Presenza internazionale in Palestina - primavera 2002

Corrispondenze dai territori occupati


26 marzo 2002 - NOTTE

E' gia' notte ma Nabil insiste per seguirlo in un "tour" attraverso il campo profughi di Dheiseh. Nabil ha ventisei anni, e' alto e i suoi occhi profondi trasmettono un senso di tranquillita' che non ci si aspetterebbe da chi vive in un posto come questo.

In una decina decidiamo di andare. La strada sconnessa si arrampica sulla collina dove poggia il campo, e dopo pochi passi sale il primo groppo in gola. Siamo davanti a cio' che resta di un centro per handicappati colpito "per sbaglio" da un missile lanciato da un F16 israeliano. Un cancello arrugginito resiste in piedi, esile protezione del nulla. Andiamo avanti al buio, il paese e' quasi deserto. I segni dei bombardamenti sono ovunque e nei pochi negozi aperti praticamente nessun cliente.

Il nostro passaggio e' molto apprezzato, di questi tempi sono pochi i pazzi che decidono di spingersi in questa zona, noi fra quelli.
In ogni bottega campeggiano i ritratti dei troppi martiri che abitavano in queste case, foto di giovani che imbracciano fucili automatici, impaginate fra i simboli delle organizzazioni armate. Nabil ci spiega che ad ogni combattente vengono scattate queste foto in anticipo, per averle sempre pronte, nell'evenienza...
Nel frattempo arrivano i bambini, le voci viaggiano veloci nel campo. Ci seguono divertiti per un po', poi spariscono; e' quasi ora di cena.

Continuiamo il "tour" e lo spettacolo e' sempre piu' pesante; altre case crollate sotto le bombe, case che appartenevano alle famiglie dei combattenti, bersaglio della reppresaglia sionista. A farne le spese sono anche le case vicine, raggiunte dai colpi vaganti o dagli spostamenti d'aria che spazzano regolarmente i vetri dalle finestre.
La voce del "muezzin" risuona come un lamento struggente, riecheggia nel campo mentre raggiungiamo la casa di Nabil. Poco prima di arrivarci passiamo davanti a quello che doveva essere il centro stampa, anche questo sfregiato dalle armi pesanti.

E' il Nonno ad aprirci la porta, un vecchio asciutto, ossuto, vestito con una lunga palandrana sotto una giacca all'occidentale.
Ci stringe la mano uno ad uno, poi ci invita a prendere un te'. Accettiamo volentieri.
La casa e' assolutamente spoglia ma una straordinaria energia vitale la abita. Il vecchio racconta di essere stato deportato qui negli anni cinquanta e che il suo villaggio praticamente non esiste piu', al suo posto le case degli israeliani.

Ormai e' tardi, il resto del gruppo ci aspetta per la cena. Torneremo dal vecchio a farci racontare la sua storia, uguale a quella di migliaia di altri, vittime dell' assurda violenza che sta lacerando questo angolo del mondo.


il 9 marzo i carri armati israeliani entrano nel campo profughi di Dheishe distruggendo case, strutture pubbliche tra cui una scuola e un centro per gli handicappati.
La stessa notte sono state fatte retate: sono stati bendati tutti i palestinesi tra i 15 e i 40 anni, privati qualsiasi diritto umano ne sono stati arrestati 60 di cui 3 ancora in carcere.
Questo è quello che rimane del passaggio dei carri armati israeliani.

questa era una camera da letto dopo il bombardamento è diventata un garage