono gli zaini 
                    di panni sporchi e bottiglie d’acqua.
                    Si torna a casa. 
                    Non c’è tempo per le valutazioni politiche. Brignole è piena 
                    di gente quando alle 21:30 tutti e tutte si muovono per prendere 
                    i rispettivi treni speciali. Torniamo a casa. 
                    Ricominciamo piu’ forti di prima consapevoli che il G8 e’ 
                    stato delegittimato e sfigurato. Mentre siamo sulla via del 
                    ritorno i padroni del mondo lodano il governo italiano che 
                    ha consentito lo svolgimento del vertice. Nonostante i proclami 
                    sereni e distesi, i global leaders sanno benissimo che il 
                    loro vertice è stato pagato ad un prezzo altissimo. Il prossimo 
                    lo faranno in Canada sulle montagne rocciose per evitare contestazioni 
                    e ogni dimostrazione di dissenso. Questa è la loro democrazia. 
                    Una democrazia condita con il carcere e la repressione, con 
                    il sangue e la morte. Ma mentre loro continueranno a assolversi 
                    da soli, giustificando tutti i crimini di cui sono responsabili 
                    in noi cresce, sempre piu’ forte, la consapevolezza che 5 
                    miliardi di sfruttati non si fermano con due pallottole. 
                    Noi non gli daremo mai tregua! 
                    
                    Mw4k Genova Riot Crew
                  
                    Se sei interessato puoi leggere il comunicato 
                    con il quale abbiamo aderito alle mobilitazioni antiG8 di 
                    Genova.