2.5. Il giudizio sui centri sociali
Nel questionario è stata inserita una batteria di due domande nelle quali è stato chiesto agli intervistati di indicare qual è a loro avviso, rispettivamente, l’aspetto negativo e l’aspetto positivo dei centri sociali. I giudizi richiesti riguardano i centri sociali nel loro complesso e non specifiche situazioni relative al luogo dove si è svolta l’intervista. E’ importante tenere presente la scelta che è stata fatta di lasciare aperte le risposte a tali domande: abbiamo infatti ritenuto necessario non costringere gli intervistati a una scelta fra risposte preselezionate. Le due righe vuote lasciate nel questionario in calce a ciascuna domanda sono anzi state un modo per incoraggiare gli intervistati ad articolare, qualificare e precisare il loro pensiero. Si tratta, in tutta evidenza, di una raccolta di giudizi di indubbio interesse, anche per il fatto che queste due domande hanno suscitato un percepibile coinvolgimento da parte degli intervistati. E’ per questo motivo che sollecitiamo la lettura dell’ampia selezione di risposte riportate per esteso nell’appendice D.
In quanto segue ci soffermeremo invece sul risultato del nostro lavoro di post-codifica delle risposte. In altri termini, abbiamo raggruppato le risposte secondo quelli che a nostro avviso sono parsi criteri di omogeneità: criteri che evidentemente sono stati a lungo discussi alla luce dell’esame delle risposte per esteso.
2.5.1. L’aspetto negativo
La tabella 52 riporta i raggruppamenti degli aspetti negativi dei centri sociali contenuti nelle loro risposte dagli intervistati.
Poco meno di un quarto degli intervistati non ha risposto alla domanda. Fra quelli che hanno risposto, quasi uno su quattro (23,2%) ha indicato aspetti negativi che a nostro avviso possono essere ricondotti ai termini di ghettizzazione e di isolamento. I concetti maggiormente ricorrenti in queste risposte sono stati quelli di: ghettizzazione, ghetto, autoghettizzazione, chiusura, autoreferenzialità, isolamento, autoemarginazione.
Il 4,8% degli intervistati (e cioè un po’ meno di uno ogni venti) ha sottolineato aspetti negativi connessi al tipo e alla qualità delle iniziative organizzate nei centri. In proposito gli accenti critici hanno ruotato attorno alle seguenti questioni: poche iniziative, troppi concerti, centri sociali ridotti a birreria, luogo di ritrovo, poca cultura.
Aspetti negativi riconducibili a questioni riguardanti la gestione e l’organizzazione dei centri sociali sono stati sottolineati dal 17,8% degli intervistati. Qui gli accenti critici hanno riguardato: disorganizzazione, precarietà, degrado, sporcizia, mancanza di coordinamento, mancanza di soldi.
In un gruppo a parte sono state inserite le risposte di coloro i quali hanno rimarcato l’insufficienza dei rapporti fra centro sociale e quartiere (6,2%). Le carenze nell’impegno sul piano sociale sono state messe in evidenza nel 3,5% delle risposte. In questo caso le risposte prevalenti hanno investito i seguenti concetti: poca socialità, intolleranza, inattività, poca sostanza, scollamento, troppa teoria.
Il declino nell’impegno politico è stato al centro delle risposte del 4,1% degli intervistati. Qui l’accusa rivolta ai centri ha utilizzato i seguenti argomenti: poca politica, assenza di progettualità politica, poco dibattito.
Un intervistato su dieci ha viceversa puntato l’indice contro la “troppa politica” che si svolge nei centri e contro la loro caratterizzazione ideologica. I concetti utilizzati sono stati quelli di settarismo, politicizzazione, comunismo, anarchismo, astensionismo, integralismo, rigidità.
Le critiche che hanno riguardato comportamenti, comunicazione, tipo di frequentatori e immagine sono state raggruppate sotto il termine “socialità”. Le risposte sono state fra le più varie. Dieci intervistati hanno criticato l’utilizzo di droghe leggere (riportato come aspetto positivo da tre intervistati), altri hanno sottolineato aspetti legati alla frammentazione, alla presenza di fricchettoni, alle difficoltà di socializzazione. Nel complesso una risposta su cinque fa parte di questo raggruppamento.
Infine, un intervistato su dieci ha risposto che i centri sociali non hanno aspetti negativi.
2.5.2. L’aspetto positivo
Nella tabella 53 sono indicati i risultati della nostra post-codifica delle risposte alla domanda “qual è, secondo te, il principale aspetto positivo del circuito dei centri sociali?”.
Come si può notare un intervistato su sei (equivalente al 16,2%) non ha risposto alla domanda. Fra coloro che hanno risposto, poco meno di un terzo (il 32,1%) ha indicato aspetti positivi riconducibili a categorie quali quelle di aggregazione e socialità. Più precisamente, in questo raggruppamento sono state collocate le risposte di tutti gli intervistati che hanno sottolineato la capacità dei centri sociali di essere luoghi di aggregazione e di ritrovo (in senso lato). In particolare tali risposte vertono attorno ai seguenti concetti (elencati in ordine di frequenza): aggregazione, incontri, socialità, socializzazione, ritrovo, apertura, amicizia, giovani, partecipazione, contatti, spazi.
Il 6,1% degli intervistati ha risposto indicando aspetti positivi riconducibili alle occasioni di comunicazione, confronto e dibattito offerte dai centri sociali. I concetti espressi con prevalenza sono quelli di: comunicazione, confronto, discussione, scambio di idee.
Nel raggruppamento che abbiamo sinteticamente indicato col termine “laboratorio culturale” è ricompreso l’11,6% delle risposte fornite dagli intervistati. Si tratta di risposte che sottolineano gli aspetti legati allo scambio culturale e che ruotano intorno ai seguenti concetti (sempre in ordine di importanza): iniziative, musica, concerti, cultura, attività, espressione, controcultura, creatività.
Aspetti positivi riconducibili a una dimensione di impegno sociale sono stati indicati dall’8,6% degli intervistati. Si tratta di risposte per più versi vicine e limitrofe a quelle contenute nella successiva categoria di “impegno politico”: tuttavia a distinguerle è l’esplicito riferimento a un intervento sul territorio che ci ha indotto a separarle e a inserirle in una categoria a parte. I concetti prevalenti sono in questo caso quelli di: impegno sociale, attività sociale, solidarietà, attività nel quartiere e nel territorio.
Il 12,9% delle risposte è stato ricondotto alla categoria di impegno politico, dal momento che individuano aspetti legati alla lotta e alla organizzazione politica. Rispetto al raggruppamento precedente, il tratto saliente di queste risposte è la maggiore concettualizzazione dell’azione svolta dal centro sociale. Qui i concetti maggiormente utilizzati sono stati: antagonismo, lotta, organizzazione, anarchia, comunismo, auto-organizzazione, collettivo.
Le risposte riconducibili ad aspetti positivi connessi alle questioni dell’autoproduzione e del basso costo dei servizi (e dunque legati al circuito economico alternativo costituito dai centri sociali) sono risultate pari al 6,5% del totale delle risposte. In questo caso i concetti chiave utilizzati dagli intervistati sono stati quelli di: autogestione, economicità, autoproduzione, non profitto, alternatività rispetto agli usuali circuiti commerciali.
In un ultimo consistente raggruppamento, indicato col termine “alternatività”, sono stati compresi gli individui che hanno sottolineato aspetti positivi riconducibili all’atmosfera che si vive nei centri sociali e alla libertà. I concetti più ricorrenti: libertà, alternativa, potenzialità, diversità, tranquillità, valori, spontaneità.
2.5.3. Una visione d’insieme
La tabella 54 riporta la distribuzione congiunta degli intervistati secondo sia l’aspetto positivo che l’aspetto negativo che hanno sottolineato.
Come si vede sono 75 gli intervistati che non hanno risposto a entrambe le domande (circa il 12%). Per il resto si è in presenza di non risposte selettive, di intervistati cioè che hanno scelto deliberatamente di rispondere a una sola delle domande.
E’ interessante notare come sui 112 intervistati che hanno indicato come aspetto negativo la “ghettizzazione”, 25 (cioè più di uno su cinque) hanno indicato l’aggregazione come aspetto positivo dei centri sociali. Lo stesso vale per coloro che hanno indicato la scarsa “socialità” come aspetto negativo.
Sembra dunque emergere un quadro alquanto articolato e a nostro avviso solo apparentemente contraddittorio. Provando ad azzardare una sintesi si potrebbe dire che da parte degli intervistati vi è un evidente comprensione delle finalità e delle sfide sociali, politiche ed economiche intraprese dai centri e al tempo stesso vi è una sofferenza rispetto alle condizioni di operatività dei centri proprio alla luce delle suddette sfide. Ecco allora che aspetti positivi (quali appunto l’aggregazione, i servizi a basso costo e altro) e aspetti negativi (ghettizzazione, gestione, ecc.) finiscono col coincidere per molti soggetti. Una cosa questa che potrebbe rappresentare non tanto una contraddizione quanto piuttosto una precisa indicazione, se si vuole anche politica, in merito alla gestione (in senso lato) dei centri sociali.
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