L’indagine sui frequentatori dei centri sociali autogestiti della realtà romana che viene presentata in queste pagine è la concretizzazione di un progetto molto più ampio, articolato (ed anche ambizioso) nato all’inizio del 1994. Si può senza troppi problemi affermare che quell’anno ha rappresentato il culmine del lavoro operato dai centri sociali, lavoro che naturalmente aveva radici molto più lontane. Alcuni fatti a livello di politica sia nazionale che territoriale hanno fatto dei centri un’importante punto di riferimento.
Non si vuole fare qui né un resoconto delle lotte condotte dal movimento antagonista dagli anni ‘70 ad oggi, né descrivere l’evoluzione dei centri stessi: in un certo senso, le diamo per scontate come appartenenti alla conoscenza di tutti. Si vuole però sottolineare come alla fine del 1993 la presenza fisica dei centri ed il loro essere punto di riferimento di un vasto settore antagonista fossero ormai dei fatti ben chiari e riconosciuti. Se a Milano il Leonkavallo rappresentava il più grosso problema per il sindaco leghista Formentini, a Roma la situazione era diversa: nel confronto elettorale tra il verde Rutelli ed il fascista Fini, i centri non rimanevano estranei al dibattito. E naturalmente gli organi di stampa non sono rimasti indifferenti alla realtà dei centri sociali. Corteggiati a sinistra, additati come esempio di degrado metropolitano a destra, distorti, strumentalizzati... si è detto dei centri tutto ciò che poteva essere detto, “stiracchiandoli” a piacimento dal giornalista di turno.
Ed è semplicemente così che è nata l’idea di una ricerca sui centri sociali. Una ricerca con un intento prevalentemente conoscitivo e descrittivo, senza “etichettare” i centri, cercando di dare come una sorta di “fotografia” della loro realtà; il tutto attraverso la statistica, una metodologia che oggi come oggi è vista (e per l’uso che se ne fa anche a ragione) in modo negativo.
L’idea e la voglia di fare una ricerca di questo genere è nata in alcuni compagni che hanno costituito una sorta di gruppo di ricerca: prevalentemente universitari di statistica e scienze politiche, tutti presenti nella realtà dei centri sociali (come occupanti o semplici frequentatori), abbiamo voluto fare uno studio che in qualche modo nascesse dai centri e per i centri. Dato anche l’interesse dimostrato in ambienti universitari e in certa sinistra intellettualoide, abbiamo cercato di convogliare il massimo delle energie perché una ricerca di campo su una realtà così particolare venisse dall’interno dei centri e non fosse calata dall’alto da qualche ricercatore universitario, laureando oppure giornalista ben visto.
Con questa ambizione abbiamo da subito cercato di coinvolgere i centri, non solo per sapere cosa ne pensavano di un progetto del genere, ma anche per una collaborazione attiva, tanto più importante proprio per la volontà di rendere i centri stessi protagonisti e autori dello studio.
Con questo progetto ci siamo recati in tutti i centri sociali di Roma, raccogliendone, in massima parte (da segnalare la netta presa di posizione contraria del Blitz), pareri positivi, consigli, critiche costruttive ed anche interventi attivi.
Dobbiamo a questo punto fare alcune precisazioni: innanzitutto ci siamo presentati ai centri con un progetto molto preciso ed ambizioso che purtroppo non abbiamo potuto portare a compimento nella sua interezza. L’idea originale era quella di fare uno studio non limitato alla ricerca sul campo sul mondo dei frequentatori dei centri sociali (come è quello che stiamo presentando), ma completato con degli interventi che potessero evidenziare la grande varietà di situazioni che i centri romani rappresentano. Laddove, infatti, i risultati di un’indagine statistica non fanno che raggruppare ed unificare dati che, appartenendo a situazioni particolari e diverse, è forzoso omogeneizzare, lo spazio lasciato a ciascun centro per raccontarsi e delinearsi nelle proprie particolarità compensava un’operazione che giustamente può essere considerata arbitraria e soprattutto può non dare la giusta importanza ai diversi aspetti di un universo così variegato. Questo aspetto, già presente nel progetto di ricerca (si veda l’appendice A), è stato molto sottolineato da molti compagni dei centri ed era nostra intenzione dare risposta a questa esigenza attraverso una sezione del lavoro consistente in una “intervista” (semplicemente “sbobinata”) all’assemblea di gestione di ciascun centro.
Purtroppo però ciò non è stato possibile (e questo si ricollega con l’altra precisazione che dobbiamo fare): il lavoro della ricerca sul campo è stato molto più impegnativo delle nostre previsioni e soprattutto le forze di cui disponevamo all’inizio del progetto si sono esaurite in breve tempo. Di fatto (perché ci sia la massima chiarezza) delle 20 persone delle riunioni di preparazione siamo rimasti in pochissimi, con un immenso lavoro da fare, che consideravamo comunque ancora importante e prezioso.
Lo stesso questionario prevedeva nella sezione 3 una serie di domande specificamente volte ad approfondire il rapporto esistente tra gli intervistati ed il centro in cui l’intervista era svolta. Tali domande però non sono state comprese: gli intervistati, più che esprimersi sul centro sociale in cui veniva svolta l’intervista, hanno risposto tenendo presente il centro da loro abitualmente frequentato. In tal modo non abbiamo potuto utilizzare gran parte delle risposte di questa sezione, ma solo quelle che potevano essere ricondotte all’interno dell’intero circuito dei centri. Da qui la nostra decisione di ultimare lo sforzo, portare a termine il lavoro, nonostante la sua parzialità ed incompletezza, proprio per la mancanza della parte relativa ai singoli centri. Tuttavia ci è sembrato che i risultati potessero essere comunque interessanti e di stimolo al dibattito.
Tenendo dunque presente che lo studio qui presentato è solo una parte di un progetto più ampio e che potrebbe essere suscettibile di notevoli approfondimenti, cerchiamo di definire gli obiettivi che ci siamo proposti.
L’oggetto della ricerca è l’universo dei frequentatori dei centri sociali romani, cioè di tutto quell’insieme di persone che frequenta, in modo non necessariamente abituale, i centri sociali. Un universo quanto mai ampio, variegato ed eterogeneo e per ciò stesso difficilmente definibile: cercare di capire da chi viene raccolto il messaggio lanciato dai centri e come viene recepito e valutato.
Dati questi primi elementi riguardanti l’oggetto dell’indagine, le sue motivazioni e le persone che se ne sono interessate, vogliamo illustrare come è stata praticamente realizzata la ricerca.
Innanzitutto, come abbiamo già detto, abbiamo avuto contatti con tutti i centri, per conoscere il loro pensiero sul progetto. Raccolte le valutazioni ed i contributi, ci siamo concentrati sulla stesura del questionario : ne è derivato un questionario di ben 35 domande, articolato in quattro sezioni (sezione prima: informazioni personali; sezione seconda: frequenza del circuito dei centri sociali; sezione terza: frequenza del centro sociale in cui si svolge l’intervista; sezione quarta: modalità di frequenza dei centri sociali). Abbiamo poi presentato il progetto all’attenzione di tutti in un’iniziativa di dibattito che ha avuto luogo il 15 marzo 1994 presso l’aula XII della facoltà di scienze politiche.
Nonostante l’indagine pilota svolta il 5 aprile al Villaggio Globale, non ci siamo immediatamente resi conto di alcune difficoltà e soprattutto di alcuni problemi nella comprensione delle stesse domande, poste evidentemente in modo non sufficientemente chiaro, di cui ci siamo resi conto solo in sede di codifica dei dati.
Tra aprile e giugno 1994 ci siamo recati in 16 centri sociali, realizzando oltre 600 interviste; ci siamo attenuti alla massima casualità nella scelta del campione; altro elemento di cui tener conto (soprattutto perché denso di conseguenze) è stata la scelta dell’iniziativa. Anche qui le difficoltà non sono state poche: per cogliere la vera realtà dei centri sarebbe stato necessario recarsi in ciascuno di essi non solo la sera o in occasione di iniziative, ma in diversi giorni della settimana e in diverse fasce orarie. Ovviamente ciò era impossibile: possiamo dire che generalmente ci siamo recati nei centri in occasione di iniziative serali più o meno importanti .
In ogni centro abbiamo svolto almeno 40 interviste, anche se in alcuni non è stato possibile; i questionari sono stati prevalentemente autocompilati.
Parallelamente alla ricerca sul campo, abbiamo proceduto all’inserimento in computer dei dati raccolti (utilizzando il programma DBIII).
Per tutto il 1995, ormai raccolto un sufficiente numero di questionari e completata la codifica, abbiamo elaborato e discusso i risultati (ottenuti attraverso la costruzione di tabelle, con l’utilizzo del programma SPSS), che sono quelli che illustriamo nelle prossime pagine.
Ma prima di procedere all’esposizione (articolata sia in modo discorsivo e generale, sia nella specifica delle numerose tabelle) dei risultati, vorremmo ribadire alcuni concetti.
Il nostro non vuole assolutamente essere un lavoro fine a se stesso (perchè vorrebbe dire aver fallito nei nostri presupposti), ma un contributo ad un dibattito in atto. Nell’esposizione che segue abbiamo cercato, nei limiti delle nostre possibilità, di astenerci dal dare un’interpretazione che non avevamo alcun diritto di dare: ci siamo limitati a raccontare, ad illustrare ed al massimo a sottolineare gli aspetti per noi più significativi. L’interpretazione dei risultati starà esclusivamente al dibattito dei centri sociali.
Se da una parte c’è questo sforzo esclusivamente descrittivo, dall’altra parte c’è però anche il tentativo di un serio lavoro scientifico, che abbiamo cercato di condurre con il massimo rigore, serietà e precisione.
Pensiamo che la serietà e la precisione dell’indagine siano testimoniate proprio dall’esposizione dei dati in tabelle senza alcuna omissione e di facile lettura per consentire ad ognuno di formulare le diverse ipotesi interpretative: l’analisi dei dati non può essere infatti scorporata da un’analisi di pensiero in quanto rappresenterebbe, in molte occasioni, elementi astratti da un contesto politico sociale di più vasta entità di cui i centri sociali fanno parte.
E’ per questo che, consapevoli dei nostri limiti soggettivo interpretativi, ci piacerebbe pensare questa ricerca come un modello interlocutorio con tutti i dubbi, tutte le perplessità e le diverse ipotesi: quasi a voler domandare se è possibile incanalare i centri sociali nell’omologazione o se il dato più importante è rappresentato proprio dalla pluralità delle idee, dalla varietà dei comportamenti... dalle diverse “anime” in continuo confronto.
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