C'è stato un paese dell'America Centrale che è salito qualche
volta alla ribalta della cronaca negli Usa prima della rivoluzione sandinista:
si tratta del Guatemala. Nel 1944, una rivoluzione abbattè una crudele
dittatura, e condusse all'insediamento di un governo democratico che aveva come
modello il "New Deal" roosveltiano. Nei dieci anni di interludio democratico
che seguirono, iniziarono a germogliare i semi di uno sviluppo economico indipendente.
Un fatto che a Washington provocò un'isteria generale. Eisenhower e Dulles
misero in guardia i colleghi: "la difesa e la conservazione" degli
Stati Uniti correvano un grave pericolo, a meno che il virus non venisse sterminato.
I rapporti dei servizi segreti americani erano molto espliciti riguardo ai rischi
rappresentati dalla democrazia capitalista in Guatemala.
Una nota della Cia datata 1952 descrive la situazione del Guatemala come "avversa
agli interessi americani" a causa della "influenza comunista... dovuta
alla richiesta militante di riforme sociali e di una politica nazionalista".
Il memorandum avvertiva che il Guatemala "ha recentemente incrementato
in modo significativo la propria politica di sostegno alle attività comuniste
e anti-americane negli altri paesi dell'America Centrale". Uno degli esempi
più significativi citati era una presunta donazione di 300.000 dollari
a José Figueres.
Come abbiamo già spiegato, José Figueres fu il fondatore della
democrazia in Costarica ed una delle più importanti personalità
democratiche del Centro America. Nonostante avesse collaborato senza riserve
con la Cia, avesse definito gli Stati Uniti "il baluardo della nostra causa"
e fosse considerato dall'ambasciatore americano in Costarica "la migliore
agenzia di pubblicità che la United Fruit Company possa trovare in America
Latina", c'era in Figueres una punta di indipendenza, e pertanto non era
considerato altrettanto affidabile di Somoza e degli altri banditi al soldo
degli Usa.
Nella retorica politica degli Stati Uniti, tale indipendenza lo rendeva un possibile
"comunista". E pertanto se il Guatemala gli prestava del denaro per
aiutarlo a vincere le elezioni, ciò stava a dimostrare che il Guatemala
appoggiava i comunisti.
Quel che è peggio, continua la nota della Cia, è che le "politiche
estremiste e nazionaliste" del governo democratico capitalista, tra cui
la "persecuzione degli interessi economici stranieri, soprattutto quelli
della United Fruit Company", si erano conquistate "il sostegno o almeno
l'acquiescenza di quasi tutti i guatemaltechi". Quel governo stava inoltre
"mobilitando la classe contadina fino ad oggi politicamente inerte",
mettendo in crisi il potere dei grandi proprietari terrieri.
Inoltre, la rivoluzione del 1944 aveva suscitato "un forte movimento nazionale
impegnato nella liberazione del Guatemala dalla dittatura militare, dall'arretratezza
sociale e dal "colonialismo economico", cioè dai modelli dominanti
del passato"; aveva "ispirato la lealtà ed era in sintonia
con gli interessi dei cittadini dotati di una qualche coscienza politica".
La situazione peggiorò ulteriormente quando una riuscita riforma agraria
iniziò a minacciare la "stabilità" del paesi vicini,
alle cui sofferenti popolazioni non erano sfuggiti gli avvenimenti guatemaltechi.
In breve, la situazione era piuttosto terrificante. Pertanto la Cia mise in
atto un colpo di stato, pienamente riuscito. Il Guatemala fu trasformato nel
mattatoio che è ancor oggi, grazie ai reiterati interventi americani
scattati ogni volta che qualcuno abbia minacciato di uscire dal seminato.
Prima della fine degli anni '70, il fatto che le atrocità avessero oltrepassato
la già terribile norma suscitò qualche protesta verbale. Tuttavia,
contrariamente a quanto molti credono, gli aiuti militari al Guatemala continuarono
ad affluire praticamente nella stessa misura anche sotto l'amministrazione "dei
diritti umani" del presidente Carter. Nella difesa della medesima causa
furono reclutati anche gli alleati - primo fra tutti Israele, considerato un
elemento strategico anche grazie alla sua fortunata gestione del terrorismo
di stato.
Sotto Reagan, l'entusiasmo per il quasi-genocidio in atta in Guatemala raggiunse
toni assolutamente estatici. Il più estremista degli Hitler guatemaltechi
appoggiati dagli Usa, Rios Montt, venne elogiato da Reagan come un uomo completamente
dedicato alla democrazia. All'inizio degli anni '80 gli amici di Washington
massacrarono decine di migliaia di concittadini, la maggior parte dei quali
erano indios delle montagne, mentre innumerevoli altri furono torturati e depredati.
Gli abitanti di intere, vaste regioni furono decimati.
Nel 1988 la sede di un quotidiano gautemalteco, La Epoca, fu fatta saltare in aria dai terroristi governativi poco dopo la sua apertura. A quell'epoca i media americani erano molto preoccupati perché il giornale sostenuto dagli Usa in Nicaragua, La Prensa, che chiedeva apertamente il rovesciamento del governo e che sosteneva l'esercito terrorista guidato dagli Stati Uniti, era stato costretto a sospendere le pubblicazioni per un paio di numeri, a causa della penuria di carta. Ciò scatenò un'ondata di proteste, sul Washington Post e su molti altri giornali, contro l'oltraggio e l'abuso commessi dal totalitarismo sandinista.
Dall'altra parte, la distruzione di La Epoca non sollevò alcun interesse
e non venne nemmeno riportato dalla nostra stampa, benché i giornalisti
americani ne fossero perfettamente al corrente. Naturalmente non c'era da aspettarsi
che i media americani facessero rilevare che le forze di sicurezza pagate dagli
Usa avevano ridotto al silenzio l'unica, debolissima voce indipendente che aveva
cercato, poche settimane prima, di farsi sentire in Guatemala.
Un anno dopo, un redattore di La Epoca, Julio Gordoy, che dopo l'attentato alla
redazione era fuggito all'estero, rientrò in patria per una breve visita.
Tornato poi negli Stati Uniti, mise a confronto la situazione del Centro America
con quella dell'Europa dell'Est. Gli europei del Patto sono "più
fortunati dei centroamericani", scrisse Godoy, perché:
"mentre il governo imposto da Mosca a Praga degradava ed umiliava i riformisti, il governo creato da Washington in Guatemala li ammazzava. Anzi, lo fa ancora, in un vero e proprio genocidio che ha causato oltre 150.000 vittime [attuando quello che Amnesty International chiama] "un programma governativo di omicidi politici"".
La stampa, o si adegua oppure, come nel caso di La Epoca, scompare: "Si è tentati di credere - continua Godoy - che qualcuno alla Casa Bianca adori gli idoli aztechi, e offra loro sangue centroamericano". Godoy cita infine le parole di un diplomatico dell'Europa Occidentale: "Finché gli americani non cambieranno atteggiamento nella regione, non ci sarà spazio per la verità e la speranza".