LA CULTURA DELLO STUPRO E' VIVA E LOTTA INSIEME A VOI

comunicato assemblea delle compagne femministe di Roma (luglio 2000)

Nel 1995 a Roma una donna spagnola viene sequestrata e stuprata da un compagno romano, tra le mura della sua casa.

Nel 2000 a Roma una donna ucraina vene stuprata e seviziata da venti moldavi all'interno di uno spazio occupato.

Da cinque anni e da circa un mese, due donne tra tante, devono affrontare le conseguenze fisiche ed emotive della violenza voluta e agita dagli uomini.

Avremmo preferito non aver nulla da dire su quanto successo, perché già tanto e abbastanza è stato detto sullo stupro ed il sessismo da noi e da quelle che sono venute prima di noi. Da decenni è stato mostrato il significato culturale e politico di ogni stupro e le dinamiche di complicità che si innescano tra gli uomini, e non solo, ogni volta che una donna denuncia pubblicamente lo stupro subito. Avremmo voluto esserci in questa meschina vicenda solo per esprimere la nostra vicinanza alle donne.

Ma quando le parole scorrette viaggiano veloci e si corre il rischio che a conservarsi nella memoria siano solo loro, scendiamo in campo non tanto per rispondere a tanta povertà, quanto per dire ancora una volta pubblicamente noi dalla parte di chi stiamo.

Dalla nostra storia viene la consapevolezza che quando una donna dichiara di essere stata stuprata, è vero.

Questo è un punto fermo e irrinunciabile della nostra identità collettiva. Noi sappiamo quanto sia importante che le donne, in qualunque luogo agiscano, scelgano di intessere rapporti privilegiati con le altre donne.

Le donne con le donne possono creare modelli altri e alti di relazione interpersonale, che abbiano al centro il riconoscimento reciproco, la complicità, la forza e non la sopraffazione, la competizione e il potere.

Le donne con le donne possono e devono imparare a guardarsi l'un l'altra per garantirsi agibilità e agio nella socialità e nella partecipazione politica.

Garantirci ovunque, perché anche in quei luoghi dove c'è la pretesa di essere i portatori del cambiamento e i paladini di un mondi migliore (ma per chi?), la cultura dello stupro, il sessismo sono la realtà.
Forse la cosa che più inquieta, di questi luoghi, è la pretesa di estraneità, l'ingenuità ipocrita, il non sentirsi mai parte in causa di fronte ad un clima pericolosamente segnato da episodi di ogni tipo ai danni delle donne. Ingenuità che in realtà maschera un atteggiamento e una volontà ben precisa: quella di non dotarsi di strumenti di messa in discussione, reazione e prevenzione.

Ancora più inquietante è notare come proprio negli ambienti della sinistra che si dice antagonista trovino spazi tanti di quei luoghi comuni e dispositivi elaborati dalla "cultura ufficiale" e usati nei processi per stupro, pubblici e privati, contro le donne: prima di tutto screditare le donne coinvolte, poi affermare che lo stupro non è mai dimostrabile per mancanza di testimoni, questionare su quanti fossero gli stupratori, se due o venti, come se fosse sostanziale, sviluppare curiosità morbosa per i particolari e spostare sullo sfondo l'unico fatto che meriterebbe anche un solo pensiero: lo stupro. E ancora: se in altri luoghi la strategia ultima a cui si ricorre quando proprio non si può negare che lo stupro ci sia stato è quella di misurare il grado di provocazione agito dalla donna o la sua dissolutezza di vita, qui si sta più proprio agio invocando al grande complotto (se un compagno è accusato di stupro è sicuramente per giochi di potere tra organizzazioni o, dall'altra parte, se uno stupratore non è un compagno: come minimo è una guardia).

Complice non è solamente chi difende esplicitamente lo stupratore, ma anche chi, uomo o donna, istillando dubbi, diffondendo voci, delegittimando la parola delle donne, crea un clima in cui gli stupratori continuano ad avere agibilità e a muoversi tranquilli nella città.

Complice è anche chi, in nome della "ragion di stato" e della priorità della Politica lascia intatte ed inalterate le condizioni, i luoghi, le dinamiche, in cui uno stupro è avvenuto.

Complice è anche chi fa antirazzismo o politica nel territorio non denunciando pubblicamente uno stupro agito da immigrati, da coatti o da proletari, perché ritenuto controproducente per le lotte in atto, dimenticando che antirazzismo non è fare degli immigrati dei buoni per forza e la politica nel territorio non è legittimare ogni atteggiamento coatto in quanto proletario.

Complice è chi trasforma lo stupro, avvenuto all'interno di una relazione o tra le mura domestiche, in una 'mancanza di tatto' di un uomo verso una donna particolarmente sensibile o lo relega in un ambito privato dove qualunque tipo di limite è sospeso.

Diamo un nome alle cose: uno stupro è uno stupro. E uno stupro non è solo penetrazione, è qualunque forma di violenza o sopraffazione agita a partire dalla propria appartenenza sessuale. La cultura dello stupro sono le diffamazioni, le parole scorrette, il discredito, il minimizzare, l'isolamento, il non nominare le proprie e altrui responsabilità, il difendersi gli amici a prescindere, la irresponsabile incapacità di non sapere o volere misurare la pericolosità per le donne di certi posti dove si pretende di fare politica.

Per noi chi ha scelto di ignorare decenni di elaborazioni e di battaglie contro la cultura dello stupro e sessista, chi difende uno stupratore, chi non nomina uno stupro avvenuto, chi ha ignorato acquisizioni ormai elementari, chi ha scelto di non aprire una riflessione collettiva sulle dinamiche di potere del proprio sesso, ha scelto comunque da che parte stare.
Noi stiamo dall'altra parte.

Assemblea delle compagne femministe

"stopnow stop" stopnowstop@hotmail.com


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