PARTE PRIMA.
VINO VECCHIO IN BOTTIGLIE NUOVE.
Capitolo 1.
LA GRANDE IMPRESA DELLA CONQUISTA.
Il cinquecentesimo anniversario della Conquista, caduto nel 1992, ha posto pesanti interrogativi sulla morale e la cultura dei settori privilegiati delle società che dominano il mondo. Quesiti tanto più significativi in quanto in questi paesi, a cominciare dagli Usa, prima colonia dell'Europa a liberarsi dal dominio dell'impero britannico, secoli di lotte popolari hanno prodotto un certo grado di libertà, rendendo possibile l'esercizio del pensiero critico e dell'azione sociale. Dal modo in cui ci porremo di fronte a questi interrogativi deriveranno profonde conseguenze per il futuro del nostro mondo. Con l'11 ottobre del 1992 si è chiuso infatti il cinquecentesimo anno del Vecchio Ordine Mondiale, l'era di 'Colombo' o di 'Vasco de Gama', a seconda di quale dei due avventurieri votati al saccheggio si pensi sia arrivato prima. Un libro pubblicato in occasione di quell'anniversario la definisce invece come il 'Reich dei 500 anni', stabilendo una sorta di paragone tra i metodi e l'ideologia dei nazisti e quelli degli invasori europei che assoggettarono la maggior parte del mondo (1). L'elemento che ha caratterizzato il Vecchio Ordine Mondiale è stato il conflitto tra conquistatori e conquistati. Questo processo ha preso varie forme ed è stato chiamato in più modi: imperialismo, neocolonialismo, conflitto Nord-Sud, centro contro periferia, G-7 (i 7 paesi capitalisti più industrializzati) ed i loro satelliti contro il resto del mondo. Oppure, più semplicemente, la Conquista del mondo da parte dell'Europa.
Con il termine 'Europa', ci riferiamo ovviamente anche ad ex colonie, come gli Stati Uniti, che attualmente guidano questa nuova crociata. Il Giappone, da parte sua, sulla base di principi di tipo sudafricano, è ammesso nel club dei 'bianchi onorari', in quanto sufficientemente ricco per averne (quasi) i titoli. Il Giappone, va ricordato a questo proposito, fu una delle poche zone del Sud del mondo a sfuggire alla Conquista e, non a caso, ad entrare successivamente (trascinando con sé alcune delle sue ex colonie) nel club del Nord. Lo stretto rapporto tra indipendenza e sviluppo viene anche comprovato da quanto è avvenuto nell'Europa Occidentale, dove le aree di colonizzazione interna hanno avuto una sorte simile a quella dei paesi del Terzo Mondo: esempio classico è l'Irlanda, prima conquistata brutalmente e poi bloccata nel suo sviluppo da quelle dottrine del 'libero mercato' che vengono applicate selettivamente per garantire la subordinazione del Sud del mondo; politiche che oggi vengono chiamate 'aggiustamenti strutturali', 'neoliberismo', oppure 'i nostri nobili ideali', dal seguire i quali, noi del Nord, siamo comunque esentati (2).
"La scoperta dell'America e del passaggio verso le Indie Orientali attraverso il Capo di Buona Speranza, costituiscono i due maggiori e più importanti avvenimenti registrati nella storia dell'umanità", scrisse Adam Smith nel 1776. "La mente umana non può prevedere quali benefici, o quali sventure, deriveranno in futuro da questi grandi avvenimenti". Ma un osservatore onesto non poteva non vedere quanto era accaduto. "La scoperta dell'America... ha indubbiamente dato un decisivo [contributo al] benessere dell'Europa", continua Smith, "con l'apertura di nuovi ed inesauribili mercati" grazie ai quali si ebbe un forte sviluppo delle "forze produttive", dei "redditi e della ricchezza". In teoria, questo "nuovo insieme di scambi... avrebbe dovuto essere vantaggioso per il nuovo continente, così come certamente lo era stato per il vecchio". Ma le cose sono andate diversamente.
"La brutale ingiustizia degli europei ha trasformato un evento, potenzialmente benefico per tutti, in una rovinosa sventura per molti di quei paesi", scrisse Smith, rivelandosi come un antesignano professionista di quel crimine che, nella retorica dell'establishment culturale contemporaneo Usa, è stato chiamato con il termine 'correttezza politica'. Così continuava: "Per gli indigeni... delle Indie, sia orientali che occidentali, tutti i possibili benefici commerciali di quegli avvenimenti vennero annullati dalle terribili tragedie che ne seguirono". Gli europei ebbero la meglio grazie alla "forza delle armi" e "furono così in grado di commettere impunemente ogni sorta di ingiustizia in quei lontani paesi".
Smith non fa comunque cenno agli indigeni che abitavano nel Nordamerica: "In America non vi erano che due nazioni [Perù e Messico] sotto ogni aspetto superiori ai selvaggi, e queste vennero annientate non appena scoperte. Nel resto del continente non vi erano che selvaggi". Un punto di vista, questo, assai conveniente per i conquistatori britannici e rimasto a lungo in voga, persino a livello accademico, finché il risveglio culturale degli anni '60 non aprì finalmente gli occhi a molti.
Più di mezzo secolo dopo, Hegel tornò ad occuparsi degli stessi argomenti nelle sue lezioni sulla filosofia della storia, traboccanti di fiducia per l'avvicinarsi della "fase finale della Storia del Mondo", quando lo Spirito avrebbe raggiunto "la sua piena maturità e "potenza"" nel "mondo "tedesco"". Parlando dall'alto della sua autorità, Hegel spiega che l'America indigena era "fisicamente e psichicamente impotente" e la sua cultura così limitata che "dovrà scomparire non appena lo Spirito le si sarà avvicinato". Per queste ragioni "gli aborigeni... svanirono al primo soffio della presenza europea". "Un'indole mite e fatalista, una completa mancanza di iniziativa ed una forte tendenza ad essere sottomessi... sono queste le caratteristiche principali degli indigeni americani", talmente "indolenti" che, quando erano sotto la premurosa autorità dei frati, "quest'ultimi a mezzanotte dovevano suonare una campana per ricordare loro persino i doveri coniugali". Secondo Hegel quegli indigeni erano inferiori perfino al 'Negro' visto come "l'uomo naturale nel suo stato completamente selvaggio ed indomito", il quale non ha alcun "senso del rispetto e della morale - che per noi sono i sentimenti"; cosicché "in questi esseri non vi è nulla che abbia a che fare con l'umanità...". Inoltre: "Presso i Negri i sentimenti morali sono assai deboli, o più precisamente inesistenti". "I genitori vendono i propri figli e, viceversa, i figli i loro genitori, a seconda di chi ne abbia l'opportunità" e "la poligamia dei Negri ha spesso l'unico obiettivo di avere molti figli da vendere tutti, senza eccezioni, come schiavi". Si tratterebbe quindi di creature a livello di "semplici Cose, oggetti senza alcun valore". Questi trattano "da nemici" coloro che tentano di abolire la schiavitù, la quale ha "dato ai Negri la possibilità di sviluppare dei sentimenti umani", permettendo loro di diventare "partecipi di più alti valori morali e della cultura che ne deriva".
La Conquista del Nuovo Mondo dette vita a due grandi catastrofi demografiche senza paragoni nella storia: l'eliminazione delle popolazioni indigene dell'emisfero occidentale e la devastazione dell'Africa man mano che la tratta degli schiavi si estendeva per soddisfare le necessità dei conquistatori, fino al completo assoggettamento dell'intero continente. Anche gran parte dell'Asia soffrì simili 'terribili sventure'. Se oggi le forme di dominio sono cambiate, gli aspetti fondamentali della Conquista mantengono la loro continuità ed importanza, e così sarà sino a che non saranno affrontate con onestà le cause e la realtà di quella 'selvaggia ingiustizia' (3).
Note:
N. 1. Hofer, "Funfhundert-jahrige Reich", vedi Stannard, "American
Holocaust".
N. 2. Stavrianos, "Global Rift", p. 276.
N. 3. Smith, "Wealth of Nations", lib. 4, cap. 7, parte 3, p. ii,
141; lib. 4, cap. 1, p. i, 470. Hegel, "Philosophy", p. 108-109, 81-82,
93-96; presumibilmente con 'il mondo tedesco' si intende l'Europa nordoccidentale.
Sul destino dei selvaggi 'senza umanità', e sullo sfuggire ad esso, vedi
Jennings, "Invasion". Lenore Stiffarm e Phil Lane in Jaimes, "State".
Stannard, "American Holocaust".