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CRETA
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Una civiltà unica
Nella Creta
minoica, anche se esistevano urbanizzazione e stratificazione
sociale, la bellicosità era assente, e la condizione della
donna nel corso del tempo non ha subito peggioramenti. Al contrario,
la ridistribuzione dei ruoli che accompagna un cambiamento tecnologico
sembra abbia rafforzato, e non indebolito, la posizione della donna.
Poiché qui non esisteva un fondamentale mutamento sociale
e ideologico, i nuovi ruoli richiesti dai progressi tecnologici
non hanno portato a quel tipo di discontinuità storica che
riscontriamo altrove.
Nelle società della Mesopotamia meridionale sin dal 3500
a.C. circa si riscontra una rigida stratificazione sociale e una
costante bellicosità, e allo stesso tempo un deterioramento
della condizione della donna. L'antropologa culturale Rohrlich-Leavitt
scrive che le donne "erano i soggetti principali, quelli più
frenquentemente ritratti nell'arte e nell'artigianato. E appaiono
soprattutto nella sfera pubblica".
Ma, per quanto
riguarda il rapporto tra società e ideologia, il fatto forse
più significativo è che l'arte cretese, soprattutto
nel periodo minoico più antico, è lo specchio di una
società in cui potere non significa dominio, distruzione
e oppressione. Per dirla con le parole di Jacquetta Hawkes, una
delle poche donne che si è occupata di Creta, "l'idea
di un monarca guerriero che trionfa umiliando e uccidendo il nemico"
è completamente assente. "A Creta, dove sovrani venerati
disponevano di ricchezza e potere e vivevano in splendidi palazzi,
non c'è traccia di queste manifestazioni di orgoglio maschile
e di crudeltà incosciente". Non ci sono statue o rilievi
che ritraggano chi sedeva sul trono di Cnosso o di qualsiasi altro
palazzo. A parte gli affreschi della Dea, o forse di una regina-sacerdotessa,
al centro di una processione recante doni, oppure il rilievo dipinto
talvolta identificato come "giovane principe", che mostra
un giovane dai lunghi capelli, disarmato, nudo fino alla cinta,
incoronato con piume di pavone, che camina tra fiori e farfalle,
a parte questo, sembra non ci siano ritratti reali di nessun tipo,
fino in epoca più tarda. L'assenza d'idealizzazioni del potere
distruttivo e della violenza maschile nell'arte cretese va di pari
passo col fatto che in questa società la pace, sia interna
che oltre confine, durò per millecinquecento anni, in un'epoca
di guerre incessanti. In realtà, non è ancora stata
rinvenuta alcuna rappresentazione di un re o di una divinità
maschile dominante.
Altretanto singolare e significativa, è la mancanza nell'arte
della Creta minoica di scene grandiose di battaglia o di caccia.
La Hawkes comenta a questo proposito "che esse sono manifestazioni
di un onnipotente sovrano maschile, così diffuse a quel tempo
e a quello stadio dello sviluppo culturale, e che è uno dei
motivi che fanno supporre che sui troni minoici sedessero delle
regine".
Il grande
palazzo di Cnosso, famoso per la sua imponente
scalinata in pietra, le verande colonnate e la splendida sala di
ricevimento, è tipico della cultura minoica.
La Hawkes definisce l'archittetura cretese di "spirito femminile".
Cnosso, che probabilmente contava all'incirca centomila abitanti,
era collegata ai porti della costa meridionale con una bella strada
lastricata, la prima del suo genere in Europa.
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Le sue strade,
come quelle di altre sedi di palazzi come Mallia e Phaistos, erano
lastricate, con canali di scolo, e su di esse si affacciavano case
eleganti a due o tre piani, col tetto piatto e tettoie da usare
nelle calde notti estive.
La Hawkes dice che i quartieri centrali che circondavano i palazzi
erano ben progettati per la vita civile, e Platon sostiene che la
vita privata dell'epoca aveva raggiunto un alto livello di raffinatezza
e agio. Riassume Platon: "Le case erano adeguate a tutti gli
aspetti pratici della vita, e venivano circondate da un ambiente
attraente. I minoici erano molto vicini alla natura e la loro architettura
era studiata in modo da permettere loro di goderne il più
liberamente possibile".
Anche l'abbigliamento
cretese era studiato per coniugare l'effetto estetico alla praticità,
lasciando libertà di movimento. L'esercizio fisico e gli
sport coinvolgevano uomini e donne ed erano fonte di divertimento.
Per quanto riguarda il cibo, si coltivava una grande varietà
di specie, che, insieme all'allevamento, alla pesca, all'apicoltura
e alla torchiatura dell'uva, permettevano una dieta salutare e variata.
Spettacolo e
religione spesso s'intrecciavano, e ciò rendeva le attività
del tempo libero contemporaneamente piacevoli e ricche di significato.
Questi rituali, che venivano celebrati in palazzi-tempio oppure
in santuari all'aperto sulla cima delle montagne e in caverne sacre,
e che combinavano eccitazione, abilità e fervore religioso,
sono tipici dello spirito minoico anche per un altro aspetto: erano
intesi non solo al piacere o alla salvazione individuale, ma anche
a invocare la potenza divina, per portare benessere all'intera società.
Come ancora
avviene nella maggior parte delle religioni del mondo, questi riti
minoici erano spesso basati su offerte rituali di fiori, frutta,
vino o cereali.
Scrive
Platon che "C'erano frequenti cerimonie pubbliche, soprattutto
religiose, accompagnate da processioni, banchetti e dimostrazioni
acrobatiche eseguite in teatri appositamente costruiti o in arene
in legno. La musica, il canto e la danza andavano ad aggiungersi
ai piaceri della vita", tra questi la celebre taurokatharpsia,
o tauromachia, che si svolgeva nelle corti centrali dei palazzi.
Giovani uomini e donne che lavoravano in squadra cercavano a turno
di afferrare le corna di un toro alla carica e di fare una capriola
sulla sua schiena.
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La vita religiosa
nella Creta minoica nulla aveva a che fare con i successivi ritrovamenti
mesopotamici ed egiziani di sacrifici umani ingenti e apparentemente
frequenti per esempio, il seppellimento del faraone insieme a un
seguito di cortigiani e schiavi. L'unica testimonianza di un sacrificio
rituale cretese, portato alla luce recentemente dagli archeologi
in un tempio ai piedi di una montagna che si diceva fosse il luogo
di nascita di Zeus, indica che le scosse di un tremendo terremoto
fecero crollare il soffitto, e probabilmente interruppero un sacerdote
che stava pugnalando un giovane, uccidendo entrambi.
Nulla indica che le risorse materiali di Creta fossero massicciamente
investite (come avviene nel nostro mondo moderno) in tecnologie
di distruzione. Al contrario, risulta evidente che le ricchezze
di Creta servissero soprattutto a mantenere un modo di vita armonioso
e raffinato.
L'ambizione personale sembra fosse sconosciuta persino tra le classi
dirigenti; da nessuna parte si trova il nome dell'autore insieme
a un'opera d'arte, né l'elenco delle gesta di un sovrano.
Si sa che i Cretesi avevano armi, alcune, come le loro daghe splendidamente
decorate, di altissima qualità tecnica. Probabilmente, con
l'aumento della guerra e della pirateria nel Mediterraneo, anche
i cretesi combattevano battaglie in mare, sia per diffendere il
loro vasto commercio marittimo che per proteggere le loro coste.
Ma a differenza delle altre grandi civiltà del periodo, l'arte
cretese non idealizza la guerra. Non esistevano città fortificate
e militarizzate, e le ville erano sguarnite di protezione sulla
riva del mare. Non ci sono indizi che confermino che le varie città-Stato
dell'isola combatessero tra di loro o intraprendessero guerre di
conquista contrariamente alle città fortificate e allo stato
di guerra cronico che altrove erano già la regola. Invece,
tutto ciò ci conferma che è effettivamente possibile
una coesistenza pacifica dell'uomo.
Una caratteristica
tipica della vita politica dell'antichità erano gli stretti
legami tra governo e religione.
Ma qui, a differenza di altre città-Stato del periodo, "l'autorità
era probabilmente limitata da consigli di alti ufficiali, in cui
potevano essere rappresentati membri di altre classi sociali",
afferma Platon.
Questi dati
sulla civiltà pre-patriarcale dell'antica Creta, ancora largamente
ignorati, ci fanno riflettere seriamente sulle origini di molti
valori della civiltà occidentale. Infatti le prove indicano
che a Creta il potere implicava soprattutto una responsabilità
materna e non un'imposizione di ubbidienza, mediante la forza, o
con la minaccia di essa, a una élite a dominio maschile.
E' priva di fondamento l'asserzione che la città-Stato, o
ciò che alcuni studiosi moderni definiscono "statalismo",
implichi strutturalmente bellicosità, gerarchia e sottomissione
della donna.
E' significativo che nelle città-Stato di Creta, leggendarie
per la loro ricchezza, per l'eccellenza di arte e artigianato e
per la floridezza del commercio, le
nuove tecnologie, e con esse una più vasta e complessa scala
dell'organizzazione sociale, che comporta una crescente specializzazione,
non causano alcun deterioramento della condizione della donna. Si
tratta della definizione di potere tipica di un modello mutuale
della società, in cui le donne e le loro peculiarità
non vengono sistematicamente sminuite. Ed è questa la definizione
di potere che continuò a prevalere a Creta anche quando il
suo sviluppo sociale e tecnologico si fece più complesso,
influenzando profondamente l'evoluzione culturale dell'isola.
E' importante
ribadire che Creta non era una società ideale o un'utopia,
ma una società umana reale, con tutti i suoi problemi e le
sue imperfezioni. Era una società che si è sviluppata
migliaia di anni fa, quando ancora non esisteva niente di simile
alla scienza che conosciamo, e i fenomeni naturali venivano spiegati,
e affrontati, con credenze animistiche e riti propiziatori.
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