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Retata razzista a Pordenone

Ieri, lunedì 30 giugno, anche la tranquilla città di Pordenone finalmente ed ufficialmente entrata in guerra contro i migranti: Piazza Risorgimento, luogo di convegno abituale di locali e di migranti è stata posta in stato d'assedio, le strade adiacenti bloccate da una quindicina di mezzi dei carabinieri e una cinquantina di carabinieri. Non era mai successo prima, non in questa forma, almeno. Chi fermavano i solerti militi dell'arma? Non cittadini italiani che pure erano presenti, ma persone dalla pelle un po' più scura di quella di Bossi e Fini, e magari di "aspetto mediorientale": insomma, migranti. Dotati di eleganti ed asettici guanti bianchi (perché, si sa, i migranti sono portatori di malattie strane), li fermavano e li trattenevano presso un furgoncino fino a mezz'ora per identificarli. La brillante operazione si è conclusa con l'accompagnamento di tre di loro al comando, da dove sono stati poi rilasciati.
Qual era l'obiettivo del dispiegamento di tanta forza? "Normale controllo", ha detto un agente dell'arma.

Al di là dell'indignazione - sempre giusta -, è bene riflettere sia su questa definizione che sulle modalità e tempi dell'operazione. E' avvenuta nel mezzo di una campagna forsennata e ignobile della Lega contro i migranti. In difficoltà dopo le ultime elezioni, il cancro leghista e le metastasi fasciste tentano di recuperare terreno colpendo i migranti, quelli che hanno più difficoltà a difendersi, oppressi come sono già da una legislazione speciale e repressiva. In questa campagna il migrante il nemico. L'operazione non aveva nessun obiettivo preciso, solo "normale controllo" dei migranti: certo, per i migranti il controllo è normale, non poter stare tranquillamente in una piazza un giorno d'estate è normale, non poter circolare indisturbati è normale, non poter entrare e uscire dall'Italia senza lunghe trafile e pacchi di documenti timbrati e bollati normale, non avere gli stessi diritti di tutti è normale. E' la normalità di una società che si vuole civile e ricca, ma che per esserlo ha bisogno sempre di più di uomini e donne da relegare nei lavori più duri e malsani e, per ottenere questo, deve sottoporli a leggi discriminatorie e speciali.

Le politiche restrittive sull'immigrazione - la legge Turco_Napolitano prima e la legge Bossi-Fini adesso- determinano le condizioni per il consolidamento di un gruppo sociale costantemente marginalizzato, inferiorizzato e costantemente sotto controllo. E tali politiche hanno bisogno di rappresentarsi i migranti come portatori di un pericolo, un pericolo che essi costituiscono in quanto tali, non come singoli individui determinati, ma come appartenenti a una categoria di soggetti considerati "a rischio": i migranti. Non solo i migranti pericolosi sono oggetto di controllo, ma i migranti in quanto tali; pericoloso è il migrare in quanto tale. E' anche significativo che a compiere l'operazione siano stati i carabinieri, un corpo speciale, un corpo militare con funzioni di polizia: questo chiarisce bene anche la nuova dimensione che la guerra ha acquistato dopo il Kosovo, l'Afganistan e l'Iraq: il poliziesco diviene militare e il militare diviene poliziesco. Le guerre esterne sono chiamate operazioni di polizia internazionale, mentre le attività di polizia interna assumono sempre di più la forma di vere e proprie operazioni militari, per mezzi e per modalità. Non è un caso che in Italia e altrove si mobiliti la marina, si centralizzi il comando della lotta all'immigrazione, si facciano accordi di pattugliamento del territorio e dei mari, si costruiscano Centri di permanenza temporanea, che al di là della definizione gentile ed alberghiera, sono veri e propri campi per prigionieri di guerra. Della guerra a bassa intensità , direbbero gli esperti, che si combatte ogni giorno contro i migranti, e che proprio nei giorni passati ha avuto un rigurgito di morti annegati, e che continuer ancora con altri morti e altri prigionieri. Ma per fortuna succede anche, come è successo nei giorni scorsi, che qualche prigioniero fugga: il diritto di fuga del prigioniero non è contemplato dalle stesse leggi militari? Così come succederà che i migranti continueranno a sbarcare in Italia, in cerca di una vita migliore, di possibilità di emancipazione, nel tentativo di infrangere le barriere che vorrebbero confinarli in certe parti del mondo perché così va bene a chi ha interesse che il pianeta sia ancora diviso tra ricchi e poveri ben differenziati nello spazio.E' a questa normalità che vogliono abituarci e quanto è accaduto ieri impone a ogni persona semplicemente dotata di buon senso di opporsi in ogni modo a questa follìa così perfidamente piena di metodo.

Pordenone, 1 luglio 2003 ASSOCIAZIONE IMMIGRATI di Pordenone


comunicato stampa sui rastrellamenti di immigrati a Pordenone del csa Gatanegra

Si è conclusa la sanatoria per la regolarizzazione dei migranti e sono state fissate le quote d'ingresso, 19.000 per l'Italia e 200 per il Friuli-Venezia-Giulia, numero assolutamente incompatibile con le richiese del territorio e soprattutto con quelle dei migranti stessi, persone che fuggono da situazioni di assoluta indigenza, repressione politica o scenari di guerra. Questa insufficiente sanatoria, che ha visto deportare solo per piccole irregolarità amministrative uomini e donne, e le restrizioni alle quote d'ingresso non hanno però soddisfatto il "ministro" bossi, che per i suoi interessi politici (sconfitto alle ultime amministrative), risolleva ora lo spettro dell'invasione straniera del "nostro" territorio per riguadagnare forza nella coalizione di governo e visibilità sui media.

In questo scenario di ricerca di un capro espiatorio verso cui sviare il malcontento popolare si inserisce lo scempio pordenonese, una vera e propria operazione di rastrellamento etnico ed occupazione militare di una parte della città.

Dopo aver bloccato il traffico di tutte le vie collegate alla piazza risorgimento per circa una ventina di minuti, provocando caos e fastidi anche al traffico cittadino i carabinieri l'hanno presidiata con una quindicina di mezzi ed incominciato a bloccare chiunque avesse pelle scura o tratti somatici esotici, in altre parole fosse identificabile come migrante. La procedura standard prevedeva fermo della persona, controllo dei documenti ed attesa, che poteva durare dai 5 ai 90 minuti, nel comodo e sovraffollato furgoncino blindato, decisamente troppo piccolo per contenere i fermati. Risulta siano stati deportate per l'identificazione, così hanno riferito le forze dell'ordine, "solo" tre persone di cui non abbiamo più notizie. Di tale operazione sembra non fossero stati avvertiti gli amministratori della città, riuniti in consiglio a discutere del bilancio. Ciò nonostante i consiglieri di AN e Lega sapevano benissimo quello che stava succedendo, infatti sono intervenuti per ben tre volte a sproposito rimarcando lo stato "di degrado della piazza" denunciando la presenza di migranti, italiani "poco raccomandabili", disordini, confusione...
Al quadretto terroristico manca unicamente il comitato erettosi a difesa della piazza, le cui tesi sono coincidenti con quelle della destra cittadina.

Non possiamo accettare delle operazioni intimidatorie di questo genere (a molti migranti veniva intimato di non farsi vedere più in giro nonostante l'assoluta regolarità della loro posizione). Non possiamo accettare tali discriminazioni razziali e la negazione di diritti fondamentali quali l'utilizzo degli spazi pubblici e la libertà di muoversi per la città in cui si vive. Non possiamo accettare che la nostra città sia militarizzata. Questa piazza, con tutte le sue dinamiche, è in realtà l'unico spazio non completamente omologato presente in città, in cui i migranti, ed il resto della popolazione, possono ancora incontrarsi, confrontarsi e condividere la propria quotidianità. Di fronte a questo atto grave chiediamo:

  • un incontro esplicativo con il prefetto di Pordenone per conoscere le reali ragioni di questo rastrellamento mascherato da "controllo di routine";
  • che i consiglieri e la stessa giunta comunale prendano una posizione chiara e di netta contrarietà all'accaduto e richiedano al prefetto che tali azioni intimidatorie non si ripetano mai più;
  • che i consiglieri regionali assieme al neo assessore alle politiche sull'immigrazione utilizzino gli strumenti legislativi a loro disposizione (siamo una regione a statuto speciale) per una diversa legislazione in materia di immigrazione.

NON CLANDESTINI MA DONNE E UOMINI!

Martedì 01/06 conferenza stampa ore 12.30 piazza Risorgimento

csa gatanegra



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