Presenza
internazionale in Palestina - primavera 2002
Corrispondenze dai territori occupati
26 marzo 2002 - ARRIVO Il vento spazzava il deserto mentre i taxi collettivi ci accompaganavano da amman alla frontiera giordano-israeliana. Il nostro e' il primo di tre gruppi da quindici a tentare il passaggio. I tassisti continuano a fare domande alle quali rispondiamo elusivamente: turismo, le tombe, petra, il mar morto, ognuno si inventa la sua scusa. Dopo mezz'ora di viaggio ci scaricano alla frontiera giordana; un'ora di attesa, 10 euro e passa la paura. Un'autobus ci porta all'altra frontiera, quella che temiamo di piu', quella israeliana. Lungo la strada iniziano a comparire le bandiere con la stella di David e dal deserto cominciamo a vedere i primi prati all'inglese: ci stiamo avvicinando al posto di frontiera vero e proprio. Ad uno ad uno veniamo fatti passare attraverso il metal detector, mentre i nostri bagagli vengono controllati; ad alcuni di noi trattengono il passaporto e vengono sottoposti a una perquisizione piu' approfondita e un interrogatorio, anche se non particolarmente intenso. I primi di noi ad affrontare la richiesta del visto ci rincuorano, riuscendo a cavarsela con due domande e un sorriso. Dopodiche' la presenza di svariate persone provenienti dallo stesso paese e senza un programma preciso per le loro "vacanze alternative" ha insospettiuto una degli agenti di frontiera, che ha quindi trascinato tutto il gruppo in una spirale di ripetute domande con banali risposte e tempi morti di attesa. Dopo un'ora e mezza e una abbondante dose di charm e fascino italico siamo riusciti a passare. Cambiamo un po' di soldi e contrattiamo con i tassisti per il trasporto fino alla Porta di Damasco a Gerusalemme. Un veloce falafel o similia e siamo di nuovo in autobus alla volta del checkpoint prima di Betlemme, mentre due di noi aspettano gli altri gruppi. Al check point diverse persone scendono poco prima della fermata per tentare di evitare il blocco dei militari israeliani, mentre noi ci incamminiamo nello stretto passaggio che porta dall'altro lato del blocco. Insieme a noi camminano decine e decine di palestinesi, donne, ragazzi e anzianii, che passaano per questo luogo tutti i giorni della loro esistenza occupata. Proprio di fronte al punto in cui un giovane militare israeliano controlla i nostri passaporti e' parcheggiato un enorme bulldozer corazzato, di quelli che usano per abbattere le case e le baracche. Il punto in cui ci troviamo di fronte al controllo e' un budello in cui puo' passare solo una persona per volta. La situazione e' surreale e crudele: passano due di noi in fila per uno come pecore e il soldato guarda il loro passaporto sorridendo... "italian eheh" ... poi arrivano due ragazzi palestinesi; uno di loro abita a Betlemme, l'altro vuole andare a visitarlo a casa sua, ma il soldato non vuole sentire ragioni, se il ragazzo che lo accompagna non ha il visto non passa. La situazione si fa piu' tesa e le voci piu' alte nel tono, mentre noi e tutti gli altri in coda con noi guardano attoniti, mentre la rabbia creSCE. Alla fine riusciamo a passare mentre i due venbgono rispediti indietro. Dall'altro lato recuperiamo due taxi e arriviamo finalmente ad IBDA, il centro culturale a Deheishe. Dopo un paio di ore arrivano al check point anche le due persone che stavano aspettando i restanti due terzi della comitiva. Si trovano davanti una lunga coda di palestinesi ceh da un'ora aspettano di passare il controllo sotto le urla degli israeliani, fermi come animali nei carri, insultati e infreddoliti dal vento gelido. A questo punto le persone del nostro gruppo insieme a due donne israelinae che facevano parte del gruppo degli osservatori sui diritti umani si sono schierate in favore dei palestinesi in fila e hanno fatto pressione sui militari perche' li lasciassero passare e interrompessero il trattamento inumano a cui stavano sottoponendo quelle persone. Infine tutto il primo gruppo si ritrova al centro culturale Ibda, mentre al momento 20 persone circa sono trattenute alla frontiera israeliana e ancora non sappiamo se riusciranno a raggiungerci. Nonostante i carri armati si siano ormai allontanati dalle zone dell'autonomia, le persone con cui parliamo pensano che non tarderanno a tornare. NOn si respira una bella aria, ma il morale e' alto. Martedi'
26 marzo 2002 ps: dopo un viaggio abbastanzo travagliato e costellato di blocchi a checkpoint e frontiere, minaccie, richieste di passaporti, ec ecc, anche i restanti componenti della comitiva ci hanno raggiunto. Giusto per non lasciare in pensiero. |
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tutti i muri dei campi profughi e sui muri delle case ci sono foto
che ricordano i martiri, uccisi dall`esercito israeliano o suicidi
per il popolo.
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