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Emma
Goldman è una nota anarchica
americana di inizio secolo, che in questo
suo scritto descrive con lucidità
un momento importante della storia Americana:
la decisione di partecipare al primo Conflitto
Mondiale e le conseguenze sociali che ne
sono derivate. In
particolare è per noi interessante
la parabola discendente e il mutarsi del
significato stesso del concetto di cittadinanza
e l'inizio delle deportazioni ed esilii
di massa, pratica del tutto inusuale del
nuovo continente che, bada bene, sono iniziate
proprio con l'espulsione degli anarchici
prima e dei militanti pacifisti e degli
immigrati "scomodi" poi.
Quindi abbiamo voluto tradurre questo
articolo perché nonstante sia stato
scritto negli annì20 si rivela terribilmente
attuale, redatto quando eravano "noi",
gli italiani, a subire le sorti alterne
del destino di migrante. La Storia, con
le dovute differenze di ogni epoca, sembra
riciclare le stesse paure, paranoie, deliri
sicuritari,leggi speciali, razzismo e deportazioni,
ai tempi della Grande Guerra come oggi durante
la Guerra Globale Permanente.
Una
Donna senza una nazione
di
Emma
Goldman [tradotto
da Border=0]
IL
TITOLO DI QUESTO ARTICOLO NON E' DEL TUTTO
ESATTO, perché io non sono una donna
senza una nazione. Ufficialmente sono una
"suddita di sua maestà la Regina
d'Inghilterra", ma in un senso più
profondo, spirituale, sono una donna senza
nazione. Cercherò di spiegarmi in
questo articolo.
L'avere una nazione implica, prima di tutto,
possedere la garanzia di una certa sicurezza,
avere un posto che si può chiamare
proprio e da cui non si può essere
alienato. Questo è il significato
essenziale dell'idea di nazione, cittadinanza.
Senza questo diventano solo delle prese
in giro.
Prima
della Guerra Mondiale la cittadinanza conteneva
tali diritti e garanzie. Tranne in qualche
paese europeo arretrato, i cittadini nativi
o naturalizzati avevano la certezza di avere
un posto sul globo che potevano chiamare
casa, che era il loro paese. Nessuno poteva
deprivare il cittadino del suo diritto innato
di stare in quel dato paese. Aveva comunque
il diritto di visitare altri paesi e comunque
godere della protezione della sua cittadinanza.
La
Guerra ha completamente cambiato questa
situazione. Insieme alla perdita di innumerevole
vite umane anche il diritto fondamentale
di essere e esistere in un posto con un
certo grado di sicurezza è stato
distrutto, ciò è avvenuto
tramite un'incredibile usurpazione da parte
dell'autorità. Ogni governo adesso
si arroga il diritto di determinare quali
persone possono vivere all'interno dei suoi
confini, con il risultato che migliaia di
persone, anzi centinaia di migliaia, vegono
letteralmente espatriate. Costretti a lasciare
il paese in cui vivevano in quel momento,
vengono costretti a vagabondare per il mondo,
il loro destino messo alla mercè
di qualche burocrate a cui viene assegnato
l'autorità di decidere se si ha il
permesso di entrare nel "suo"
paese. Un vasto numero di uomini, donne
e anche bambini, sono stati costretti dalla
Guerra in questa terribile situazione. Cacciati
di posto in posto, spostati di qua e di
là nella ricerca di un luogo in cui
gli è permesso respirare, non sono
mai sicuri che non arriverà l'ordine
di spostarsi e di andare di nuovo da un'altra
parte, dove un medesimo destino li aspetta.
Veri e propri Ebrei Erranti, questi sfortunati,
vittime di una strana perversione della
ragione umana che osa dubitare del diritto
di una persone ad esistere.
Da
ogni paese "civilizzato" gli uomini
e le donne possono essere espulsi e deportati
in qualsiasi momento che alla polizia e
al governo gli fa comodo. Non sono solo
gli stranieri che sono virtualmente spinti
fuori dalla faccia della terra. Dalla Guerra
Mondiale i cittadini sono anche soggetti
allo stesso trattamento. Il concetto di
cittadinanza è fallito e ha perduto tutto
il suo significato essenziale, e tutte le
sue garanzie. Adesso il cittadino "nativo"
non è più sicuro nel "suo paese"
che un cittadino adottato. La deprivazione
della cittadinanza, l'esilio e la deportazione
sono pratiche adottate da ogni governo;
sono divenuti pratiche legali e metodi accettati.
Adesso queste procedure sono così comuni
che nessuno si indigna più, nessuno porta
avanti parole di protesta. Ma, per quanto
l'hanno "legalizzato", privare
la cittadinanza e l'espatrio sono tra le
azioni disumane più crudeli e primitive.
La
Guerra esige un prezzo terribile in vite
umane, persone rimaste menomate e storpie,
innumerevoli cuori in frantumi e case distrutte,
ma ciò che fa ancora più paura
è l'effetto che quell'olocausto ha
provocato nei superstiti. Ha de-umanizzato
e brutalizzato l'umanità, ha iniettato
il veleno dell'odio nei nostri cuori, ha
risvegliato gli istinti peggiori dell'uomo,
ha reso la vita quasi insignificante e la
libertà e la sicurezza sono valori
di cui si tiene poco conto. L'intolleranza
e la reazione sono rampanti, e il loro spirito
distruttivo in nessun posto ciò è
più evidente che nel crescente dispotismo
dell'autorità ufficiale e nel suo
atteggiamento autocratico verso qualsiasi
forma di critica e di opposizione. Un'ondata
di dittatura politica sta attraversando
l'Europa, con i suoi mali inevitabili di
arbitrarietà irresponsabile e repressiva.
I diritti fondamentali vengono violati,
concetti etici vitali vengono disprezzati
e respinti. Le nostre cose più care,
i valori culturali che abbiamo impiegato
secoli a sviluppare e costruire, vengono
distrutte. La forza bruta è divenuta
l'unico arbitro in campo e il verdetto viene
accettato con un silenzio assente e servile,
spesso, anche, con approvazione.
Fino
al 1917 gli Stati Uniti d'America erano
riusciti, fortunatamente, a tenersi fuori
dalla follia micidiale che stava devastando
il Vecchio Mondo. L'idea della guerra non
era molto popolare, l'opinione pubblica
americana aveva sentimenti unanimi nel non
mischiarsi nel imbroglio Europeo. Poi improvvisamente
l'intera situazione si è ribaltata: una
nazione sostenitore della pace dal giorno
alla notte è stata trasformata in uno stato
marziale in preda ad una furia omicida.
Uno studio su questo strano fenomeno sarebbe
indubbiamente un utile contributo per poter
comprendere la psicologia collettiva, ma
ciò non è inerente a questa discussione.
Ciò ci deve solo servire per ricordare
che dopo aver eletto Woodrow Wilson Presidente
perchè "li aveva tenuti lontani dalla
guerra", il popolo americano fu in
qualche modo persuaso a prendere parte alla
guerra in Europa. La decisione del Presidente,
che il Congresso anti-guerra non accettò
ben volentieri, ebbe l'effetto di cambiare
l'intera psicologia degli Stati Uniti d'America.
Da paese tranquillo e pacifico divenne una
terra infiammata dallo sciovinismo, inondato
dall'intolleranza e un bigottismo persecutorio
sopraffò le persone. La linfa vitale di
questo sospettarsi a vicenda, dell'odio
e della coercizione si dilagò da nord a
sud, da est a ovest, mettendo l'uomo contro
l'uomo, il fratello contro il fratello.
Nelle camere della legislatura il nuovo
spirito militarista si manifestò tramite
l'approvazione di leggi draconiane nonostante
le contestazioni e le critiche.
La
sanguinosa lotta europea per conquistarsi
territori e mercati fu proclamata una crociata
in nome della libertà e della democrazia,
arruolamenti forzati venivano proclamati
a gran voce come "la migliore espressione
del libero cittadino". L'orgia della
Guerra mise sotto i riflettori una psicosi
a scala nazionale che non si era mai stata
vista in America fino a quel momento. Messa
al confronto, la temporanea aberrazione,
in seguito alla morte violenta del presidente
McKinley nel 1901, era solo una folata leggera.
In quella occasione, come si può ricordare,
Il governo federale fece approvare in tutta
fretta una legge che rese fuori legge tutto
ciò che dava il minimo accenno di essere
anti-conformista. Mi sto riferendo alla
nota legge anti-anarchica che per la prima
volta nella storia degli Stati Uniti si
introdusse la deportazione da parte dello
stato. Persone sospettate di avere idee
anarchiche, che non avevano fiducia nel
governo rappresentativo non potevano entrare
in America, la terra della libertà; o se
erano già nel paese potevano avere un foglio
di via per un periodo di tre anni. In virtù
di questa legge persone come Tolstoy e Kropotkin
non avrebbero ottenuto il permesso per visitare
gli Stati Uniti, o deportati se trovati
all'interno dei suoi confini.
Questa
legge, comunque, figlia di un breve momento
di panico collettivo, rimase una lettera
morta ed inutilizzata. La psicosi portata
con la guerra fece rivivere questa legge
anti-anarchica allargandolo a chiunque era
una persona non grata al potere reggente,
iniziò una caccia nazionale agli "indesiderabili".
Centinaia di uomini e donne venivano raggruppati
dalle strade, nei posti di lavoro, arrestati
e deportati senza un processo. Spesso venivano
deportati per il loro aspetto da straniero
o perchè portavano uno scialle o un fazzoletto
rosso.
Dopo
aver attraversato l'Europa, il ciclone della
guerra prese sempre più piede anche in
America. Il movimento per rendere il mondo
un posto sicuro per la democrazia e la libertà,
saldamente appoggiato dalla intelligentzia
dei liberali e dal pulpito della stampa,
fece degli Stati Uniti d'America il posto
più pericoloso al mondo per un democratico
e libertario. Un regno di terrore governava
il paese, migliaia di giovani furono costretti
nell'esercito e nella marina, chiunque veniva
visto in abiti civili veniva considerato
uno "scansafatiche" (soprattutto
dalle signore alla moda che pavoneggiavano
lungo le strade portando così il loro contributo
al concetto di "Umanità"). Chiunque
osava alzare la voce, per cercare di arginare
questa marea maniacale e guerrafondaia,
veniva insultato, maltrattato, considerato
come un nemico, un anarchico ed un pericolo
pubblico. Le prigioni venivano riempite
di uomini e donne prima di deportarli. Molte
di queste persone vivevano lì da molti
anni pacificamente seguendo le loro vocazioni;
altri avevano trascorso la maggior parte
della loro vita in America. Ma la durata
del soggiorno e i mestieri utili che svolgevano
non facevano nessuna differenza. Il grande
Governo degli Stati Uniti arrivò anche
a dei sotterfugi nel deprivare i cittadini
naturalizzati della loro cittadinanza, in
modo da poterli deportare come "stranieri
indesiderabili".
Gli
storici nel futuro si domanderanno e interrogarono
su quello strano fenomeno di psicologia
Americana durante la guerra: mentre l'Europa
subì la sua peggiore reazione come
conseguenza della Guerra, gli Stati Uniti
(mantenendo il loro spirito di "essere
i primi") arrivarono al proprio zenit
reazionario ancor prima di entrare in guerra.
Senza preavviso rinnegò apertamente
e senza vergogna tutte le sue tradizioni,
usi e costumi rivoluzionari e introdusse
le peggior abitudini del Vecchio Continente.
Senza troppe esitazioni si trapiantarono
in America i metodi autocratici che erano
il frutto di secoli di sviluppo in Europa.
Si iniziò con l'espatrio, l'esilio
e la deportazione noncurante di qualsiasi
principio di uguaglianza e umanità.
Si
può essere certi, che quei intellettuali
pacifisti che prepararono così solennemente
l'America alla guerra, insistettero anche
che la sommaria abrogazione dei doveri e
delle libertà costituzionali era
una misura temporanea resa necessaria dalla
situazione vigente, e tutta la legislazione
di guerra sarebbe stata abolita dal momento
che il mondo sarebbe diventato un posto
sicuro per la democrazia. Da allora sono
passati più di dieci anni e invano
leggo i giornali e le riviste americane
per almeno un accenno al ritorno alla normalità
che era stato promesso. E' più facile
creare leggi piuttosto che abolirle, e le
leggi oppressive sono particolarmente note
per la loro longevità.
L'America
con la sua abituale avventatezza ha superato
la preparazione dell'ormai esausto Vecchio
Continente. La grande democrazia di Thomas
Jefferson, la terra di Paine edi Emerson,
la ribelle contro Stato e Chiesa adesso
è diventata persecutrice di qualsiasi
cambiamento sociale. Il campione storico
dei principi rivoluzionari di "Nessuna
tassa senza rappresentanza" obbliga
il suo popolo a combattere una guerra che
è stata intrapresa senza il loro
consenso! Il rifugio dei Garibaldi, dei
Kossuths e Schurzes si esercita nella deportazione
degli eretici. L'America, le quali funzioni
iniziavano sempre con una preghiera a Nazzareno
che disse "Tu non ucciderai",
ha imprigionato e torturato uomini che a
loro volta avevano avuto scrupoli per l'essere
umano, ha dato la caccia a coloro che proclamavano
"pace e amore in terra". Una volta
paradiso per i perseguitati e gli oppressi
delle altre terre, gli Stati Uniti ha da
allora chiuso le porte in faccia a coloro
che fuggivano dai tiranni. Un Golgota del
ventesimo secolo per i Sacco e Vanzetti
"stranieri", per i nativi "indesiderabili",
per i Mooney, i Billing che li costringe
al silenzio seppellendoli vivi nelle prigioni.
Glorifica i loro Lindberghs ma maledicono
i loro padri pensatori. Crocifigge la risolutezza
e espatria le opinioni.
Culturalmente
la pratica della deportazione pone l'America
parecchio al di sotto il livello Europeo.
Infatti c'è molta meno libertà
di pensiero in America rispetto al Vecchio
Continente, pochi sono i paesi così
pericolosi per uomini e le donne di indipendenza
e idealismo. Nessun offesa è più
atroce di quella di avere degli atteggiamente
non convenzionali; ogni crimine può
essere perdonato tranne quello di avere
un opinione diversa. L'eretico è
un anatema, l'iconoclasta il peggior colpevole.
Per questi non c'è posto nella Grande
America. In un modo singolare questo paese
raccoglie dentro di sè, da una parte
l'iniziativa imprenditoriale ed autonomia
economica, dall'altra un tabù quasi
assoluto per quanto riguardo la libertà
etica e l'espressione culturale. Morali
e comportamenti sono dettati da censure
draconiane e guai a chi esce dal sentiero
già battuto. Nel far passare la regola
della deportazione come legge fondamentale,
l'America si è mostrata totalmente
reazionaria, ha innalzato barriere formidabili
contro il proprio progresso e sviluppo culturale.
In ultima analisi questa linea di condotta
è un mezzo per deprivare il popolo
dei suoi valori più raffinati e le
aspirazioni più alte. I più
colpiti da tutto ciò sono i lavoratori,
gli operai, in quanto la natura stessa della
loro classe sociale è stata creata
apposta per soddisfare le esigenze degli
industriali; quindi deportare i loro portavoce,
smembrare i sindacati è il metodo
adottato per assoggettare la classe operaia
sempre di più ai padroni.
Sfortunatamente
sono i lavoratori stessi il baluardo reazionario.
Nessun lavoratore (neanche quelli che fanno
i lavori più duri) in qualsiasi altro paese
è così intellettualmente sottosviluppato
come quelli dell'Associazione Americana
dei Lavoratori. L'orizzonte dei loro leader
è tristemente limitato, e questa miopia
è sicuramente infantile. Il loro ruolo
nella Guerra Mondiale era abbastanza pietoso
e servile tramite il modo di superarsi l'un
l'altro come propagandatori del commercio
che si basa sul massacro della guerra. Hanno
messo in atto le misure più reazionarie,
troppo sciocchi per comprendere che tali
misure sarebbero rimaste come arma nelle
mani dei padroni dopo il conflitto. Non
hanno imparato nulla dalle esperienze passate
e hanno dimenticato la lezione delle Sherman
laws, che furono approvate dopo le lotte
dei lavoratori per controllare il credito
degli industriali ma inseguito fu ribaltata
e usata per indebolire ed evirare le organizzazioni
degli operai. Come prevedibile le leggi
marziali "temporanee", promosse
dall'Associazione Americana dei Lavoratori,
adesso vengono usate dagli industriali contro
gli operai.
Fu
Fridjof Nansen, un famoso esploratore, uno
dei primi a capire gli effetti su larga
scala che la psicosi della Guerra avrebbe
portato, soprattutto in ambito di espatri.
Introdusse un passaporto speciale (che porta
il suo nome) che fu pensato per garantire
una sicurezza minima ai rifugiati che crescevano
sempre più di numero. La Società delle
Nazioni, dopo il grande lavoro di Nansen
nell'organizzare milioni di senza tetto
e orfani durante la guerra, approvarono
il suo progetto del passaporto Nansen. Pochi
paesi riconobbero la sua validità, e in
nessun caso la sua validità garantiva alla
persona di non essere deportato esiliata.
Il fatto che hanno dovuto creare un simile
passaporto sta ad indicare il caos che ci
fu nel dopo guerra negli sviluppi che riguardano
il concetto di cittadinanza.
Non
dobbiamo pensare che queste persone sono
soprattutto rifugiati politici, nell'esercito
degli esiliati un numero significativo era
completamente apolitico, uomini e donne
la cui rapacità territoriale del
proprio paese e la "Pace" di Versailles
li ha deprivati del proprio paese. Migliaia
di persone si trovarono senza documenti
validi, e di conseguenza non gli era permesso
di stare in nessun luogo. Una giovane donna
di mia conoscenza, per esempio, una persona
che non si è mai interessata ad attività
sociali o politiche, in questo preciso momento
vaga in questo nostro mondo cristiano senza
il diritto di fare di qualsiasi paese casa
sua, senza una terra madre o adottiva, costantemente
alla mercè della polizia di frontiera.
Anche se è nata in Germania non gli
viene riconosciuta la cittadinanza perchè
suo padre (adesso morto) di nascita era
austriaco. L'Austria, d'altro canto, non
la riconosce perchè il luogo di nascita
del padre, dopo i trattati di Pace di Versailles
è diventata parte della Romania.
In fine, la Romania, declina dal considerare
questa giovane donna come una cittadina
sulle basi del fatto che non è nativa,
non parla la lingua e non ha parenti nel
paese. Questa sfortunata donna è
letteralmente senza patria, con nessun diritto
di vivere in qualsiasi parte del globo terrestre,
salva solo grazie alla momentanea tolleranza
dei poliziotti di frontiera.
Ancora
più disastroso è la folla
dei rifugiati politici ed espatriati che
vivono nel terrore di essere deportati,
che fin troppo spesso significa condannare
a morte queste persone nel farli ritornare
nei loro paesi dove vige un sistema politico
dittatoriale. Recentemente ho conosciuto
un signore che fu arrestato nel posto dove
soggiornava e volevano deportarlo al suo
paese d'origine che era l'Italia. Se questo
fosse successo sarebbe significato tortura
e morte certa. Sono familiare con parecchi
casi del genere, dove a rifugiati politici
non gli fu permesso di rimanere nel paese
dove avevano cercato rifugio e deportati
in Spagna, Ungheria, Romania, Bulgaria dove
la loro vita veniva messo a rischio. Il
braccio reazionario riesce ad arrivare ovunque.
Anche in Polonia ultimamente è capitato
di deportare rifugiati politici russi nella
loro terra madre dove c'era la Tcheka a
riceverli. Era solo grazie ad interventi
tempestivi di amici influenti all'estero
che uomini, donne e le loro famiglie furono
salvate da morte certa. Le dittature Europee
arrivarono anche oltre oceano negli Stati
Uniti e nel Sud America; ripetutamente politici
di discendenza spagnola o italiana venivano
deportati al loro paese nativo come atto
di "cortesia" ai potere amici.
Questi
non sono casi eccezionali, un gran numero
di rifugiati si trovano in una situazione
simile, per non parlare delle migliaia di
persone non politicizzate, denaturalizzate,
espatriate e derubate della propria dimora.
In Turchia e Francia, per citare solo due
paesi, in questo momento ci sono mezzo milione
di persone che si trovano in queste condizioni,
vittime della Guerra mondiale, del Fascismo,
del Bolscevismo, dei cambiamenti territoriali
del dopo guerra e della nuova mania di esiliare
e deportare le persone. La maggior parte
sono tollerati momentaneamente e sono sempre
soggette all'ordine di spostarsi da qualche
parte. In numeri minori, ma sparsi per tutta
l'Europa e nel mondo, soprattutto in Belgio,
Olanda, Germania e in altri paesi del sud
Europa.
Non
c'è nulla di più tragico di
essere gettati alla mercè di questo
mondo cristiano, lo so per esperienza personale
cosa significa essere sradicati dal proprio
ambiente dove si è vissuti per tutta
una vita, obbligati a lasciare il lavoro
in cui hai canalizzato tutte le tue energie
e lasciare le persone più care. Molti
sono gli effetti disastrosi di tali espatri,
specialmente per le persone già adulte
come erano la maggior parte delle persone
deportate dall'America. I giovani si adattano
con maggiore facilità ad un ambiente
nuovo e si acclimano in un nuovo strano
mondo. Ma coloro che stanno più avanti
con gli anni tale trapianto è una
vera e propria crocifissione. Richiede anni
di applicazione per avere una buone padronanza
della lingua, dei costumi, dei modi di fare
della nuova terra in cui ci si trova, e
molto più tempo serve per mettere
le radici, per formare dei legami sicuri
per assicurare la propria esistenza materiale
- per non parlare dell'angoscia, del dolore
di cui soffrono le persone sensibili di
fronte all'inumano e alle ingiustizie.
Per
quanto mi riguarda, nel più profondo
del significato spirituale, io sento che
gli Stati Uniti d'America "sono il
mio paese". Ovviamente non l'America
del Ku Klux Klan, della censura morale,
della repressione e degli reazionari di
ogni tipo. Neanche l'America del Congresso,
dell'insensatezza rispettabile, dei grattacieli
più alti e dei portafogli gonfi.
Non gli Stati Uniti provinciale, di un Nazionalismo
accurato, del materialismo vano e di un
ingenuità esagerata. Per fortuna
esiste un'altra America - la terra dei Walt
Whitmans, dei Lloyd Garrisons, dei Thoreaus,
dei Wendel Phillipses. Il paese della giovane
America del pensiero e della vita, dell'arte
e della letteratura; l'America della nuova
generazione che sta bussando alla porta,
di uomini e donne con degli ideali, con
delle aspirazioni di giorni migliori; l'America
della ribellione sociale e promesse spirituali,
dei gloriosi "indesiderabili"
contro cui tutte le leggi di esilio, di
deportazione ed espatrio sono mirati.
Di
quell'America io sono orgogliosa di appartenere.
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