SORVEGLIARE E PUNIRE iniziativa contro il carcere e la repressione poliziesca a Roma Sabato 14 marzo
Picchiato da due poliziotti |
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COMMISSARIATO VIMINALE DAL PESTAGGIO AL PROCESSO
La mattina del 2 febbraio 1998 si e' tenuta a Roma l'udienza preliminare
presso la 8° sezione del Tribunale penale con il GIP (giudice indagini
preliminari) per decidere in merito ai fatti accaduti nell'aprile del
1997 dopo la tragica strage dei militanti dell'MRTA da parte del governo
assassino peruviano di Fujimori.
Una breve cronaca dei fatti successi all'epoca: La manifestazione sotto
l'ambasciata peruviana, organizzata per protestare contro il massacro
dei quattordici dell'MRTA, da parte del boia Fujimori,finisce con una
stupidissima risposta da parte della polizia italiana (tanto per non essere
da meno rispetto ai loro colleghi peruviani), dove durante una violenta
carica, vengono ferite sotto i colpi dei manganelli decine di ragazze/i
che si trovavano sotto l'ambasciata.
Piu' tardi a cariche finite, in un'altra zona della citta', una pattuglia
di poliziotti in servizio di normale controllo, aggredisce un giovane
che stava tornando dalla manifestazione. Alla protesta di diversa gente
che vede la scena, in particolare due ragazze, la pattuglia reagisce in
maniera ancora piu' violenta; Porta tutti e tre al Commissariato, e da
inizio ad un pestaggio, ben organizzato da parte di una squadrettta che
pare non sia nuova a questo tipo di pratiche.
Alla fine del pestaggio i tre vengono tradotti in carcere, finche' il
giudice per le indagini preliminari, non decidera' il rilascio in attesa
del processo.
All'udienza preliminare di ieri mattina, il GIP, dopo aver sentito il
Pubblico ministero, l'avvocato di parte civile dei tre pestati e accusati,
e l'avvocato dei 2 poliziotti riconosciuti come 2 dei 7 -8 poliziotti
che quel giorno presero parte al pestaggio, ha deciso di rinviare tutti
a giudizio, tutti, poliziotti compresi.
Bisogna dire che e' la prima volta, o comunque se ne ricordano molto
poche di volte, nelle quali un poliziotto che prende parte a un quasiasi
abuso di potere, venga incriminato, e quindi rinviato a giudizio per un
processo che lo vede imputato.
Invitiamo pertanto tutti i compagni e le compagne, le associazioni che
si battono per i diritti, i giornalisti, il movimento tutto a divulgare
al massimo questa notizia, a far si che questo caso possa essere utile
in qualche modo a fermare la violenza e gli abusi che spesso le forze
dell'ordine usano nei loro commissariati soprattuttto contro gli immigrati,
e tutti i soggetti piu' deboli di questa societa'.
Per quanto ci riguarda, abbiamo intenzione di lavorare su un osservatorio
di controllo su tutto questo, coinvolgendo tra l'altro organismi che gia'
lavorano in questo senso, o che sono interessati.
IL PROCESSO INIZIERA' IL 27 MARZO 1998
Appuntamento LUNEDI 7 FEBBRAIO ALLE ORE 11 ALLA AULA 8, PIANO TERRA
del Tribunale Penale A PIAZZALE CLODIO.
STIAMOCI TUTTE/I
IL PESTATO E LE PESTATE
23 aprile 1997 - Roma -
Dopo il sit-in all'ambasciata peruviana, di cui abbiamo dato una descrizione nei giorni scorsi, il gruppo dei compagni/e presenti si scioglie, pare tutto finito, quando nei pressi della stazione Termini, una pattuglia di agenti si accorge della gente che sta defluendo verso le proprie direzioni; uno degli agenti della pattuglia scende, e manganello alla mano a mo' di sceriffo "ci penso io", cerca di sfollare la gente che passa.
Un compagno gli dice che non e' il caso di agitarsi troppo, la gente se ne sta andando, lo invita a lasciar perdere, ma l'agente, che non prende ordini da nessuno reagisce, e per tutta risposta lo comincia a pestare. Il pestaggio e' pesante, calci, pugni, manganellate, tutte sul capo, urla che a lui nessuno deve dare ordini, si sente in potere di fare tutto, quella e' la sua zona e lui e' la "bestia" che la controlla. Il pestaggio dura pareccchio, sotto gli occhi attoniti e impotenti della gente che non ha il coraggio di affrontare tale grande sopruso e violenza. Due compagne dall'altra parte si accorgono del pestaggio, accorono, la richiesta e' di smettere di picchiarlo, di rendersi conto che non possono agire cosi, in uno Stato cosidetto democratico. Ma cio' e' peggio; alla vista di tale intromissione la guardia reagisce di nuovo, e gridando prendiamo quelle due "baldracche", le fa assaltare dai suoi agenti, che cercano di azzittarle con calci, pugni, e spintoni dentro le volanti. Gli insulti sono pesanti, "puttane, troie, adesso andiamo dentro, e questo manganello ve lo infilo su per il culo, cosi' la smettete di fare le salvatrici". Bisogna dire che ci mettono un po'prima di riuscire a buttarci dentro, la resistenza e' dura, ma alla fine ce la fanno.
Si arriva al Commissariato, il "Commissariato Viminale", famigerato pare, per strane cose che succedono soprattutto agli immigrati/e dentro questo posto. Tutti e tre ci buttano su un divano, il compagno ha le manette strette ai polsi; non passa un minuto, che entrano dalla porta 6-7 uomini in divisa, palette e manganelli alla mano, uno di loro non sa che deve fare, e rimane di guardia alla porta, gli altri invece sono tutti ben addestrati, ci premono sul divano facendo circolo intorno a noi, mentre uno si infila i guanti da chirurgo, l'altro gira il manganello dalla parte del manico, e' piu' duro, ma piu' efficace. Lo guardiamo in faccia, e' lo stesso agente, che fuori si era divertito a fare la retata, e che ora vuole continuare con lo stesso stile; comincia il pestaggio; quello con i guanti prende alla gola il compagno, gli altri cominciano a picchiare, sulla testa, ma anche sul corpo. Si aspettano una reazione da parte nostra cosi' sono piu' legittimati, ma non reagiamo, se non a parole, ormai lo sappiamo come funzionano queste cose, non aspettano altro. Il tutto dura un quarto d'ora circa, poi cominciamo a urlare forte, non ce la facciamo piu' a prendere botte e insulti, qualcuno deve pur sentirci!! Arriva l'ispettore, vice capo e responsabile di quel posto, guarda un po', poi pare indignato, puo' bastare cosi, redarguisce l'agente e lo trascina fuori. Il pestaggio e' finito, chiediamo di essere portate/i all'ospedale, ma l'attesa sara' lunga, anche solo per avere un bicchier d'acqua!!! Nel frattempo l'agente invasato, e contento del suo operato, nonostante il rimprovero, rientra in stanza dove prima aveva consumato il suo sadico pestaggio, e chiede ai colleghi di essere accompagnato in ospedale.....ritorna zoppicante, gli verranno dati 7 giorni di prognosi!! Dopo molte ore di attesa finalmente anche noi veniamo accompagnate/i in ospedale. Il medico ci vede e immediatamente chiede la base di ricovero, poi pero' dopo un breve colloquio con il commissario, esce e ci dice che non ci sono posti letto, quindi, via, a Rebibbia e Regina Coeli, l'infermeria ci deve bastare. Questa maledetta giornata termina il giorno dopo, quando il giudice per le indagini preliminari decide di scarcerarci, convalidandoci comunque l'arresto per "aggressone aggravata".
A questa breve cronaca dei fatti vogliamo aggiungere solo alcune considerazioni:
quello che ci e' successso non e' certamente il primo episodio del genere, ma evidentemente vogliamo che sia l'ultimo!!! Quello che accade dentro le questure da parte di queste squadrette "stile nazi", sono il sintomo di una societa' che tira da una parte, sempre piu' a destra, sempre piu' repressiva; la censura totale della stampa e' anche questo un esempio che ci porta alla memoria passati bastardi e pericolosi. Il pidiessino Napolitano sa bene come erano le questure di una volta, e pare che non gli interessi che queste possano essere le stesse anche oggi, evidentemente i suoi interessi sono puntati altrove. Non possiamo permettere che accada, se esiste una societa' civile, ebbene questa deve farsi sentire, con forza, con dignita'. Non c'e' bisogno di molte parole, sono i fatti, quello che accade che deve farci prendere una posizione immediata.
E' nostra intenzione denunciare anche sul piano legale questi metodi fascisti.
Il neoliberismo ci sovrasta, fermiamolo, non permettiamo a nessuno di trasformare il mondo in un massacro continuo!!!
Le compagne e il compagno arrestati
Botte al sit-in. E al prossimo? - Benedetto Vecchi su Il Manifesto del 27 aprile 1997