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SINTESI
DEL WORKSHOP NOBORDER A L38
SQUAT
ottobre
2003,
Brevissimo
resoconto del workshop "Abolendo
le frontiere dal basso" - venerdi
3 ottobre, Roma, Laurentinokkupato, in occasione
del Controvertice a Roma della Conferenza
Intergovernativa
Il
workshop prevedeva una distribuzione di
materiale sulla Fortezza Europa, la presentazione
del progetto border=0 e un dibattito in
divenire attorno ai migranti e alla lotta
antirazzista libertaria e antiautoritaria.
Dopo
una breve intro che ha presentato il progetto
Border=0 collegandolo alle campagne noborder
internazionali (contro l'Oim e le compagnie
aeree "deportation class") e alle
mobilitazioni che da qui a tre anni hanno
attraversato il globo per rivendicare la
libertà di movimento,permanenza e
comunicazione, la discussione si è
concentrata sul rapporto attivista-migrante.
La
repressione, la condizione di radicale precarietà
e il desiderio di appagare bisogni primari
e quotidiani fanno il comune denominatore.
I sistemi di controllo e repressivi che
la fortezza europa va dispiegando nei nostri
territori ci colpiscono direttamente con
la stessa intensità con cui vengono
trattati i migranti. Molto spesso quella
sottile demarcazione tra poco più
e poco meno garantiti si annulla nei data
base del SIS (che raccoglie informazione
sui movimenti degli attivisti, così
come per gli immigrati), nelle questure,
nelle carceri, nelle periferie abbandonate
dai servizi pubblici e nel desiderio comune
di libertà e soddisfazione. L'esperienza
di lotta di alcuni attivisti (di Bologna
e Ostia) ha messo bene in luce questa progressiva
corrosione delle differenze, rimane "solo"
(si fa per dire) il passaporto a fare per
ora da spartiacque.
Ma
se per il potere precari, attivisti e migranti
sono soggetti sociali da trattare in ogni
caso in termini repressivi, la differenza
tra il soggetto politico e quello sociale
emerge nella quotidianità della lotta,
nella possibilità dello sviluppo
della pratica antiautoritaria e antirazzista.
E' nella lotta collettiva e quotidiana che
la pratica della distruzione delle frontiere
(immateriali questa volta) diviene quel
working-in-progress che ci coinvolge direttamente
e in prima persona. Condivisa da tutte le
esperienze è stato il chiaro rifiuto
di quell'atteggiamento pietistico e caritatevole
(tipico delle grosse organizzazioni sociali
ma anche di alcuni compagni) che fa dell'assistenzialismo
e del lavoro SUI migranti l'unica relazione
tra cultura alternativa e soggetto migrante.
Un subdolo razzismo striscia in questo metodo!
Il
desiderio invece di abbattere le frontiere
dal basso anche quelle culturali e' il terreno
che condividiamo non con la forza della
verità precostituita ma con la condivisione
orizzontale di esperienze e pratiche. D'altronde
il sessismo, l'omofobia, il nazionalismo,
il razzismo e la produzione di gerarchie
che combattiamo quotidianamente non sono
patrimonio esclusivo delle società
occidentali ma sono cancri che ammorbano
tutte le comunità. La lotta collettiva
per i bisogni può divenire il terreno
eccezionale per l'abolizione di queste maledette
frontiere e divisioni. Soprattutto laddove
per bisogni si intende la necessità
comune dei soggetti sociali di aggregarsi
e socializzare, crescere e confrontarsi,
vivere e abitare con dignita'. Il tavolo
di discussione ha sottolineato infatti il
"rischio", che spesso si corre,
di trasformare le lotte per i bisogni sociali
in vertenze sindacali, strada che storicamente
porta alla verticizazzione dei movimenti.
Questo a nostro avviso accade quando i bisogni
primari, evidentemente da soddisfare (casa,
integrazione), escludono invece, nel momento
della vertenza, tutte le molteplici altre
pulsioni che danno qualità, dignità
e specificità all'individuo. Insomma,
solo con il rapporto informale, l'azione
diretta, e la rete degli individui è
possibile creare un tessuto sociale ricco
di personalità che va oltre le categorie
di migante/non migrante, e che unisce tutti
i soggetti nell'antagonismo complessivo
(ma non generico) al modello capitalista
e statale.
Una
chiave di lettura interessante sul superamento
della condizione stessa di migrante viene
ovviamente dall'analisi e dalla pratica
anarchica e libertaria (nello specifico
sono state citate le esperienze nordeuropee
più radicali e greche). In fondo
la solidarietà più concreta
e radicale, oltre alla lotta collettiva
quotidiana per la soddisfazione dei comuni
bisogni, viene dall'immaginare un mondo
senza stati, dove e' allora la categoria
stessa del migante, condizione creata dal
capitale e dai confini, a venire meno. Quindi
il conflitto anticapitalista per l'abbattimento
degli stati, e non "l'integrazione"
del "soggetto debole" come vuole
la sinistra ufficiale e non, è la
tendenza ultima a cui la nostra sfida aspira.
Un'occhio all'immediato, l'altro all'infinito.
Un
altro argomento del dibattito è emerso
dal desiderio di alcuni attivisti e militanti
noborder di aprire una campagna di comunicazione
e sabotaggio sulle nuove politiche UE in
termini di controllo sociale e immigrazione
e sull'Oim, la grande piovra nemica della
libertà di movimento e installazione.
L'OIM e' una sorta di WTO dell'immigrazione
che con i suoi tentacoli gestisce il movimento
di milioni di uomini e donne, promuove la
formazione di frontiere armate e lager in
tutto il mondo. In Italia il movimento e
la società sono quasi all'oscuro
della funzione reale che questo organismo
sovranazionale ha all'interno dei processi
di sfruttamento, controllo e repressione
globale; da qui il desiderio di aumentare
la contro-informazione attraverso l'utilizzo
dei media tattici e dell'azione diretta.
Il
progetto border=0 si inserisce all'interno
di questo desiderio tentando attraverso
la condivisione di esperiene e saperi di
costruire cyber-attrezzi utili alla pratica
noborder. Ci lasciamo ripercorrendo e narrandoci
le ultime tappe del movimento noborder:
i campeggi internazionali e locali. Dall'Australia
alla Romania il working-in-progress antirazzista
attraversa il mondo, con i limiti e le grandezze
di un'esperienza nuova da costruire, perfezionare,
aperta all intreccio continuo di saperi,
pratiche ed esperienze. La manifestazione,
interna alle mobilitazioni contro il G8
di quest'anno, che ha portato i contenuti
di opposizione e radicalità fin sotto
gli uffici dell'OIM e il corteo di solidarietà
che ha aperto le giornate di Salonicco con
lo striscione "NEL MONDO DEI PADRONI
SIAMO TUTTI STRANIERI" riaffermano
con forza e determinazione tutto l'antagonismo
che ci vuole contro i regimi delle frontiere
e il business dell'immigrazione.
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