Seminario
sull'appartenenza politica, appartenenza di genere; dalla resistenza
al neofemminismo
INTRODUZIONE ALLA PRIMA GIORNATA
Durante
la prima giornata abbiamo presentato e discusso i modi in cui le
donne hanno espresso una soggettività politica durante la Resistenza.
La presenza di donne nella sfera pubblica non nasce certo nel '43,
tuttavia è in questo periodo che essa assume carattere di massa,
anche a causa di una guerra che irrompe prepotentemente nel privato
e nella quotidianità.
Il protagonismo femminile, che pure si è manifestato in modi molti
diversi fra loro, è stato ricondotto dalla storiografia ufficiale
ad una serie di stereotipi che immancabilmente tendono a collocarlo
in categorie non politiche. In questa ottica le azioni delle donne
durante la Resistenza divengono invisibili perché mai ritenute il
risultato di una scelta consapevole. Piuttosto sono viste come espressioni,
di volta in volta, o di un innato senso materno o di un altrettanto
innato pacifismo, che solo a causa di situazioni contingenti si
esprimono al di fuori dell'ambito privato. Su tale invisibilità
pesa anche l'impostazione storiografica che individua un'unica vera
Resistenza, quella armata, e di conseguenza un solo soggetto legittimato
alla fondazione dello stato repubblicano, il "maschio in armi".
In questo modo da un lato solo coloro che compiono la scelta armata
si distinguono dalla zona grigia, ovvero dalla parte di corpo sociale
che non ha scelto, che attende passivamente la fine della guerra
o nella migliore delle ipotesi il crollo del regime. Dall'altro
la presenza delle donne nelle fila partigiane è relegata al ruolo
debole del "contributo" e quindi non fondante: in ciò è ben leggibile
l'ulteriore articolazione dello stereotipo che vuole le donne incompatibili
con la guerra e l'azione politica.
Una simile lettura della storia cancella tutte le forme di opposizione
alla guerra e al fascismo che furono condotte senza armi e di cui
le donne furono spesso protagoniste.
Nel tentativo di muoverci al di fuori della storiografia ufficiale,
così riduttiva per le donne, abbiamo dato centralità al concetto
di Resistenza civile ed al lavoro intrapreso da alcune storiche
con cui siamo venute in contatto sia attraverso gli scritti, sia
in alcune occasioni, direttamente.
"E' Resistenza civile quando si tenta di impedire la distruzione
di cose e beni ritenuti essenziali per il dopo, o ci si sforza di
contenere la violenza intercedendo presso i tedeschi, ammonendo
i resistenti perché "non bisogna ridursi come loro"; quando si dà
assistenza in varie forme a partigiani, militanti in clandestinità,
popolazioni, o si agisce per isolare moralmente il nemico; quando
si sciopera per la pace o si rallenta la produzione per ostacolare
lo sfruttamento delle risorse nazionali da parte dell'occupante;
quando ci si fa carico del destino di estranei e sconosciuti, sfamando,
proteggendo, nascondendo qualcuna delle innumerevoli vite messe
a rischio dalla guerra" .
Nella Resistenza civile si rintraccia una visibilità delle donne
impossibile da confondere con il contributo, poiché si contribuisce
a qualcosa che già c'è, mentre molte donne sono state spesso artefici
di azioni condotte in prima persona e con modalità originali.
Inoltre un concetto che faccia esplicito riferimento ad una Resistenza
che non è necessariamente legata all'uso delle armi spinge a ridefinire
e delimitare le dimensioni della "zona grigia", altrimenti dilatabili
o restringibili al variare delle intenzioni di chi scrive la storia.
Come accennavamo all'inizio, la storiografia ufficiale ha generalmente
ricondotto le azioni che noi, ma non solo noi ovviamente, chiamiamo
di Resistenza civile nel segno della "salvaguardia di un pezzo di
realtà" - per usare un'espressione di Anna Bravo - portata avanti
sulla spinta di un rassicurante senso materno, con l'effetto di
privare della loro politicità tali azioni.
A noi sembra invece che molte donne abbiano messo in gioco tutto
il loro mondo ed i loro mezzi che spesso, è vero, erano quelli conosciuti
e utilizzati nell'ambito familiare, ma che lo abbiano fatto, più
di quanto non si voglia far credere, adattandoli con ingegno alle
situazioni e con la consapevolezza di scegliersi una parte.
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