PARTE TERZA.
LA STESSA VECCHIA STORIA.
Capitolo 9.
NUOVI FARDELLI PER L'UOMO BIANCO.
Il sistema messo in piedi dalle istituzioni statali e dalle grandi imprese ha sempre destinato notevoli sforzi e risorse per rendere consapevole la 'plebaglia' dei suoi desideri e bisogni, un compito sempre difficile, fin dal giorno in cui i contadini furono trasformati in lavoratori salariati e consumatori. Molti di loro rimasero immersi nella più oscura ignoranza e superstizione, arrivando alle volte a dar credito alle parole di furfanti come Uriah Stephens, fondatore e primo gran maestro dei Cavalieri del Lavoro, il quale nel 1871 indicò come obiettivo dei lavoratori "la completa emancipazione dei produttori di ricchezza dalla soggezione e inferiorità della schiavitù salariata", un concetto che si può far risalire ai principi del liberalismo classico. Molti consideravano la condizione del 'lavoro libero' come un "sistema di dipendenza altrettanto assoluto della schiavitù, anche se meno degradante di quello che più tardi avrebbe prevalso nel Sud", come un giornalista del "New York Times" descrisse la nuova era in cui i 'capitalisti manifatturieri' erano divenuti i nuovi padroni (17).
Anche oggi, dopo un secolo di intensi sforzi da parte dei manager della cultura ufficiale, la popolazione spesso non riesce a percepire i suoi bisogni nascosti. Il dibattito sulla sanità è un'utile esempio del problema. Prendiamo un grande articolo del "Boston Globe" di Thomas Palmer, un liberal. Il giornalista inizia con il dato che quasi il 70% degli americani preferirebbe un sistema sanitario stile canadese - una cifra sorprendente, dato che questo socialismo retrogrado regolarmente viene denunciato come anti-americano. Ma l'opinione pubblica, spiega Palmer, si sbaglia per due motivi.
Il primo è tecnico e fu chiarito dal presidente Bush, il quale "sottolineò l'importanza di evitare i problemi burocratici dei sistemi sanitari estesi a tutti, come quello canadese". Bush, scrisse il corrispondente del "New York Times" Robert Pear, "accusa il candidato democratico di favorire un sistema statalista con elementi sovietici", un "servizio sanitario nazionale a tradimento" nelle parole del consigliere del presidente Gail Wilensky. Questa è "un'accusa che il signor Clinton e gli altri democratici negano", aggiunse Pear con l'obiettività giornalistica necessaria, mantenendo l'equilibrio tra le accuse di criptocomunismo e le rabbiose smentite. Negli Usa è scontato che i sistemi sanitari comunisteggianti, del tipo che troviamo in tutto il mondo industrializzato tranne che negli Stati Uniti (ed in Sudafrica), siano inefficienti. Di conseguenza, è irrilevante il fatto che il sistema sanitario privato americano, estremamente burocratico, sia invece di gran lunga più inefficiente. Per esempio, non è affatto rilevante che la "Blue Cross" del Massachussets abbia 6680 dipendenti, assai più di quelli che lavorano nei programmi sanitari canadesi che assicurano un numero di persone dieci volte superiore; oppure il fatto che negli Usa la percentuale dei costi amministrativi sul budget della sanità è il doppio di quella nel Canada. La logica non può essere confutata con i soli dati di fatto, con quel che avviene in concreto alla popolazione, nelle parole di Hegel alle 'esistenze negative, senza valore'.
Più interessante è la seconda ragione addotta per contestare la validità dei sistemi sanitari di tipo canadese, una ragione, continua Palmer, di ordine 'spirituale'. A nord ed a sud del confine tra gli Stati Uniti e Canada ci sono "diverse visioni del mondo", "differenze teoriche che gli studiosi delle due nazioni individuano nella psiche dell'americano e del canadese medio". Le ricerche di questi acuti accademici ci dicono che il sistema canadese porterebbe "ad un tipo di razionamento dell'assistenza sanitaria che gli americani non accetterebbero mai... Il sistema Usa seleziona sulla base dei prezzi; se te li puoi permettere, quei servizi sono a tua disposizione. I canadesi invece forniscono le stesse cure mediche a tutti e quelli che vogliono dei trattamenti particolari, o meno urgenti, devono aspettare".
Ovviamente, questo non sarebbe in sintonia con "l'impazienza americana", spiega uno "studioso delle due nazioni". Immaginiamo, dice l'esperto, che "anche il più povero possa avere un letto in ospedale e riceva le medesime cure del più ricco tra i membri della sua comunità. Non importa quante conoscenze o quanti soldi abbiate, non potrete ottenere un trattamento migliore". Gli americani non accetterebbero mai un sistema simile, ci assicura lo studioso (guarda caso, il presidente di una ditta di consulenza nel settore sanitario). Altre intuizioni sulla psiche statunitense ci vengono dal vicedirettore di un consorzio per l'assistenza sanitaria privata (18).
A suo parere i cittadini americani che si sono detti favorevoli all'adozione di un sistema sanitario di tipo canadese (oltre il 70% della popolazione), dimostrando così di non rendersi conto dei loro desideri più profondi, non costituirebbero un campione attendibile. Logica conclusione dal momento che non si tratta di studiosi della psiche americana, ma di persone alle quali, come tutti sanno, va insegnato a riconoscere i propri reali bisogni.
Note:
N. 17. Krause, "Battle", p. 82-3.
N. 18. Palmer, "Boston Globe", 9 febbraio. Pear, "New York Times",
12 agosto 1992. Dati di Nancy Watzman, "Multinational Monitor", maggio
1992.