<BORDER=0>

< ARCHIVIO >

TROPPO A SUD PER CURARSENE
Tre articoli per riflettere sullo spostamento a Sud della cortina di sangue della Fortezza Europa.

http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=16&idart=5105

Mauritania - 03.4.2006

LA CARICA DEI DISPERATI

Le nuove rotte dei clandestini passano per la Mauritania. Aumentano i rischi. E le morti.

Da Ceuta e Melilla alle Canarie. Cambiano le destinazioni, non il flusso di clandestini che ogni notte dall’Africa provano a raggiungere la fortezza Europa. In cinque mesi, nella traversata dalle coste mauritane alla Spagna sono morte almeno mille persone, 32 solo nell'ultimo fine settimana.

In attesa. “La metà di quelli che ci provano ce la fa. L’altra metà torna indietro, o muore”. Parla chiaro padre Jerome Dukiya, che a Nouadhibou, città all’estremo nord della Mauritania e principale porto del Paese, tiene un centro di accoglienza per immigrati. “Tentiamo di far sentire gli immigrati a casa loro: organizziamo conferenze, mostre, partite di pallone. Per questi ragazzi, in attesa della traversata, è importante staccare la mente ogni tanto, distrarsi”. In città e nei dintorni, le autorità mauritane hanno calcolato che vivano almeno 10 mila immigrati clandestini, in attesa di imbarcarsi per la nuova rotta della speranza. Lunga 640 km, quelli che separano le coste africane dalle isole Canarie, ponte verso l’Europa. Ma per più di uno su quattro, il sogno si trasforma in tragedia: secondo la Mezzaluna Rossa, dallo scorso novembre almeno mille persone sarebbero morte nella traversata.

La speranza. Farli desistere, è un’impresa disperata quanto la traversata. “Tentiamo di dissuaderli, di farli tornare a casa” continua Jerome, che però è il primo a non farsi illusioni. “Sperano in un futuro migliore: nei loro Paesi arrivano le lettere dei parenti che ce l’hanno fatta, e con uno stipendio in Europa mantengono tutta la famiglia in patria. Logico che non vogliano tornare indietro. Quando lo fanno, è solo perché la traversata è fallita, e di solito rientrano a casa solo per raccogliere il denaro per un nuovo viaggio”. Altri, invece, rimangono in Mauritania, lavorando per mesi per pagare agli scafisti un altro “biglietto”. Che costa caro, almeno 550 dollari. Senza contare le spese che gli immigrati sostengono per arrivare fino a Nouadhibou dai loro Paesi. Quasi tutti provengono dall’Africa occidentale. “Prima partivano dai porti del Marocco e del Sahara occidentale, ma le autorità marocchine hanno rafforzato i controlli. Così sono costretti a partire da Nouadhibou, che è molto più distante dalle Canarie. E i rischi aumentano”. Ma nulla ferma la carica dei disperati, neanche le nuove politiche congiunte tra Spagna e Mauritania.

L’emergenza. Negli ultimi mesi, le partenze da Nouadhibou si sono moltiplicate, cogliendo il governo locale impreparato. La Mauritania ha fatto sapere di non essere in grado di controllare il flusso di imbarcazioni che ogni notte prendono il largo verso le Canarie. Così a Madrid si è corsi ai ripari, fornendo la marina mauritana di intercettatori, organizzando centri di accoglienza per immigrati sulle coste africane e rafforzando i controlli in mare. PeaceReporter ha cercato più volte di contattare le autorità spagnole per capire il funzionamento dei centri, ma senza fortuna. Difficile comunque che queste misure riescano a ridurre il flusso. Anche perché, nelle parole di Jerome, “quando le autorità chiudono una rotta, se ne apre subito un’altra. E’ un rincorrersi senza fine. Se gli immigrati non hanno paura di perdere la vita nella traversata, perché dovrebbero preoccuparsi di qualche decina di km in più di viaggio?”.

Il viaggio. Sulle coste spagnole, la situazione non è migliore. “Il flusso è incostante, dipende molto dalle condizioni del mare. La scorsa settimana è arrivata solo un’imbarcazione, quella prima tre in una notte sola” riferisce a PeaceReporter l’ufficio stampa della Croce Rossa spagnola. “Molti di quelli che raccogliamo sono disidratati, in condizioni pietose. Dall’inizio dell’anno ne sono arrivati 3.500, quasi tutti a Gran Canaria e Tenerife”. Dopo la prima assistenza, i clandestini vengono rinchiusi nei Cpt, prima di essere reimbarcati per la Mauritania. Da qui, sono accompagnati fino alla frontiera, in pieno deserto. Per il viaggio di ritorno, ricevono una “scorta” di una bottiglia d’acqua e due scatole di sardine. Ritenta, sarai più fortunato. Forse.

Matteo Fagotto


Da Umanità Nova, numero 12 del 2 aprile 2006, Anno 86
http://www.ecn.org/uenne

LA STRAGE DEGLI INNOCENTI

Negli ultimi mesi lungo la rotta tra la Mauritania e le isole Canarie sono morti, inghiottiti dal mare, tra i 1200 e i 1700 immigrati provenienti nella maggioranza dei casi dalla fascia dell'Africa occidentale (Senegal, Mali). Queste cifre sono state fornite alla fine del 2005 dalla Guardia Civil al governo di Madrid e si riferiscono allo scorso dicembre, momento nel quale la presenza da parte dei migranti sulle coste della Mauritania si è fatta sempre più urgente e pressante. Dopo il massacro compiuto dalla guardie spagnole alla frontiera ispano-marocchina di Ceuta e Melilla, il governo di Rabat ha chiuso ermeticamente le sue frontiere provocando una deviazione di migliaia di persone che fuggono da miseria e carestia e scelgono di ripiegare in direzione della Mauritania per imbarcarsi alla volta della Spagna.

Sembra che i moderni schiavisti che trafficano esseri umani e gestiscono le traversate verso l'Europa abbiano ridotto sensibilmente le loro tariffe (da 1000 a 250 euro) mettendo in mare nuove velocissime barche, i cayucos, più capienti rispetto alle pateras usate finora ma molto più pericolose perché destinate a rovesciarsi durante la traversata quattro volte su dieci.

Il presidente spagnolo Zapatero ha raggiunto un accordo con la Mauritania che comprende l'invio di navi pattuglia spagnole nelle coste mauritane e aiuti per la costruzione di campi dove internare i migrati espulsi dalle Canarie. Il primo di questi campi profughi verrà allestito a Nuadibù, vale a dire nel porto ai confini con il Sahara Occidentale da dove partono gli immigrati. Il campo di concentramento concepito dal socialista Zapatero conterrà dalle 150 alle 200 persone per volta di ritorno dalla Spagna, ma nessuno ha ovviamente chiarito che fine faranno gli immigrati.

Secondo l'organizzazione "Fortress Europe" tra il 1988 e il 2005 sono annegate alle porte dell'Europa 3908 persone in fuga dall'Africa. Negli ultimi tre anni le vittime conosciute dei naufragi sono state 1949. A questo bilancio (datato 7 febbraio) vanno però aggiunti gli annegati delle Canarie il cui conto compare nel succitato rapporto della Guardia Civili datato 21 dicembre e reso noto il 21 marzo 2006. Solamente nel canale di Sicilia, tra il 2004 e il 2006 sono morti 1641 immigrati.

Nel Mediterraneo, negli ultimi quattro anni, sono morti 2080 clandestini e 1117 cadaveri (uno su tre) giacciono ancora in fondo al mare. Va ricordato che, qualora un migrante riuscisse a superare vivo il tragitto via mare, ugualmente esposto al pericolo di morire sui campi minati della Grecia, nascosto in un camion, nei container delle navi cargo, sotto i treni e negli aerei, oppure di stenti nel deserto libico come sulle montagne turche.

Dopo il massacro di Ceuta e Melilla del settembre-ottobre 2005, la frontiera africana tra Spagna e Marocco è stata ulteriormente blindata e sono in via di realizzazione protezioni tridimensionali che affiancheranno le due consuete barriere di filo spinato. La struttura, che gli americani stanno copiando a Tjuana, al confine con il Messico, sta diventato un vero e proprio muro dotato delle più sofisticate tecnologie che comprendono sistemi di acqua a pressione con getti di pepe, fuochi che creano confusione, ecc. Proprio negli USA, a Los Angeles, un milione di immigrati ha invaso pochi giorni fa le strade e le piazze della città californiana per urlare la propria opposizione a un progetto di legge dei repubblicani finalizzato a una maggiore restrizione dei diritti e della libertà di circolazione degli immigrati irregolari.

La freddezza di questi dati non rende certamente giustizia al portato di dolore e sofferenza che milioni di donne e uomini subiscono ogni giorno. In tutto il mondo, gli stati occidentali uccidono ogni giorno migliaia di persone in un silenzio assordante che viene rotto solo raramente quando tutto è ormai compiuto.

Le responsabilità specifiche dei governi degli stati nazionali che si macchiano quotidianamente dei crimini più odiosi attraverso l'applicazione di norme e metodologie finalizzate alla repressione dei migranti, trovano il loro fondamento nella concezione politica di un mondo ricco che si richiude in se stesso per proteggere i propri privilegi alimentati sul sangue, il sudore e la pelle degli sfruttati di ogni latitudine. Questa dinamica è lucidamente concertata dagli apparati di potere e dalle élite economiche, ovunque.

Ed è a costoro che bisogna presentare il conto.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria


Il Manifesto, 16/4/2006

MORIRE DI FRONTIERA
S. LI.

Occhio non vede, cuore non duole. L'adagio sembra descrivere alla perfezione la politica dell'Unione europea nei confronti della cosiddetta immigrazione clandestina. La situazione al confine est, in cui poco ci si cura del destino dei cittadini extra-comunitari, trova uno specchio assai più drammatico alla frontiera meridionale della Fortezza Europa. Qui, come uno struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia, l'Ue tenta di ignorare l'ecatombe che si consuma giorno dopo giorno.
Grande scalpore hanno suscitato, a ottobre, gli assalti alle recinzioni che circondano le enclaves spagnole di Ceuta e Melilla. La morte di 14 immigranti africani ha fatto scorrere fiumi di inchiostro, soprattutto sulla stampa iberica. Ma l'episodio non era che la punta di un iceberg assai più poderoso, costituito da una miriade di vicende sconosciute - migliaia di cadaveri disseminati in fondo al Mediterraneo o tra le dune di sabbia del Sahara. Solo dal novembre scorso, almeno 1.200 cittadini sub-sahariani sono annegati nel tentativo di raggiungere le isole Canarie dalla Mauritania a bordo di barchette di legno. Quelli periti nel deserto sono difficilmente quantificabili: un'associazione di Kufra, nel sud-est della Libia, ha recensito 486 cadaveri di immigranti morti di sete durante l'attraversamento del confine sudanese. A Tin Zawatin, alla frontiera tra Mali e Algeria, un cimitero improvvisato raccoglie le spoglie di quanti non ce l'hanno fatta. Ma i corpi mai trovati nell'immenso mare di sabbia che taglia in due il continente africano sono senz'altro molti di più.
Lontano dai teleschermi, il sangue di questi sventurati non turba le nostre coscienze. L'imperativo diventa quindi uno solo: rendere queste morti invisibili. E per renderle invisibili è necessario un trucco geografico: spostare la frontiera sempre più a Sud. Così Madrid - dopo aver blindato il confine con il Marocco - si è affrettata a stringere accordi con la Mauritania per far accettare a quest'ultima il rimpatrio degli immigrati partiti dalle sue coste e ha spedito nel paese africano un manipolo di 35 soldati per costruire centri di detenzione. Così l'Italia ha regalato radar e jeep al colonnello Gheddafi, ha finanziato la costruzione di tre Cpt e le decine di voli charter con cui Tripoli ha rispedito a casa gli indesiderati (tra il 2003 e il 2004, sono stati rimpatriati dalla Libia, a spese del contribuente italiano, 5.688 immigranti con 47 voli). Così l'Ue sta progettando di costruire campi per analizzare le richieste d'asilo nei cosiddetti «paesi terzi sicuri», come le mature democrazie del Nord Africa. Così l'ecatombe andrà avanti, ma sarà silenziosa, discreta, quasi impercettibile. E l'Europa potrà dormire sonni tranquilli.


Precedenti articoli di Border=0 sul confine Marocco/Spagna e l'Europa del Sud:
ASSASSINATI DALLA GUARDIA CIVIL
IMMIGRAZIONE AI CONFINI MERIDIONALI DELL’EUROPA
SGOMBERO DEI MIGRANTI IN LOTTA IN CATALOGNA



- - visite dal 27 aprile 2006 @nticopyright site- diffondi liberamente