Volantini ed altri materiali cartacei autoprodotti.
Il 31 gennaio 2013, nel tribunale di Roma a P.le Clodio, si terrà l'ennesima udienza del processo che vede imputate 5 persone, tra quelle che erano in piazza nella giornata del 14 dicembre 2010 a Roma.
Quel giorno, il tentativo di raggiungere i palazzi del potere è sfociato in una battaglia campale quando le forze dell'ordine hanno scelto d'impedirlo.
Quel giorno, le strade della città fuorono animate dalla rabbia di chi non accetta di sopravvivere tra la miseria e lo sfruttamento quotidiano.
L'eco di quella giornata, continua a risuonare forte nei cuori e nelle teste di migliaia di compagne e compagni ma purtroppo anche nelle aule del tribunale dove sono circa 50 le persone che in questi due lunghi anni hanno dovuto sentire sul collo il fiato pesante della repressione.
Spesso da sol@, senza la solidarietà attiva di tutt@ coloro che quel 14 dicembre manifestarono la propria rabbia.
In un momento in cui fioccano pesanti condanne nei confronti di compagni e compagne, ragazzi e ragazze, che partecipano alle giornate di lotta, crediamo sia importante non lasciare nessun@ sol@ davanti alla repressione, fuori e dentro le aule dei tribunali.
Perciò saremo presenti, nell'aula 2 della sezione collegiale al secondo piano della palazzina A del tribunale, dalle ore 12.00 di Giovedì 31 Gennaio, al fianco dei nostri compagni e delle nostre compagne per dimostrare che non accettiamo alcun monito o paura indotta perchè non crediamo che la dignità delle nostre vite debba essere decretata o incatenata dallo Stato e dai suoi cani da guardia.
Invitiamo tutte e tutti a portare la propria complicità.
La nostra passione per la libertà è più forte di ogni autorità!
Compagne e compagni
Si scatena la gogna mediatica. E non ci stupisce.
Il perbenismo pacificatore si dissocia, punta il dito e si rende complice dell’ennesima persecuzione degli apparati polizieschi e giudiziari. Non ci piace.
Quelle che in molti continuano a chiamare come le mele marce della manifestazione del 15 ottobre, ai nostri occhi appaiono come i frutti di una rabbia diffusa, di un malcontento sociale che si estende. E’ questione di punti di vista.
C’è chi continua a parlare del futuro dei più giovani, di generazioni destinate a non poterlo costruire, perché private dei “diritti fondamentali” come il lavoro. Per noi sfruttamento e oppressione, attraverso il lavoro salariato, sono sempre state le condizioni costanti del dominio: le combattiamo qui e ora, senza aspettare.
Siamo “un po’ stufi” di sentire solamente la lagna dell’indignazione, della crisi globale fatta pagare sulle popolazioni di tutto il mondo, delle condizioni di vita precarie, delle responsabilità delle banche e dei mercati finanziari, senza fare qualcosa che metta in discussione la totalità di questo sistema.
Perché in fondo, da una parte all’altra che si trovi, è una questione di paura.
E il 15 Ottobre, di paura, ne ha fatta: ha fatto paura alla classe politica, perché una folla di persone si è riversata nelle strade per dire che sono le banche, gli istituti finanziari e gli imprenditori i veri artefici di questa crisi fatta pesare sulle popolazioni del mondo, perché c’è stata un’esplosione incontrollabile di rabbia, controversa ed istintiva, impaziente, a volte incosciente, come è tipico dell’irruenza di chi porta dentro qualcosa che brucia; ha fatto paura a chi, anche dentro quella manifestazione, ha provato a cavalcare l’onda per il proprio tornaconto, agognando una comoda poltrona in qualche stanza del potere o perché mossa da un freddo calcolo di interesse politico; ai padroni probabilmente ha messo qualche pulce nell’orecchio, che, ci auguriamo, cominci il prima possibile a far sanguinare.
Se infatti le strade si agitano e diventano terreno di ribellione, quando una valle insorge, resiste da 20 anni e attraverso la lotta diffonde l’idea di un reale cambiamento, a tal punto che in molti parti d’Italia le popolazioni cominciano a opporsi alle nocività del capitale, quando i lavoratori cominciano ad incrociare le braccia, a rompere le catene del loro sfruttamento e a occupare le strade e le stazioni, quando i migranti rinchiusi dentro un Cie evadono, quando le persone si organizzano e dal basso cominciano a riprendersi le proprie libertà e ciò di cui hanno bisogno…allora si, che la paura cambia di campo.
Se televisioni e giornali sguinzagliano i loro sciacalli e non parlano d’altro che di violenti e teppisti, se il black-bloc è il demone da creare per dar seguito all’inquisizione, se in un coro bipartisan si rispolvera una Legge Reale per attuare nuove misure repressive, se Maroni e i suoi alleati di governo invocano garanzie patrimoniali per l’autorizzazione di cortei e invitano all’allerta in Val di Susa (quanto scotta l’idea di quanti siano i solidali dal nord al sud dell’Italia al fianco dei valligiani!), è perché sanno che per loro può tirare una brutta aria, da arginare il prima possibile con una buona dose di menzogne e altrettanta di terrore. A tutti coloro che portano nel cuore un mondo libero da oppressione e sfruttamento, sta il coraggio di continuare a soffiare più forte.
La vera violenza è quella di coloro che ogni giorno vorrebbero schiacciare nell’indifferenza, nella solitudine e nella rassegnazione le nostre vite; chi ha compiuto brutalità nei riguardi dei manifestanti il 15 ottobre sono le stesse guardie al servizio dei potenti e a tutela dei loro interessi: in tutto questo chi invita o si rende promotore di gesti delatori e collaborazionisti come quello di andare a portare materiale video e fotografico alle forze dell’ordine, per agevolare la repressione di chi si è ribellato, chi prende le distanze e si dissocia, non sta capendo niente e deve essere il primo a darsi una rinfrescata alle idee. Al contrario di chi rema nella direzione dell'inquisizione, pensiamo sia indispensabile non lasciare soli i ragazzi e le ragazze che sono state arrestati durante la manifestazione, far sentire loro la nostra vicinanza e la nostra solidarietà.
Il 15 ottobre è stata UNA giornata, animata e vissuta da una marea di individui e realtà anche molto diversi tra loro. Ormai conclusa e da lasciarsi alle spalle, non per il carico di menzogne che si stanno montando o di “veleni” che si sta portando dietro, ma perché è necessario guardare avanti, pensare a tutti gli altri giorni che verranno. I quartieri, le strade, i luoghi di frequentazione quotidiana; i bisogni, le tensioni e le libertà da conquistare: se “una folla di uomini e donne che fuggono, è una folla di uomini e donne soli”, nelle relazioni umane e nell’autorganizzazione, orizzontale e senza leader, è necessario trovare quella complicità sociale, che ci faccia correre, il prima possibile, tutti e tutte insieme, dall’altra parte.
Per i compagni e le compagne che si sono dovuti svegliare presto lunedì 17, a causa di qualche “maleducato” che non rispetta il riposo altrui, per i ragazzi e le ragazze rinchiusi ancora dentro i carceri di Regina Coeli e Rebibbia, per chi è stato ferito durante il corteo, per tutti gli spazi occupati, collettivi, situazioni e tutte le individualità, che in questi giorni sono stati oggetto di una becera caccia alle streghe su giornali e tv: un abbraccio grande e tutta la nostra solidarietà, non siamo soli/e.
L38 Squat
… che nonostante tutto, in questo momento gode di buona salute…
Laurentino 38, V ponte. Nella tarda mattinata di venerdì 15 Aprile carabinieri e tecnici dell’ACEA danno vita all’ennesima operazione repressiva volta a colpire una ventina di immigrati (alcuni in possesso di permesso di soggiorno e altri sprovvisti), che da tempo avevano ricavato un alloggio attraverso l’occupazione di alcuni locali abbandonati.
Una volta sgomberate le abitazioni, alcuni degli immigrati sono stati immediatamente trasferiti alla caserma dei carabinieri della Cecchignola per l’identificazione e l’avvio delle procedure previste dal caso.
Dietro questa operazione, l'ennesima che ricade sulle vite degli immigrati, c’è anche un primo avvertimento rivolto a tutti gli altri nuclei familiari occupanti del V e del VI ponte, per far capire le intenzioni del governo della città e delle imprese private come l’ACEA: l’emergenza abitativa continua ad essere un problema da affrontare esclusivamente attraverso l’intervento delle forze dell’ordine, gli immigrati sono i primi a pagarne le conseguenze, poco a poco toccherà a tutti gli altri.
Nel pomeriggio della stessa giornata veniva inaugurato invece il Centro Polivalente Elsa Morante, un luogo che a parole dovrebbe essere destinato alla diffusione della cultura, ma che nei fatti rappresenta, anche in questo caso, una fonte di guadagno per diverse imprese, tra cui Zetema, che ne ha ricevuto la gestione direttamente dal Comune di Roma attraverso il solito sistema clientelare di amicizie e scambio di favori tra politici e imprenditori.
Un gruppo di occupanti del V e del VI ponte, cogliendo l’occasione della presenza di diversi rappresentanti istituzionali, tra cui il presidente del Municipio XII Calzetta e del sindaco Alemanno, decide di presentarsi all’inaugurazione pubblica di questa struttura, ma viene bloccata dall'abbondante presenza di polizia, carabinieri e digos, che hanno minacciato di arrestare il gruppo, composto da famiglie ed attivisti del quartiere, nel caso in cui la cerimonia fosse stata rovinata.
I fatti parlano già di per sé abbastanza chiaro: da una parte, di nascosto e lontano dai riflettori mediatici, si mostra, attraverso l’uso della forza e del ricatto, il vero volto dei poteri politici ed economici della città nei confronti delle fasce economicamente più deboli della popolazione, mentre dall’altra, con la scusa di fornire il quartiere di nuovi servizi, si consumano le più becere menzogne circa l’impegno delle istituzioni nei confronti dei quartieri di periferia come Laurentino 38.
Vergognoso, disumano ed infame è stato lo sgombero delle famiglie immigrate occupanti del V ponte, portato avanti senza tenere minimamente in considerazione le necessità di vita che queste portano, come pietosa è stata la vetrina innalzata in occasione dell’inaugurazione (militarizzata) del Centro Culturale Elsa Morante, fatta di pagliacci, banda dell’esercito e bandierine tricolori distribuite tra i (pochi) partecipanti.
Guardie, politicanti ed aguzzini vari fuori dal quartiere.
L38 Squat/Laurentinokkupato
mobilitiamoci contro le speculazioni e l'abbandono del laurentino
l38squat - laurentinokkupato - centro sociale - Via Giuliotti, 8 (sesto ponte)
Durante la prima udienza per il Processo contro 5 delle 26 persone rinviate a giudizio tra i fermati del 14 dicembre a Roma, il Tribunale di Roma ha confermato le misure di restrizione della libertà per tutti gli imputati. Mario continua ad essere costretto agli arresti domiciliari senza poter vedere nessuno, se non i genitori, né comunicare con l'esterno. Lo studente di 16 anni (giudicato l'altro giorno al tribunale minorile) rimarrà ai domiciliari fino a giugno e l'unica concessione è stata il poter andare a scuola la mattina. Agli altri è rimasto l'obbligo di firma 2 volte al giorno.
Durante questa estate Alemanno ha esternato pubblicamente le sue idee rispetto alle periferie di Roma: demolizioni senza soluzione di continuità. Un ritornello che ha riguardato Corviale prima, i ponti del Laurentino poi e in un crescendo trionfale la demolizione di tutta Tor Bella Monaca, che, finalmente, gli ha fatto guadagnare le tanto agognate prime pagine dei giornali nazionali.
Nel particolare del Laurentino 38 il duo Alemanno-Calzetta (l’invisibile presidente del XII Municipio) si sta rendendo protagonista di un’operazione speculativa e meramente d’immagine. Sentiamo parlare del progetto “Laurentino oltre i ponti”, tanto “oltre i ponti” che infatti prevede la realizzazione di una piazza (reclamizzata come “grande quanto Piazza del Popolo” ) non al Laurentino 38, ma a Tor Pagnotta, parecchio lontano dal Laurentino se la vogliamo pensare come “piazza del quartiere” (dal sesto ponte sono 3km… più che per arrivare alla stazione Metro della Laurentina di Piazzale Douhet).
Leggi tutto: Laurentino 38: non “oltre i ponti”, ma dentro il quartiere
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