contro l'occupazione israeliana ... Naji al Ali |
Handala
E' un bambino, piccolo, un po' spelacchiato, piedi nudi e toppe sui vestiti, difficile
vederne il volto perchè sta sempre di spalle.
No al silenziatore L'hanno assassinato. Col silenziatore. Con quell'arma vile che ha fatto zittire per
sempre decine e decine di uomini e donne che cercavano la luce della libertà sfidando il
buio calato sul mondo arabo.
La vita e la storia di Naji - Dopo l'occupazione israeliana, la famiglia di Naji Al-Ali trovò rifugio nel campo profughi di Ein Al-Hilwe, vicino a
Sidone, nel sud del Libano, dove tutt'ora risiede.
Nel corso di un intervista Naji descrisse cosi la vita nel campo:
L'opera e l'impegno di Naji - "L'arte è la mia professione, il mio impegno, il mio impiego, è il mio hobby. Però
non mi sento soddisfatto, spesso ho un profondo senso di frustrazione... Non
credo di essere riuscito a comunicare ai miei lettori, attraverso questo linguaggio
figurativo, le mie preoccupazioni.
I suoi disegni - "Io milito per la causa palestinese e non per le singole fazioni palestinesi.
"Li, la vita era al limite della dignità umana, vivevamo in sei in un'unica tenda la
metà della quale era stata trasformata in una sorta di spaccio dove mio padre
vendeva le sigarette, gli ortaggi, ed altri oggetti di poco valore" (dal quotidiano
"Assafir" 11/6/'83).
Sarà perchè le inquietudini che mi tormentano sono tante?!... Quando disegno,
riesco a ritrovare un certo equilibrio interiore. Per questo il disegno mi consola ma
contemporaneamente mi procura non poche sofferenze...
Non
disegno per conto di qualcuno, disegno solo per la Palestina, che per me si
estende dall'Oceano Atlantico fino al Golfo (si intende tutto il mondo arabo
n.d.r.)".
In conseguenza a questo suo atteggiamento, Naji Al-Ali subi diverse minacce ed
alcuni cercarono di corromperlo.
Convinto delle proprie idee, continuò a disegnare
e ad esprimersi, portando avanti la sua lotta nel modo che riteneva giusto.
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