PARTE QUARTA.
AMNESIE OCCIDENTALI.
Capitolo 10.
QUANDO SI UCCIDE LA STORIA.
Mancavano alcuni mesi alla fine del cinquecentesimo anno della Conquista quando
sulla prima pagina della "Times Book Review" apparve un articolo così
titolato: "La storia non si può uccidere". L'articolo-recensione
dedicato a sostenere questa tesi si limitava a citare un solo esempio, quello
dell'Urss: "Nella vecchia Unione Sovietica la storia era come un cancro
nel corpo umano, una presenza invisibile la cui esistenza veniva duramente negata
ma per eliminare la quale si ricorreva ad ogni mezzo disponibile". Un chiaro
esempio di 'questa malattia del corpo politico sovietico' era costituito dal
tentativo di cancellare dalla storia l'assassinio dello Zar e della sua famiglia,
portato avanti da "quei potentissimi funzionari sovietici che avevano il
compito di sopprimere la memoria pubblica di questo raccapricciante episodio"
ma che, alla fine, "non poterono comunque fermare il cambiamento"
(1).
La "Times Book Review", nella sua riflessione, ha però tralasciato
molti altri tentativi di 'uccidere la storia' che vengono subito alla mente,
particolarmente in questi momenti. Per convenzione si sa che i decennali, e
gli anniversari in generale, danno l'occasione di riflettere sul significato
della storia e sulle domande che pone; e forse anche sugli eventi cancellati
dai suoi guardiani ufficiali i quali, in ogni società, sono attenti solamente
alle colpe dei 'nemici ufficiali'. Seguendo questa consuetudine ed esaminando
alcuni degli anniversari caduti nel '92, 500esimo anno della Conquista, possiamo
imparare qualcosa su noi stessi e, in particolare, sulle fondamenta della cultura
ufficiale dell'Occidente, un tema molto importante, viste la violenza, l'oppressione
e la menzogna che ne sono alla base .
Note:
N. 1. Frederick Starr, "New York Times Book Review", 19 luglio 1992.