Questa è una narrazione piuttosto completa dai primi momenti dell'occupazione alla fine del 2006, arrichita da link ed immagini quando possibile. In buona parte è il contenuto anche del libro 18 anni senza stato.
Mentre il movimento è sotto botta per la repressione di Genova e l’annichilimento prodotto dalla caduta delle torri gemelle e dalla conseguente caccia all’islamico, la nostra occupazione di periferia sembra invece conoscere una nuova fioritura sociale. Abbiamo accumulato esperienza e i viaggi e le mobilitazioni hanno finalmente prodotto un ottimo spirito di gruppo fra gli occupanti (addirittura molte domeniche dell’anno ci vediamo per fare partite a pallone fra squatters nei campetti del quartiere). Questa energia si tradurrà nella riapertura del posto al quartiere con varie attività, dopo anni di “introspezione”. Partecipano alla vita dello spazio sociale vari ragazzi del quartiere e delle zone limitrofe.
Viene rilanciato l'Infoshop con una ristrutturazione dei locali e con una apertura programmata per due volte a settimana dalle 17 alle 22.
Escono numerose nuove nostre autoproduzioni, a cominciare dalla traduzione di un libricino scritto da K. una nostra compagna canadese sopravvissuta ai pestaggi delle guardie nella scuola Diaz di Genova (G8). Escono inoltre libretti che raccolgono le cronache dei vari controvertici a cui abbiamo partecipato attivamente.
Apre, inoltre, il Fucked Hacking Laboratory (per gli/le amic* F-HACKLAB), cioè un piccolo laboratorio di computer (riciclati e riassemblati) dove condividere conoscenze tecno/informatiche, smontare e rimontare hardware e software, programmare senza limiti. L’appuntamento settimanale e serale del mercoledì del f-hacklab diventerà un riferimento negli anni a seguire per le nostre attività infrasettimanali e avvicinerà giovani ragazzi del quartiere, all’inizio semplicemente con i giochi in rete e poi con vari corsi autogestiti (Html, grafica, linux, etc). Alcuni di questi, all’inizio timidi ospiti, oggi vivono nel L38 Squat.
Riprende a funzionare la BIRRERIA quotidianamente, gestita dai ragazzi del quartiere, ma questa esperienza naufraga più o meno rapidamente.
Nel frattempo la storia ci dà ragione e l’Argentina, guidata dai tempi della dittatura di Videla secondo i “consigli” del FMI e della Banca Mondiale, collassa. Nei TG si parla soprattutto dei risparmiatori italiani che lì avevano investito e perso tutto, ma quello che ci fa godere, e solidarizzare con il popolo argentino, è vedere il presidente fuggire in elicottero dalla Casa Rosada assediata da milioni di persone. Faremo iniziative ed azioni solidali con gli argentini e contro le banche che vi hanno speculato, e qualcuno di noi avrà la possibilità di andare fin lì a conoscere la situazione.
Su questi temi globali (neoliberismo, cambio climatico, movimento noglobal) continuiamo a scendere massicciamente in piazza a Zurigo contro il WEF e poi respinti da Monaco contro la Nato; a Civitavecchia (contro la centrale a carbone con lo striscione: enjoy ecoriot - inquinamento locale sfruttamento globale); al campeggio antirazzista (No Border! No Nation!) di Strasburgo; e alcuni di noi sono fra gli organizzatori della prima Critical Mass romana, che esordisce con più di cinquanta cicloribelli (1° giugno). Sull’onda della repressione post-Genova partecipiamo alla Media Parade, una street con più di 20.000 partecipanti per il diritto alla libertà d’opinione sotto attacco col tentativo di revoca della concessione a Radio Onda Rossa e il sequestro, con gran dispositivo militare, degli archivi di Indymedia Italia. A novembre scendiamo in piazza contro gli arresti per 270bis e andiamo al Forum Sociale Europeo di Firenze; il 7 dicembre manifestiamo contro l’ennesima retata sui fatti di Genova: nove custodie cautelari in carcere, quattro arresti domiciliari, sei obblighi di dimora, quattro obblighi di presentazione all'autorità giudiziaria. E a margine degli arresti e delle notifiche degli altri provvedimenti sono state eseguite anche 45 perquisizioni a La Spezia, Parma, Milano, Pavia, Lecco, Bergamo, Brescia, Padova, Rovigo, Firenze, Roma, Napoli, Avellino, Reggio Calabria, Palermo, Ragusa, Messina e Catania. Le accuse sono di devastazione e saccheggio, fabbricazione, porto e detenzione di materiale esplosivo, porto e detenzione di arma impropria, resistenza e violenza a pubblico ufficiale.
Ma l’attenzione internazionale, e quindi il nostro sforzo politico in tal senso, è concentrata sulla Palestina. Da marzo tutte le maggiori città palestinesi sono state occupate dall'esercito israeliano, che poi estende la sua offensiva anche ai villaggi più piccoli con incursioni e ritiri. In tutte le città e i villaggi l'esercito sta rastrellando casa per casa eliminando i combattenti e le figure rappresentative della società civile palestinese, non disdegnando però l'uccisione di civili inermi e l'uccisione di prigionieri arresi. Le ambulanze vengono bloccate nei garage, i feriti vengono lasciati morire dissanguati. A Ramallah, dove Arafat è sotto assedio, sono stati costretti a scavare una fossa comune dentro il cortile dell'ospedale per seppellire i cadaveri ormai in numero tale da non poter più essere contenuti nell'obitorio. A Betlemme si spara contro la chiesa della Natività e si da fuoco alla Moschea di Omar che gli sta di fronte. Gli israeliani sicuri dell'impunità si abbandonao ad ogni violazione del diritto internazionale e delle convenzioni di guerra (come hanno sempre fatto).
Partecipiamo, nel corso dell’anno, almeno ad una decina di manifestazioni in appoggio al popolo palestinese, scriviamo un numero di A4 Newsbot su questo tema e lo stampiamo anche in inglese per distribuirlo ai turisti nel centro, dove una notte restiamo anche a presidiare la manifestazione permanente che da giorni staziona sotto gli uffici ONU di Roma. Anche la manifestazione del 25 aprile viene dedicata alla liberazione della Palestina, mentre a settembre andiamo un bel gruppo a Marsiglia, partecipando ad un oceanico corteo nella città più araba della Francia contro il genocidio perpetrato dallo Stato di Israele. Da giugno, sulla torre laterale del ponte della nostra occupazione, sventola un’enorme bandierone della Palestina. Alcuni di noi ad aprile vanno nei Territori con un carovana di solidarietà assieme a chi di noi da anni vive tra Roma e la Palestina, lavorando ai progetti di supporto al popolo palestinese.
Nel corso dell’anno partecipiamo a un sano presidio antifascista dove s’è mandato lungo qualche deficiente nazista di Base Autonoma (che chiude là la sua triste vicenda), e partecipiamo al dibattito con l’anarchico primitivista Zerzan (all’Università e a Torre Maura) e, infine, portiamo a dicembre il nostro contributo e il nostro banchetto infoshop al Plastik 8, storico e controverso “rave antagonista”.
Nel posto è un fermento di iniziative, cene e video per alzare i soldi e diffondere tutte le attività svolte in piazza e a casa (f-hacklab e infoshop, Palestina, noborder camp e antirazzismo, globalizzazione).
Una notte di dicembre un boato ci sveglia: una bomba alla bisca che si trova nei locali immediatamente sotto le nostre case fa tremare il ponte, ma non ce l'hanno con noi. Ce la sfanghiamo con tanto fumo, qualche danno e un po’ di spavento e una prova generale di evacuazione d'emergenza
L’anno 2002 si chiude lasciando nella capitale tre nuove zone liberate: a Portonaccio occupano lo Strike, a Marconi l’ex cinodromo diventa il LOA Acrobax e verso il mare, dalle ceneri di Spaziokamino, risorge Zetakappa. Con gli ultimi due posti, sia per vicinanza territoriale e sia per amicizia, manterremo una collaborazione continua nella costruzione di iniziative e mobilitazioni.
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