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Rivolta
al Cpt di via Mattei a Bologna
4
marzo 2003- Ieri il carcere per migranti
di via mattei a Bologna e' stato per l'
ennesima volta il luogo dove manganelli,
scudi e pestaggi hanno espresso tutta la
brutalita' di cui e' capace la polizia in
quei luoghi di internamento etnico.Pare
che nel primo pomeriggio due magrebini abbiano
tentato la fuga, dopo essere stati scoperti,
hanno resistito agli agenti accorsi per
riportare i 2 nelle camere del lager. Durante
questa prima collutazione molti altri detenuti
si sono avvicinati e hanno iniziato a difendere
i compagni di cella. La rivolta e' iniziata:alcuni
sul tetto a staccare tegole altri ancora
a impedire alla polizia di guadagnare spazio
tentando di raggiungere gli edifici della
Croce Rossa.E' stato quindi il momento dei
rinforzi, nuovi agenti in tenuta antisommossa
hanno dato il via ad una feroce repressione
lasciando in infermeria piu' di 12 detenuti,
2 in condizioni gravi. A rivolta sedata
e' stato permessa l' entrata di un consigliere
provinciale, che alla fine della visita
all' interno del lager ha denunciato la
brutalita' dellla polizia: lividi sulla
schiena, sul volto, sul torace e sulle gambe,
un ragazzo addirittura incampace ad alzarsi
dalla branda dell' infermeria. ZeRoBoRdERzErOlAgEr!!!
Seguono
aggiornamenti.
aggiornamento
08.03.03 - Passato il pestaggio, si
contano i feriti, decine i detenuti coperti
di lividi su tutto il corpo, due addirittura
sono stati accompagnati al Pronto soccorso
dell' ospedale locale, gli altri medicati
presso l' infermeria della struttura. Alcuni
osservatori non appena usciti da un primo
giro di verifica all' interno del cpt oltre
ad aver denunciato il pestaggio hanno aggiunto
di aver notato sul pavimento diverse macchie
di sangue.Pare che la brutalita' poliziesca
sia stata mossa da una sorta di vendetta
per i diversi tentativi di fuga e per la
fortissima tensione che si respira da qualche
tempo all' interno del cpt di via mattei.
aggiornamento
28.04.03
- E se non ci riescono le ferite, gli ematomi
e le ossa rotte, una quindicina di denunce
aprono il caso. Il 2 marzo il lager di via
Mattei era divenuto teatro dell' ennesima
espressione della brutalita' poliziesca,
i pestaggi in cui ps e cc si erano lanciati
hanno lasciato sulla pelle degli immigrati
internati il ricordo di quella maledetta
giornata.Azione repressiva che e' quotidianita'
per i detenuti. Quella volta pero' le grida
e forse lo "squash" del manganello
sulla carne aveva prodotto un rumore capace
di superare le pareti, il cemento e la recinzione
in filo spinato dell' edificio.La citta'
tra indifferenza e sporadico stupore aveva
gia' dimenticato l' ennesimo episidio di
brutalita' daltronde ormai e' facile girare
per Bologna e notare, tra la folla indaffarata
a mirare le bellezze dalla merce in vetrina
o a scegliere la magliettina per il weekand,
nugoli di vigili urbani armati di pistola
e manganello gettarsi addosso a chiunque
abbia l' aspetto dell' immigrato.Con il
progetto "vie libere" e con la
bossi-fini, manette e manganelli sono la
routine per le strade, e allora perche'
stupirsi o preoccuparsi se in prima periferia
c'e' un lager dove pestaggi e umiliazioni
sugli immigrati rinchiusi sono all' ordine
del giorno?Oggi pero' di cpt a bologna se
ne riparla: il pubblico ministero Silvia
Marzocchi ha accusato carabinieri e polizia
di lesioni personali aggravate dall' uso
dello sfollagente per i fatti del 2 marzo
(15 denunce tra cui spicca il nome di un
volontario della croce rossa). E se non
ci riescono le ferite, gli ematomi e le
ossa rotte, una quindicina di denunce aprono
il caso:Fabio Gargagnani deputato e capo
gruppo dei consiglieri comunali di Forza
Italia dichiara che presentera' un' interpellanza
al ministro degli interni ''in quanto e'
inaccettabile che onesti servitori dello
Stato, ai quali dovrebbe andare la gratitudine
di tutti noi siano penalizzati per responsabilita'
non loro'' e aggiunge in coro con la portavoce
di forza italia bologna che gli immigrati
fingono continuamente risse per tentare
di scappare e che per i cpt c'e' bisogno
di un poliziotto speciale che coordini 24
su 24 la questione dell' ordine pubblico
e della repressione all' interno dell' edificio
con una squadra addestrata per lavorare
nei cpt. Intanto il Sap (Sindacato autonomo
di polizia) non si fa attendere ed annuncia
una manifestazione per "Per protestare
contro gli avvisi di garanzia e per spiegare
ai cittadini cosa e' realmente accaduto
il due marzo scorso al Cpt di Bologna, lunedi'
prossimo noi poliziotti del Sindacato autonomo
di polizia (Sap) scenderanno in piazza."
(adnkronos).Ebbene si! Se c'e' un problema
nei cpt e' solo una questione di repressione:
manganelli, psicofarmaci, ispezioni e filo
spinato non bastano, per Gargagnani ci vuole
qualcosa di piu', ci vuole un poliziotto
speciale!Mentre il caso e' riaperto e si
ragiona su come rendere piu' "efficente"
il lager di via Mattei, li dentro continuano
ad essere rinchiusi ragazzi, uomini e donne
catturati senza documenti per strada, magari
mentre andavano a spaccarsi la schiena per
qualche padroncino oppure quando stavano
passeggendo con un amico... all' improvviso
la passeggiata e' finita, manette, inchiostro
nelle mani, una corsa sul cellulare verso
via Mattei, e ora li ad aspettare che arrivi
il turno per prendere l' aereo, il momento
della deportazione e l' inizio di un nuovo
girone nell' inferno.
Bologna,
28 apr. - (Adnkronos) - Una quindicina di
appartenenti alle forze dell'ordine (carabinieri
e polizia) in servizio a Bologna e un volontario
della Croce rossa hanno ricevuto questa
mattina un avviso di garanzia per gli scontri
avvenuti la sera del due marzo scorso nel
Centro di permanenza temporanea di via Mattei
a Bologna. Le accuse formulate dal pubblico
ministero della procura felsinea, Silvia
Marzocchi, prevedono le lesioni personali
in concorso aggravate dal fatto che a commetterle
sarebbero stati carabinieri e polizia con
l'uso dello sfollagente.
«Picchiavano
senza pietà»
Uno degli stranieri massacrati nel cpt di
Bologna racconta il pestaggio del 2 marzo.
Denunciati 11 agenti di ps, un carabiniere
e il responsabile della croce rossa. «Volevano
dimostrare che il centro non appartiene
all'Italia ma alla polizia».
SARA MENAFRA
BOLOGNA
Macchie
di sangue sui muri, lividi e teste spaccate.
Le deputate Titti De Simone (Prc) e Katia
Zanotti (Ds) si sono trovate davanti un
gran brutto spettacolo quando hanno visitato
il centro di permanenza temporanea per stranieri
(cpt) di via Mattei a Bologna, 48 ore dopo
il pestaggio della notte del 2 marzo. Così,
per una volta, le violenze contro gli immigrati
non sono annegate nel silenzio. Rischiano
grosso i tredici «giustizieri»,
undici poliziotti, un carabiniere e il responsabile
della croce rossa, dirigente della struttura.
La procura della repubblica ha aperto un'indagine
che fa tremare la questura. In attesa degli
accertamenti, uno dei nordafricani pestati
ci ha raccontato quell'orribile notte. Ne
conosciamo nome e cognome ma lo chiameremo
M.N., rischia già abbastanza per
aver denunciato i poliziotti.
Perché
la polizia è intervenuta nel centro?
Erano
circa le 10 di sera. Io ed altri ci trovavamo
dentro la sala in cui ci sono la tv e la
macchina del caffè. Abbiamo sentito
delle grida da fuori e siamo corsi a vedere.
Dall'altro lato della cancellata che separa
il centro vero e proprio dalle stanze dove
stanno la croce rossa, il gabbiotto della
polizia e l'infermeria, c'erano due persone
del centro che avevano scavalcato. I carabinieri
li avevano presi. Noi abbiamo iniziato ad
urlare. I carabinieri hanno preso i due
e li hanno trascinati nella stanza della
polizia, consegnandoli agli agenti ed hanno
chiuso la porta ma da dentro si sentivano
ancora le urla. Allora alcuni di noi sono
saliti sulla tettoia del centro, e da li
svitavano le lampadine che sono attaccate
sotto la tettoia e le lanciavano contro
la stanza, mentre altri erano davanti al
cancello di ingresso e lanciavano immondizia
e bottigliette d'acqua e altri ancora sono
andati in fondo al cortile, ed hanno staccato
un pezzo di grondaia dal muro lanciandolo
oltre il cancello.
Quanto
è durata?
Non
molto. Poi i poliziotti sono usciti dalla
stanza portandosi dietro i due immigrati,
che erano pieni di sangue dappertutto, e
li hanno spinti dentro il nostro cancello.
Spingevano per entrare anche loro ma noi
bloccavamo la porta e sono andati via.
Secondo
le vostre denunce, dopo un po', i poliziotti
sono intervenuti una prima volta colpendo
con gli idranti quelli che erano sulla tettoia.
Cosa ricordi esattamente?
Quando
hanno usato gli idranti quasi tutti sono
scesi. Solo due o tre hanno resistito sopra.
Uno è un marocchino che vive in Italia
da anni, ha due figli italiani. Il caposquadra
della croce rossa è andato sotto
alla tettoia e lo chiamava: «Vieni
giù - gli faceva - è finito
tutto, non ti facciamo niente». Lui
è sceso e l'hanno riempito di botte.
Un altro è sceso e un agente ha preso
un pezzo di cemento, uno di quelli che si
erano staccati quando avevano rotto la grondaia,
e l'ha colpito di nuovo. Il terzo era andato
dalla parte delle donne, perché la
tettoia passa anche sopra le loro stanze.
Credo che l'abbiano preso durante il pestaggio
successivo, quando hanno picchiato anche
una donna.
A
quel punto cos'è successo?
La
situazione si era tranquillizzata e gli
agenti erano andati via. Ognuno era andato
al suo posto, anch'io ero tornato nella
mia stanza e qualcun altro era andato nella
stanza della tv a bere un caffè.
Dopo qualche minuto uno che era in camera
con me mi ha chiesto di andargli a prendere
un caffè. Sono uscito dalla stanza
e mi sono accorto che gli agenti e il responsabile
della croce rossa avevano fatto il giro
dell'edificio e stavano entrando dalla porta
sul retro. Il responsabile della croce rossa
ha tutte le chiavi della struttura e solo
lui può entrare e uscire come vuole.
I poliziotti erano bardati e avevano i manganelli
in mano, gli scudi e i caschi. Sono corso
nella stanza del caffè e ci siamo
chiusi dentro. Loro sono arrivati subito
ed hanno iniziato a colpire la porta. E'
una porta particolare perché in alto
ha una finestra di vetro infrangibile. Uno
degli uomini che era nella stanza con me,
che poi è uno di quelli che alla
fine erano ridotti peggio e che è
stato immediatamente rimpatriato, ha urlato:
«Ispettore, non c'è bisogno
che sfondi la porta. La apriamo e ne parliamo».
E lui ha risposto: «No. Io la sfondo
e vi sfondo anche a voi». Poi è
entrato e gli ha dato una manganellata in
testa.
Quanti
erano gli agenti?
Almeno
dodici. Noi eravamo sei. Hanno iniziato
a colpirci con i manganelli, soprattutto
sulla testa. Uno, in particolare, era un
vero e proprio macellaio, se n'è
accorto anche l'ispettore che lo ha richiamato
un paio di volte. In poco tempo il sangue
si è sparso ovunque, sulla macchina
del caffè, sulle sedie e sulla tv.
Quanto
tempo è durata?
Non
lo so. Un po' di tempo, comunque. Quando
sono usciti dalla stanza si sono buttati
alle spalle dei lacrimogeni ed hanno chiuso
la porta. Noi eravamo tutti per terra e
all'inizio non avevamo il coraggio di uscire.
Gli agenti erano andati nelle altre stanze
a picchiare gli altri. Alla fine ci hanno
messi tutti nel corridoio e lì è
cominciata la vera e propria tortura perché
eravamo tutti feriti e loro continuavano
a picchiarci. A me hanno spaccato uno scudo
in testa. Urlavano: «Qua comandiamo
noi, vi mettiamo noi sulla strada giusta
pezzi di merda». A quel punto sono
state tre ore di insulti e di botte.
Cosa
ricordi meglio di queste tre ore?
Ne
sono successe tante. Mi ricordo che uno
di noi era svenuto e un agente gli ha messo
un piede sul torace ed ha detto alla sua
collega: «E' un motore a tre cilindri.
Funziona ancora, il bastardo». Alla
fine l'hanno dovuto portare in infermeria
in barella. E poi ricordo un agente che
aveva uno di quei telefonini che fanno le
fotografie. Andava avanti e indietro nel
corridoio dicendo: «Chi è il
più bello?». Si è fermato
davanti a me e mi ha fatto una fotografia.
Ma
come è possibile che in tre ore gli
altri operatori del centro non si siano
accorti di nulla?
A
tutto il pestaggio ha assistito il responsabile
della croce rossa, che dava indicazioni
alla polizia su di noi, chi eravamo e come
ci comportavamo. Ai due lati del corridoio
c'erano due agenti che facevano da palo
e controllavano che non arrivasse nessun
altro della croce rossa e faceva segno agli
altri quando arrivava il medico. Lui entrava
prendeva una persona alla volta, la portava
in infermeria e la riportava indietro. Alla
fine è arrivato un dirigente. Penso
che sia stato lui ad accorgersi che la situazione
gli era scappata di mano e che bisognava
coprirla in qualche modo.
Cosa
ti ha colpito di più di tutta la
vicenda?
La
logica che sta dietro. Avrebbero potuto
arrestarci per la rivolta, so che in un
altro cpt dei tunisini che avevano fatto
una rivolta si sono presi quattro anni di
carcere. Invece hanno voluto la resa dei
conti per dimostrare che il territorio del
cpt non appartiene all'Italia, ma alla polizia.
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