Schierarsi contro lo stupro e contro le violenze e le discriminazioni nei confronti delle donne fa parte del nostro percorso politico; evidentemente però non in maniera cosi radicata ed efficace da esentare i nostri ambiti da mentalità e comportamenti a volte "solo" maschilisti, altre volte ben più violenti e odiosi come la violenza sessuale. Quando ci si è ritrovati ad affrontare questi fatti al nostro interno, ne è sempre scaturita una situazione in cui le difficoltà a confrontarsi si amplificavano a dismisura.
Crediamo che questo valga anche per la "tentata" discussione avvenuta il 16/7 al campeggio anti-tav, successiva alla lettura del documento "La cultura dello stupro è viva e lotta insieme a voi", scritto dalle compagne di Roma sui due stupri avvenuti in quella città in ambienti di movimento; in quelloccasione hanno prevalso le solite difficoltà ad affrontare largomento stupro, la diffusa ignoranza di molti dei presenti sui fatti successi, e la perentorietà di alcune affermazioni delle compagne che venivano da molti interpretate come un voler collocare tutti i compagni presenti nella categoria dei potenziali stupratori, o, quantomeno dei "generatori di mostri".
Tutto questo non ha certamente contribuito a far nascere un dibattito partecipato e approfondito. Comunque alcuni interventi successivi ed il dibattito che e nato allinterno del nostro c.s., sono la dimostrazione che cè la volontà di affrontare queste tematiche, estrapolandole dagli odiosi episodi avvenuti in luoghi e tempi diversi, per discuterle nella loro sostanza.
Pensiamo che innanzitutto sia indispensabile riconoscere apertamente, che anche nei nostri percorsi politici, nelle nostre situazioni, ci sono aspetti, modalità, comportamenti derivanti dalla cultura dominante, ovvero da una cultura che tra le altre bieche caratteristiche, ha quella di essere decisamente maschilista. Proprio per questo pensiamo che sia necessario sperimentare relazioni sociali "altre", affrontando e sviluppando queste contraddizioni a partire da noi e dai nostri ambiti. Fino a quando non si vuole riconoscere un proprio difetto, non lo si può cambiare; sono molte e diversificate le derivazioni di questa cultura: si varia dallo scherno e la derisione di una compagna o di un collettivo particolarmente visibile o attivo, alla non presa in considerazione di problematiche o aspetti comportamentali che anzichè essere considerati estranei al nostro agire e al nostro pensare, convivono tranquillamente con noi, probabilmente perché ci si convive da tutta la vita. Via via fino a situazioni ancora più pesanti, quando di fronte a casi di stupro, salta fuori anche un ricco corollario di screditamento, di menzogne, di sentito dire, di questioni e modalità che dovrebbero riguardare solo i tribunali.
Si sentono affermazioni ed argomentazioni che farebbero impallidire gli autori dei più biechi dialoghi dei loschi personaggi del film "Processo per stupro" in quanto a meschinità e maschilismo. Non è vero però che queste siano esclusiva prerogativa dei compagni, infatti ci sono state anche compagne che ben hanno espresso questi aspetti della cultura maschilista; ed il fatto che tutto ciò riguardi tutti, "compagni uomini" e "compagne donne", è un aspetto che deve spingerci a successive riflessioni.
Per iniziare a cambiare idee, preconcetti, modalità di comportamento e di espressione cosi radicati e diffusi, è necessario un percorso che si contrapponga ai rapporti di potere dominanti, proponendo altri modelli nei rapporti uomo-donna. Proponendo anche il reciproco riconoscimento delle diversità, intese come diversità in quanto tali, senza un "forte" ed un "debole, un "migliore" ed un "peggiore", senza che le differenze diano origine a discriminazioni nei diritti sociali e nelle possibilità di tutti e tutte. Questo dobbiamo iniziare a farlo inizialmente nel nostro "piccolo", ovvero nei nostri ambiti, nelle nostre riunioni, collettivi, rapporti personali; necessariamente insieme perché è un percorso che solo unendo gli sforzi delle compagne e dei compagni disponibili a confrontarsi e a crescere, può dare dei risultati. Ne resteranno fuori coloro troppo limitati, o troppo presuntuosi, per accettare di mettere in discussione argomenti cosi difficili; ma la discriminante sarà questa, e non la mera appartenenza sessuale.
Riteniamo inoltre, nello specifico delle nostre realtà, che una maggiore partecipazione delle compagne alla vita del c.s., anche negli aspetti più quotidiani di socialità, possa sicuramente contribuire a fare dei passi in avanti in questo senso.
Anche per questo riteniamo forvianti i percorsi separatisti, in cui è netta ed univoca la collocazione delluomo nel ruolo del cattivo, collocando invece la donna nel ruolo buono; altrettanto fuorvianti sono le logiche di separazione e di "auto-separatismo" che spesso vedono i compagni ignorare e delegare queste tematiche e questi ambiti di discussione, ritenendoli argomenti riguardanti esclusivamente i collettivi delle compagne. Tutto ciò senza dimenticare la sopraffazione che storicamente ha visto e vede le donne soggiogate, discriminate e sfruttate da società maschiliste.
CSOA ASKATASUNA
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