Fino ad oggi le uniche risposte che le istituzioni hanno saputo dare al problema della dipendenza da alcune sostanze sono state quelle repressive, allontanandosi sempre più dai bisogni reali di quella parte di cittadini "dipendenti" e bisognosi di sostegno.
In questo allontanamento la società reale scompare diventando sempre più illusoria, anzi fornendo invece , sempre più prestazioni "specializzate", cioè spazi separati e lontani dalla propria ordinarietà, quali le "comunità terapeutiche" ovvero l'ospedale, il manicomio, il carcere, la riserva per i "drogati" ecc. Cosi' che la difficoltà di vivere si traduca in un "andar morendo" lontano dallo sguardo benpensante, togliendoci fra l’altro il diritto di poter decidere della nostra vita.
La situazione di disagio che di solito vive chi fa uso di eroina non è legata in massima parte all'uso della stessa, ma soprattutto allo "stile di vita" e ai rischi che si devono affrontare (sempre che non si appartenga ad una categoria agiata in questo caso se ne incontreranno sicuramente di minori!), che vanno dalla repressione al carcere e molto spesso purtroppo alla sieropositività o come atto di estremo pentimento e contrizione fino alla "comunità terapeutica". Purtroppo quest'ultima sembra essere il passaggio obbligato per quelli/e che decidono di prendersi una pausa o di farla finita con la penosa vita del dipendente da eroina.
Quasi sempre l'ingresso in una "comunità" non è dettato da una libera scelta autodeterminata, che spesso la dipendenza da eroina non consente, ma da condizionamenti esterni. Uno fra tutti l'alternativa al carcere, che molti/e "scelgono" e che spesso , purtroppo, si rivela solo un altro tentativo intrapreso e fallito per abbandonare la propria dipendenza, nel caso specifico perché dettato non da una vera e forte voglia di trasformazione e di taglio con il passato, ma essenzialmente da una scelta di sopravvivenza, essendo questo passaggio, giustamente vissuto e assimilato per quello che è: "SOSTITUTIVO DEL CARCERE". All'interno delle "comunità" non vengono assolutamente messe in discussione le responsabilità che l'intero sistema ha avuto nella nostra storia di dipendenza , e delle condizioni di vita che ci hanno spinto a fare una "SCELTA" di questo tipo (ne usciremmo troppo "rivoluzionari"), la nostra dipendenza ci viene fatta vivere come una nostra colpa gravissima dalla quale ci libereremo solo con l'estremo "pentimento" (morale cattolica... molto meglio???), solo pentendoci saremo riammessi nella società !, la stessa società che ci ha fatto diventare "dipendenti" dall’eroina. La gran parte delle "comunità terapeutiche" sono in mano alla chiesa, al clero, gestite e organizzate da preti, quindi non ci viene difficile immaginare quale morale cerchino di inculcare nelle teste di quelle e di quei poveretti che in un modo o nell'altro vi si trovano rinchiusi. Un altra parte è invece in mano a vari speculatori dei problemi altrui che, senza nessuno scrupolo, protetti e in tutta "LEGALITÀ' ", possono incatenare, stuprare, sfruttare e condannare ad uno, due e anche più anni di lavori forzati, come accade in molte "comunità" laiche o religiose che siano.
Secondo noi l'essere "non dipendenti" da sostanze "TOSSICHE" non deve passare attraverso l'obbligo di scontare una condanna (che si chiami carcere o comunità non fa molta differenza), ma deve passare nella ricostruzione delle condizioni di vita dei giovani che vivono nelle zone più degradate delle città e che sempre più spesso e in massima parte pagano il caro prezzo delle disgraziate politiche sulle droghe, sui giovani, sulle città fatte dai nostri "bravi" governanti nel nome del mercato e del profitto.
Bisognerebbe riflettere sul fatto che sostanze "TOSSICHE", sono anche: CAFFÈ', SIGARETTE, ALCOOL per non parlare della TV.
Che coincidenza. Se lo stato ed i pubblicitari volessero veramente ridurre le morti causate dalle droghe, beh l'alcool e le sigarette dovrebbero essere i primi logici bersagli. Tossico è il capitalismo attaccato a ciò che controlla e prova a pretendere di avere una coscienza... non ve la siete venduta. Poi per l'uso di queste droghe seppur di gran lunga più dannose non veniamo perseguitati, perché in questo caso gli spacciatori e assassini che ne detengono il mercato sono gli stessi che ci incarcerano e ci condannano, quando ci coltiviamo la pianta di marijuana sul terrazzo di casa, mentre l'unica cosa che stato e padroni sanno offrirci è il bombardamento attraverso campagne terroristiche massmediatiche, che assurdamente chiamano "PREVENZIONE". Ma fino a che la droga è considerata in un semplificato contesto "terrorizzante", informazioni reali - i suoi contenuti, i suoi effetti, i suoi pericoli - saranno confinate in un mare di ignoranza. (Paradossalmente, è proprio questa spettacolarizzazione che da alla droga un po' del suo fascino).
Siamo per la libertà di usare qualsiasi sostanza, droga e quant'altro ci faccia stare bene, male o quel che vi pare purché sia una scelta libera e consapevole. Siamo per la libertà di decidere come e quando ... senza doverci sentire circondati da speculatori interessati alla nostra "dipendenza" o al nostro "recupero" con l'unico scopo di ricavarne comunque potere e denaro. Queste considerazioni non sono però un invito ad usare indiscriminatamente e incoscentemente qualsiasi tipo di droga. Ci piacerebbe invece che ci fosse più consapevolezza nell'uso delle sostanze, troppo spesso sottovalutate, creando informazione attorno ad esse, perché se è giusto essere liberi e libere di disporre del nostro corpo come meglio ci piace, è anche importante, sapere innanzi tutto chi stiamo finanziando, cosa ci stiamo prendendo, come, quando e per quanto possiamo farlo.
*Professore al Massachusetts Institute of Technology. Questo articolo, inedito, riprende le principali idee sviluppate durante una conferenza tenuta dallo stesso Chomsky il 13 marzo 1995 al Mit.- Chi volesse leggere l’intero articolo lo trova sul numero di settembre di Le Monde Diplomatique, anche su Internet a http://www.mir.it/mani/MondeDiplo/LeMonde-archivio/Settembre-1996/9609lm04.01.htm