PARTE TERZA.
LA STESSA VECCHIA STORIA.
Capitolo 7.
VECCHI E NUOVI ORDINI MONDIALI.
Sarebbe però un po' ingiusto attribuire al Brasile il primato per la schiavitù, le uccisioni e lo sfruttamento dei bambini; dopo tutto, si tratta del 'colosso del Sud', quindi vi sono maggiori opportunità ed i numeri sono più grandi. In effetti, quella storia si ripete un po' ovunque in tutto il continente. Prendiamo il Guatemala, un altro paese ricco di risorse nel quale il capitalismo, dopo che gli Usa ne ripresero il controllo nel 1954, aveva ottime possibilità di successo - si tratta di un altro caso che dovrebbe farci sentire pieni di orgoglio per i risultati raggiunti, così validi se messi a confronto con le rovine lasciate dall'ignobile nemico comunista.
Il Guatemala, secondo l'Unicef, adesso può vantare un livello di malnutrizione infantile più alto di quello di Haiti. Il Ministero della Sanità riferisce che il 40% degli studenti soffrono di malnutrizione cronica, mentre 2,5 milioni di bambini (in questo paese di nove milioni di abitanti) patiscono tali maltrattamenti da essere indotti ad abbandonare gli studi e a diventare dei criminali; 250 mila di loro sono diventati orfani a causa della violenza politica. Le condizioni in cui vivono i bambini del Guatemala non sorprendono se si considera che: l'87% della popolazione è al di sotto della soglia di povertà (rispetto al 79% del 1980), il 72% non può permettersi un'alimentazione appropriata (nel 1980 era il 52%), sei milioni di cittadini non usufruiscono dell'assistenza sanitaria, 3,6 milioni non hanno acqua potabile, e che infine c'è un continuo aumento della concentrazione della proprietà terriera (tanto che ora il 2% della popolazione controlla il 70% della terra). Il potere d'acquisto dei salari nel 1989 era al 22% del livello del 1972 e, con l'intensificarsi delle misure neoliberiste degli anni '80, tendeva ancora a calare.
Non è necessario quindi soffermarsi sulle stragi di massa, il genocidio delle popolazioni negli altipiani, le sparizioni, le torture, le mutilazioni ed altri elementi tipici delle vittorie del 'mondo libero'; anche se bisogna ammettere che in Guatemala la benevolenza imperiale è stata forse eccessiva. La ricordiamo a grandi linee. Il terrore iniziò all'indomani del colpo di stato militare del '54, diretto dagli Usa, che rovesciò il precedente governo democratico capitalista e riformista. Circa 8000 contadini furono assassinati in due mesi nel corso di una campagna di terrore che prese di mira particolarmente i sindacalisti della "United Fruit Company" ed i capi dei villaggi indiani. Mentre Washington si dedicava a fare del Guatemala 'un modello di democrazia', l'ambasciata Usa partecipò a quelle operazioni con notevole fervore, fornendo elenchi di 'comunisti' da eliminare o da incarcerare e torturare. Per crimini non dissimili, i Khmer Rossi sarebbero stati condannati per genocidio. Il terrore di stato aumentò nuovamente negli anni '60, con il coinvolgimento diretto degli Usa, e di nuovo alla fine degli anni '70, raggiungendo rapidamente nuovi livelli di barbarie. Più di 440 villaggi furono distrutti e oltre 100 mila civili assassinati o "desaparecidos", 150 mila secondo la chiesa ed altri organismi per i diritti umani; tutto ciò con il sostegno entusiasta dell'amministrazione Reagan. In quegli anni furono distrutte, in una frenetica ed irreversibile devastazione ecologica, vastissime zone degli altipiani. L'obiettivo del governo era quello di impedire la ripresa di fenomeni di organizzazione popolare o di mera aspirazione alla libertà o alle riforme sociali. Il numero dei morti, da quando gli Usa ripresero il controllo del paese nel '54, si aggira intorno ai 200 mila civili uccisi o 'scomparsi', mentre sugli altipiani vi è stato un vero genocidio, se la parola ha ancora un significato. Ma la cosa più sorprendente è che, in un meraviglioso trionfo dello spirito umano, organizzazioni popolari e leader locali continuino ancor oggi la loro lotta contro il neonazismo ispirato dagli Usa (20).
Il terrorismo statale non si ferma, ma gli Usa e l'Occidente non sembrano prestarvi molta attenzione. La relazione dell'Ufficio per i diritti umani dell'Arcivescovado ha denunciato almeno 399 omicidi nella prima metà del 1992, molti dei quali sono 'esecuzioni extragiudiziali' delle forze di sicurezza e dei loro sostenitori. "Ogni giorno si registrano dozzine di violazioni dei diritti costituzionali". Il terrore ha un suo ruolo ben preciso nel programma economico neoliberista. "Venti sindacalisti fuggirono in esilio nel 1991 a causa delle minacce di morte contro di loro e le loro famiglie", sostiene il rapporto annuale sui diritti umani del Dipartimento di Stato. Quando i lavoratori della compagnia "Usa Phillips-Van Heusen" tentarono, nel 1991, di formare un sindacato legalmente riconosciuto ebbero in risposta minacce di morte, un aumento dei carichi di lavoro e l'uccisione di uno degli organizzatori. Il tutto come deterrente verso qualsiasi tentazione di rimettere in discussione le condizioni di lavoro che permettono agli stabilimenti per l'abbigliamento di proprietà straniera di contribuire al 'miracolo economico' guatemalteco: salari di meno di 2 dollari per 16 ore di lavoro in magazzini soffocanti con pochi ventilatori e le uscite chiuse a chiave, abusi fisici e sessuali, secondo una protesta inoltrata dai sindacati statunitensi all'"U.S. Trade Representative Office" (21).
In quanto al 'modello di democrazia', le elezioni politiche furono fissate per il 1963, ma vennero impedite da un colpo di stato militare appoggiato dall'amministrazione Kennedy, il cui obiettivo era di impedire la partecipazione di Juan José Arévalo, il fondatore della democrazia guatemalteca già eletto nel 1945 dopo il rovesciamento della dittatura Ubico, anch'essa sostenuta dagli Usa. Con le elezioni del 1966 i militari estesero il loro controllo a tutto il paese e dettero vita ad un'altra ondata di terrore. Le elezioni del 1985 furono dichiarate dall'ambasciata Usa come "la tappa finale del ripristino della democrazia nel Guatemala". Quelle del 1990 finirono in un pareggio tra due candidati neoliberali di destra, i quali in tutto riuscirono ad ottenere il 30% dei voti (contando quelli validi). Al secondo ballottaggio, in cui vinse Jorge Serrano, le astensioni furono ancora maggiori.
Tralasciando questi successi Usa, le condizioni di vita della popolazione guatemalteca sono il risultato di un altro esperimento pienamente riuscito: quello del modello di sviluppo introdotto dai consulenti Usa dopo il colpo di stato del 1954 che mise fine ad un intervallo di dieci anni di democrazia capitalista. Mentre la repressione creava una migliore atmosfera per gli investimenti, i programmi economici orientati a promuovere le esportazioni portarono ad una rapida crescita della produzione di derrate agricole e di carne di manzo, con la relativa distruzione delle foreste e dell'agricoltura tradizionale, un forte aumento della fame e della miseria in generale, la conquista del primato mondiale per la presenza di D.D.T. nel latte materno (185 volte i limiti fissati dall'Organizzazione Mondiale per la Sanità) ed ottimi profitti per le industrie agricole Usa e le affiliate locali. Le nuove industrie di assemblaggio stanno avendo gli stessi risultati, mentre i piani economici, sotto la guida dei consulenti statunitensi, ne stanno amplificando gli effetti.
Non meno prevedibilmente quando, nel suo discorso al Congresso del gennaio 1992, il presidente Serrano dichiarò che i risultati del programma economico neoliberista (incluso un aumento del 100% della spesa militare per il 1992) configuravano un vero 'miracolo economico', i commentatori occidentali applaudirono sperando in ulteriori trionfi della democrazia capitalista.
Ricordiamo tra l'altro che in Guatemala le vittime del terrore sono soprattutto i popoli indigeni che rappresentano più di metà della popolazione. Le loro sofferenze iniziarono molti secoli fa. "Mai prima della conquista [spagnola]", scrive Susanne Jonas, "gli indiani avevano sofferto quelle privazioni sistematiche che hanno caratterizzato il Guatemala dal 1524", e "anche se le cifre di Bartolomé de Las Casas, 4-5 milioni di indiani uccisi tra il 1524 e il 1540, potrebbero sembrare esagerate, la sua denuncia è accurata. Dai due terzi ai sei settimi della popolazione indiana del Centroamerica e del Messico morirono tra il 1519 e il 1650" (22).
La schiavitù infantile è stata da tempo documentata nelle zone tradizionalmente al servizio dell'Occidente. Solo in India vi sono 14 milioni di lavoratori bambini, dai sei anni in su, molti dei quali lavorano fino a 16 ore al giorno in condizioni praticamente di schiavitù. Come sempre, questo fenomeno riflette le più generali condizioni di vita della popolazione. Un'inchiesta fatta da un importante periodico indiano su "una delle regioni più fertili e produttive dell'India meridionale" descrisse "una situazione che offre sempre minori possibilità, ma desolazione e disperazione - mentre aumentano sempre più le probabilità di morire" per fame e suicidio, con almeno 73 tessitori morti d'inedia in soli due mesi del 1991. Il deteriorarsi delle condizioni di vita di quelle zone deriverebbe "dalla frenetica spinta alle esportazioni" e dalla parallela "strategia di tassare i poveri e sostenere i ricchi"; politiche che si accelereranno con i programmi di aggiustamento strutturale elaborati dal Fondo Monetario Internazionale, la cui attuazione ha valso all'India notevole plauso (23).
Non meno nota la situazione in Tailandia, un paese che se da tempo è accusato da organismi internazionali e locali per gravi violazioni dei diritti umani, in Occidente viene invece visto come un altro 'successo del capitalismo'. La stampa di Bangkok offre testimonianze strazianti. Lo specialista per i problemi cambogiani, Michael Vickery, ne cita qualche esempio, come il caso di un certo numero di adolescenti "liberati... da una fabbrica dove sarebbero stati chiusi per lavorare come schiavi e dove venivano torturati", legati e picchiati quando, dopo turni di 18 ore, erano troppo stanchi per continuare a lavorare; o ancora quello di diciotto bambine, tra i 12 ed i 14 anni, salvate da uno stabilimento tessile dove lavoravano 15 ore al giorno "per una paga quasi nulla"; oppure la vicenda delle adolescenti in fuga dalla povertà nel nord-est costrette a lavorare nelle fabbriche o nei bordelli per i turisti europei e giapponesi. Un importante studioso tailandese di scienze politiche aggiunge:
"In Tailandia, ogni tanto sentiamo storie di bambini piccoli venduti come schiavi dai loro genitori impossibilitati a pagare i debiti. Questi giovani servi lavorano in condizioni durissime... e per molti la schiavitù si prolungherà ancora quando i genitori avranno un altro prestito dal padrone. [Giovani ragazze] sarebbero costrette a lavorare in fabbriche non regolarmente registrate presso il Ministero dell'Industria... anche di nove anni - esse sarebbero letteralmente chiuse a chiave in fabbrica dal padrone fino a 12 ore al giorno... quelle che si lamentano o tentano la fuga sono punite duramente".
Tragedie queste che si aggiungono alla 'normale' miseria ed al brutale sfruttamento al quale sono soggetti milioni di poveri.
"Anno dopo anno, molti episodi del genere sono stati riportati dalla stampa tailandese", osserva Vickery, "e malgrado le autorità si mostrino ogni volta scandalizzate, nessuno prende mai seri provvedimenti. La ragione di ciò sta nel fatto che queste atrocità, non si possono definire altrimenti, sono parte integrante del modello capitalista tailandese" - e più in generale dei 'miracoli economici' che costituiscono i 'successi del capitalismo'. Si tratterebbe quindi di una 'ironia della sorte', come quella denunciata con durezza da Vickery che vede la Cambogia ed il Vietnam, tormentati e soffocati dalla guerra economica Usa, mentre la Tailandia continua a ricevere ingenti aiuti: "Ciò nonostante i contadini vietnamiti ottengono un sempre maggior controllo sulla terra e sui suoi prodotti, e quelli tailandesi l'hanno invece perso ed i loro figli sono costretti a forme di sfruttamento che non sono mai state rilevate in Vietnam dal 1975, neanche dagli osservatori più ostili" (24).
Tornando ai 'successi del capitalismo' nella regione latinoamericana, ricordiamo quanto scrisse in un periodico della chiesa peruviana il giornalista uruguayano Samuel Blixen, secondo il quale a Città del Guatemala, la maggior parte dei 5000 bambini di strada si prostituiscono. Nel settembre del 1990, furono trovati tre corpi di ragazzini ai quali erano state tagliate le orecchie e cavati gli occhi, come avvertimento di quel che sarebbe successo ai testimoni sulla violenza ai bambini da parte delle forze di sicurezza, in divisa o senza. In Perù, i bambini sono venduti al miglior offerente per cercare l'oro; secondo una giovane contadina riuscita a fuggire, i bambini lavorano 18 ore al giorno con l'acqua fino alle ginocchia e sono pagati con una razione giornaliera appena sufficiente a mantenerli in vita. A Guayaquil, Ecuador, circa 100 mila bambini tra i 4 ed i 14 anni lavorano con turni di 10-12 ore per salari minimi, molti di loro sono vittime di abusi sessuali. Significativo il fatto che "a Panama, il Tribunale per la Protezione dei Minori sia stato bombardato durante l'invasione Usa del 1989, e abbia dovuto cessare le sue l'attività. In seguito all'invasione, il numero dei gruppi criminali che derubavano i negozi alla ricerca di cibo è aumentato", e circa il 45% di questi furti è attribuito a bambini che usano armi rubate ai militari. L'Unicef conferma queste tendenze su scala generale e sostiene che 69 milioni di bambini nell'America Latina sopravvivono con lavori umili, furti, narcotraffico e prostituzione. Secondo un rapporto dei ministri della sanità dei paesi centroamericani del novembre del 1991, ogni anno nel Centroamerica muoiono di malnutrizione 120 mila bambini con meno di cinque anni (nello stesso periodo ne nascono un milione), e due terzi dei sopravvissuti soffriranno per le conseguenze della fame.
"Fino a poco tempo fa", scrive Samuel Blixen, "l'immagine classica del bambino latinoamericano abbandonato era quella del ragazzino cencioso che dorme in un portone. Oggi la realtà è quella di un corpo straziato, scaricato nelle baraccopoli delle periferie - e si tratta di coloro che sono riusciti a sopravvivere fino a quel momento" (25).
Un importante periodico messicano riporta uno studio di Victor Carlos Garcia Moreno, dell'Istituto per la Ricerca Giuridica all'Università Autonoma del Messico ("Unam"), presentato ad una conferenza sul "Traffico internazionale di bambini" a Città del Messico. Moreno ha rilevato che ogni anno circa 20 mila bambini vengono mandati in Usa illegalmente "per il traffico illecito di organi, per lo sfruttamento sessuale o per ricerche sperimentali". Il principale quotidiano del Messico, l'"Excelsior", scrive: "Un altro aspetto della violenza sui minori [in Guatemala] riguarda l'esistenza di varie 'culle mangiatoia' illegali con lo scopo di far 'ingrassare' i neonati, poi mandati all'estero per vendere i loro organi negli Stati Uniti ed in Europa". Un professore di teologia dell'Università di San Paolo (Brasile), padre Barruel, ha informato l'Onu che "il 75% dei corpi [dei bambini assassinati] presentano mutilazioni interne e la maggior parte di essi non ha più gli occhi". Il presidente del Consiglio episcopale dell'America Latina, l'arcivescovo Lopez Rodriguez di Santo Domingo, dichiarò nel luglio del 1991 che la Chiesa "sta indagando su tutte le accuse riguardanti la vendita di bambini per adozioni illegali o la vendita di organi".
Numerose sono state le denuncie di bambini rapiti a questo scopo in America Latina e, al di là della loro veridicità, il fatto che vengano prese sul serio sia dalla stampa che dai ricercatori accademici e dalle agenzie governative, la dice lunga su quali siano le condizioni di vita dei ragazzi in quelle regioni (26).
Analoga la situazione di altre creature 'superflue'. Il "British Medical Journal" ha scritto di un'indagine giudiziaria argentina che ha portato all'arresto del direttore di un ospedale psichiatrico pubblico, di medici, uomini d'affari ed altri, in seguito alla scoperta, tra molti altri crimini, di "prove sul traffico di organi umani". L'agenzia "France Press" riporta come "gli argentini fossero esterrefatti per le allucinanti rivelazioni su quegli orrori come il traffico di cornee, sangue, neonati, contrabbando e corruzione, verificatisi per più di un decennio in quell'ospedale, e per la scoperta in Uruguay di un "gruppo di contrabbandieri di organi capeggiati da argentini". "Il traffico di bambini e di organi esiste", ha ammesso da parte sua il ministro della Sanità argentino.
Un'idea assai originale fu messa in pratica in Colombia, dove i guardiani di una scuola di medicina assassinavano dei poveri per poi venderne i cadaveri destinati alle esercitazioni degli studenti; alcuni rapporti hanno precisato che prima di ucciderli, i custodi sottraevano alle loro vittime gli organi che potevano essere venduti sul mercato nero. Questi fatti, comunque, non fanno molta impressione in un paese come il Guatemala dove le violazioni dei diritti umani, delle quali sono responsabili le forze di sicurezza a lungo finanziate e rifornite dagli Usa, sono tra le più gravi e diffuse nel continente; forze di sicurezza che recentemente hanno cominciato a ricevere una gran parte degli aiuti militari statunitensi destinati alla regione. Come altrove, le vittime di mutilazioni, torture ed assassinii sono soprattutto preti, sindacalisti, uomini politici e tutti coloro che tentano di difendere i poveri, dar vita a cooperative, o che in qualche modo si qualificano come 'sovversivi', intralciando il modello economico neoliberista messo in pratica dal governo, secondo le istruzioni degli Usa e della Banca Mondiale (27).
Questi progetti di sviluppo hanno avuto anche altre conseguenze come, ad esempio, il vasto fenomeno dell'avvelenamento da pesticidi registratosi in alcuni dei pochi angoli della 'nostra piccola regione' che, per un po', erano sfuggiti all'impatto mortale delle dottrine neoliberiste. In Costa Rica, "i pesticidi legalmente in commercio - molti dei quali importati dagli Usa - stanno producendo gravi danni alla salute della gente, provocando lesioni e, in alcuni casi, anche la morte", scrive Christopher Scanlan sul "Miami Herald" da Pitahaya, dove un lavoratore agricolo quindicenne era appena morto avvelenato da un prodotto altamente tossico della "American Cyanamid". Il cimitero del villaggio di Pitahaya, continua Scanlan, "è un simbolo sinistro delle morti causate da pesticidi che, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, sono circa 220 mila l'anno", insieme a 25 milioni di episodi annuali di infermità, incluse lesioni neurologiche croniche; gli indiani Guaymi, che muoiono avvelenati dai pesticidi mentre puliscono i canali di scarico nelle piantagioni di proprietà Usa in Costa Rica e Panama, difficilmente arriveranno al cimitero del villaggio. Più del 99% delle morti provocate da avvelenamento acuto da pesticidi avvengono in paesi del Terzo Mondo, i quali impiegano complessivamente il 20% dei prodotti chimici agricoli.
Con i "mercati interni chiusi" dai regolamenti a difesa della popolazione e dell'ambiente, "le imprese chimiche hanno convogliato queste sostanze, vietate nel Nord, verso il Terzo Mondo dove le leggi sono meno severe". Inoltre c'è anche da ricordare che le industrie hanno inventato nuovi pesticidi 'più volatili' che sono "generalmente molto più tossici" per i lavoratori agricoli e le loro famiglie, incluse alcune sostanze "che erano state sviluppate come gas nervini dai tedeschi prima della Seconda guerra mondiale". I medici del Costa Rica lanciarono un appello per l'eliminazione delle sostanze nocive dal mercato del Terzo Mondo ma, come afferma Scanlan: "L'amministrazione Bush era dalla parte dell'industria". Essa sosteneva che la soluzione di questi problemi non era tanto quella di intralciare il libero mercato (in parole povere, i profitti per i ricchi), ma piuttosto - spiega William Jordan dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente ("Epa") - "nel rendere la gente consapevole dei rischi" a cui si espone. Il progresso comporta dei problemi, ammette Jordan, ma "non lo si può semplicemente ignorare". Un dirigente dell'"American Cyanamid" ebbe modo di dichiarare: "La notte dormo tranquillo". E così fanno i politici e gli ideologi in generale, tranne quando il loro riposo viene disturbato dalle malefatte dei 'nemici ufficiali' con le loro dottrine retrograde (28).
Gli Stati Uniti non sono mai rimasti completamente soddisfatti del Costa Rica, malgrado la quasi completa sottomissione di San Josè ai desideri di Washington e delle imprese Usa. La socialdemocrazia costaricense ed il successo dello sviluppo guidato dallo Stato, unico di questo tipo nel Centroamerica, erano una costante fonte di irritazione per gli Usa. I timori di Washington si attenuarono negli anni '80, quando l'enorme debito estero ed altri problemi economici diedero al governo Usa la possibilità di spingere il Costa Rica verso quel 'modello centroamericano' così apprezzato dalla stampa, ma i Ticos ancora non sanno stare al loro posto. Le acque si agitarono di nuovo nel novembre del 1991, quando il Costa Rica rinnovò la sua richiesta di estradizione per il proprietario terriero Usa, John Hull, accusato sia di omicidio per le bombe a La Penca, che provocarono la morte di sei persone, che di narcotraffico ed altri crimini. Tutto ciò fu particolarmente irritante perché la richiesta venne fatta proprio mentre gli Stati Uniti stavano orchestrando una rumorosa campagna di pubbliche relazioni contro la Libia. Tripoli chiedeva infatti insistentemente, richiamandosi al diritto internazionale, di poter celebrare nei propri tribunali o in quelli di un paese o di un organismo neutrale, il processo ai due suoi cittadini accusati di terrorismo aereo di cui gli Usa pretendevano la consegna. Ma, grazie allo scrupoloso silenzio dei media sulla richiesta costaricense, la sfortunata coincidenza non creò alcun problema alla campagna dei media e di Washington contro la Libia.
Un altro dei crimini commessi dal Costa Rica fu quello di aver sequestrato
delle proprietà di cittadini americani. Un delitto per il quale il piccolo
paese centroamericano fu debitamente punito con il congelamento dei già
promessi aiuti economici Usa. Il caso più grave fu la confisca della
proprietà di un uomo d'affari Usa da parte del presidente Oscar Arias,
che la incorporò poi in un parco nazionale. Il Costa Rica offrì
un compenso, ma non sufficiente secondo Washington. La proprietà era
stata confiscata in seguito alla scoperta di una pista d'atterraggio illegale
usata dalla Cia per il rifornimento delle forze terroriste in Nicaragua sostenute
dagli Usa. Il sequestro ordinato da Arias senza compenso adeguato era un crimine
che naturalmente doveva essere punito da Washington - e passato sotto silenzio
dai media, soprattutto in un periodo in cui stavano inveendo contro il terrorismo
libico (29).
La sfacciataggine dei potenti lascia spesso senza parole.
Un giornalista del "Miami Herald" ha denunciato il "futuro di morte" che "incombe sul Centroamerica" dal momento che le sue foreste e quelle del Messico spariscono ad un ritmo "più rapido che in qualsiasi altra parte del mondo, ad eccezione dell'Africa Occidentale", tanto che forse potrebbero scomparire addirittura "nell'arco di una vita". La rapida distruzione dei boschi è opera dei contadini poveri, tagliaboschi e gente che cerca legna da ardere, ma "gli esperti danno la colpa del rapido disboscamento all'iniqua distribuzione delle terre in tutta la regione", compreso il Costa Rica che, non a caso, "vanta uno dei più alti ritmi di disboscamento del mondo". Un altro elemento determinante nella distruzione dell'ambiente è costituito dalla dottrina controinsurrezionale, di ispirazione statunitense, secondo la quale quando non si può controllare una popolazione, è necessario cacciarla dalle sue case e terre con massicci interventi militari. Il Comitato centroamericano per le risorse idriche ha inoltre ammonito che il disastro ecologico sta notevolmente impoverendo le riserve d'acqua. "Le più grandi lagune ed i fiumi che forniscono acqua alla popolazione stanno per essere distrutti dal continuo disboscamento dell'area" - ha dichiarato un alto funzionario dopo un incontro regionale del luglio del 1992 - e questo fenomeno sta anche "ostacolando la produzione di elettricità e quindi la potenziale crescita economica nella regione".
Tra le ragioni di questo disastro, scrive Tom Gibb dal Salvador, vi è il fatto che: "La concentrazione delle terre migliori in vaste piantagioni di caffè, cotone e zucchero di proprietà di una piccola élite ha costretto centinaia di migliaia di contadini ad accontentarsi di trarre sostentamento dai terreni scoscesi e marginali". La situazione in Salvador è così deteriorata che la legna da ardere potrebbe sparire entro il decennio ed il 90% dei fiumi è ormai contaminato. La distruzione totale dell'ambiente potrebbe essere evitata, ma ciò "richiederebbe un cambiamento nell'atmosfera politica che ha dominato il Salvador da decenni: i contadini hanno paura di organizzarsi e di lavorare in gruppo nel timore di essere classificati come 'sovversivi'" (30).
In termini realistici, i contadini sanno bene che nuovi tentativi di creare forti organizzazioni di base dei lavoratori susciterebbero un'altra ondata di torture e di stragi, finanziate dagli Usa, allo scopo di impedire qualsiasi ingerenza da parte delle popolazioni locali nell'attuazione pratica dei nostri sommi ideali del liberismo economico per il Terzo Mondo.
Una ricerca sull'economia del Costa Rica del "Washington World Resources Institute" ed il locale Centro per le Scienze Tropicali è arrivata alla conclusione che, ogni anno, il 5% del prodotto interno lordo "sparisce [con le foreste] senza lasciare traccia" e che, negli ultimi 20 anni, la distruzione delle risorse naturali ha derubato il paese di quasi il 30% della sua crescita potenziale. Se si prendono in considerazione questi elementi, un quarto del tasso di crescita ufficiale nel Costa Rica dal 1970 al 1989 scompare nel nulla (31).
Tutti questi effetti devastanti sono destinati ad aggravarsi con l'attuazione dei modelli neoliberisti. Questi vennero applicati al Costa Rica a partire dal 1985, prima quindi che nel resto della regione - comunque non si trattava che di varianti dei programmi economici tradizionalmente imposti dagli Usa. Dopo cinque anni di 'fondamentalismo capitalista' del Fondo Monetario Internazionale, la crescita prevista non si era materializzata mentre era aumentato notevolmente il disavanzo commerciale, alimentato soprattutto dalle importazioni di prodotti Usa; in quello stesso lasso di tempo il salario minimo aveva perso il 25% del suo potere d'acquisto ed il 37% dei lavoratori riceveva paghe ancora inferiori a quanto previsto dalla legge. Nel corso degli anni '80 il reddito medio familiare diminuì del 10%, ad eccezione di quelli dello strato più abbiente (il 5% della popolazione), mentre il potere d'acquisto dei lavoratori continuò a scendere costantemente. Secondo i dati del Ministero del Lavoro, sotto il governo neoliberista del presidente Calder¢n, la povertà è aumentata del 18% nel solo 1991, lasciando - sostiene un censimento del Ministero dell'Economia - il 35% delle famiglie costaricensi nell'impossibilità di soddisfare le loro esigenze di base. Il 1991 ha così registrato un notevole aumento del tasso di povertà, "una conseguenza - aggiunge un ricercatore - del tipo di riforme economiche attuate negli ultimi anni". "Un programma economico - sostiene il "Central America Report" (CAR) - che ha valso all'amministrazione Calder¢n gli elogi dei rappresentanti della Banca Mondiale e dell'"Usaid"" (32).
Eppure il Costa Rica è l'eccezione non la regola in Centroamerica, un caso a parte. Quando si esamina il 'modello di vita centroamericano', la situazione è assai peggiore. Nell'Honduras le misure economiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale "hanno provocato la disoccupazione di massa [dei due terzi della popolazione valida] e spinto l'inflazione alle stelle", con aumenti vertiginosi dei prezzi dei combustibili, cibo e medicinali (CAR). Il presidente Callejas ha ammesso che queste politiche hanno avuto "un effetto negativo per la maggior parte della popolazione"; ma, osserva il CAR, egli "è disposto a pagare questo prezzo per soddisfare le banche internazionali creditrici e per continuare a promuovere un'economia di libero mercato". Callejas ed i suoi soci, in realtà, non sono certo tra coloro che ne 'pagano il prezzo'. Nel Salvador, il 90% della popolazione vive in povertà e solo il 40% ha un impiego fisso. Il programma di aggiustamento strutturale del 1990 ha provocato il licenziamento di altre 25 mila persone, ha ridotto notevolmente le esportazioni e, malgrado l'aumento dei salari minimi, "il prezzo del sostentamento di una famiglia sorpassa di molto il reddito medio di un lavoratore". Interessante notare come quasi l'80% dei prestiti delle banche private siano andati alle grosse aziende mentre dei prestiti agricoli, il 60% è andato ai produttori di caffè e solo il 3% ai piccoli produttori di cereali. Le riserve sono aumentate, riferisce la Banca Centrale, ma non a causa delle misure di austerità; piuttosto sono il frutto dei 700 milioni di dollari mandati in patria dai salvadoregni emigrati, molti dei quali erano fuggiti dal terrorismo di stato dell'ultimo decennio. Quest'ultimo sarebbe così, in un certo senso, alla base del 'successo economico' del paese. Tra il 1992 ed il 1993 il terrore in Salvador è diminuito, ma non certo cessato. Il 31 luglio del 1992, un importante sindacalista di sinistra, Ivan Ramirez, venne ucciso da uomini non identificati nello stile degli squadroni della morte. Passeremo tra poco al Nicaragua (33).
Gli effetti del fondamentalismo capitalista del Fondo Monetario Internazionale, adesso somministrato con rinnovato fervore, "sono stati catastrofici" per il Centroamerica considerato nel suo complesso, riferisce il periodico gesuita "Envio". L'inflazione è aumentata. I disavanzi fiscali non sono calati come previsto, ma il prodotto interno lordo ha smesso di crescere con il 1985 e dal 1988 è anzi iniziato a calare. I salari reali sono scesi notevolmente ovunque, e la distribuzione dei redditi sta diventando ancor più iniqua di prima. "La parola 'sviluppo' è scomparsa dal vocabolario economico dell'America Latina" - anche se il 'profitto', per le isole di privilegio straniere e locali, è sulla bocca di tutti. Lo stesso avviene in altre zone del Sud. Durante una discussione sulle future conseguenze per l'India del programma di aggiustamento strutturale imposto dal Fondo Monetario Internazionale, due professori di economia dell'Istituto per le ricerche sullo sviluppo di Bombay, dopo aver esaminato i risultati di quelle politiche su scala mondiale, sulla base della "teoria e della recente storia economica dei paesi in via di sviluppo" arrivarono a questa inequivocabile conclusione: i programmi del Fondo Monetario Internazionale provocano "enormi stenti per i poveri ed i lavoratori" e "gravi danni per le economie dei paesi in via di sviluppo"; non meno evidenti sono i benefici che invece arrecano ai settori privilegiati ed ai loro soci stranieri che dirigono l'orchestra (34).
Note:
N. 20. Chomsky, "Turning the Tide"; "Manifacturing Consent".
Jonas, "Battle".
N. 21. "Excelsior", 21 luglio 1992. Shelley Emling, "Washington
Post", 1ø agosto 1992.
N. 22. Jonas, "Battle". David Santos, "Excelsior", 20 giugno
1992 ("Central America Newspak"). "Central America Report",
17 gennaio 1992. Florence Gardner, 'Guatemala's Deadly Harvest', "Multinational
Monitor", genn./febbraio 1991. "Report from Guatemala", primavera
1992. Sugli atteggiamenti del governo Usa verso la democrazia guatemalteca,
vedi Chomsky, "Deterring Democracy", cap. 3.6, 8.3, 12.5.
N. 23 Edward Gargan, "New York Times", 9 luglio 1992. "Frontline"
(India), 6 dicembre 1991.
N. 24. Vickery, 'Cambodia After the 'Peace'', m.s, (Penang, Malaysia dicembre
1991). Vedi il suo "Cambodia" per una discussione comparata della
Cambogia e la Tailandia. Per un piccolo esempio del flagello della schiavitù
infantile, vedi Chomsky, "Towards a New Cold War", p. 202, 283.
N. 25. Blixen, op. cit.; "Excelsior", Messico, 5 novembre 1991 ("Central
America Newspak").
N. 26. "Uno m s uno", 13 ottobre 1990. David Santos, "Excelsior",
20 giugno 1992. Pinero, op. cit.; 'Honduras: A Growing Market in children?',
"Central America Report", 5 giugno 1992. Vedi anche U.N. Economic
and Social Council, Commission on Human Rights, E/CN.4/Sub.2/1992/34, 23 giugno
1992. Chomsky, "Deterring Democracy", cap. 7.
N. 27. 'Argentina uncovers patients killed for organs', "B.M.J.",
estate 1992. A.F.P., 8 marzo 1992, citato in LANU, aprile-maggio 1992. Pinero
op. cit. Per altre informazioni sull'America Latina, vedi Chomsky, "Deterring
Democracy", p. 220-1. Sulla Colombia, anche Reuters, "Boston Globe",
3, 5 marzo 1992. Ruth Coniff, "Progressive", maggio 1992. Sul ruolo
Usa, vedi Chomsky, "Deterring Democracy", cap. 4.5.
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