Per ampiezza di visione storica, approfondimento di correlazioni socioeconomiche, corrosiva analisi politica e struttura unitaria "Anno 501, la Conquista Continua" si configura come punto di arrivo del lungo percorso intrapreso da Noam Chomsky nel 1968 con "Potenza Americana e Nuovi mandarini", e proseguito poi attraverso saggi fondamentali quali "Verso una Nuova Guerra Fredda" e "La Fabbrica del Consenso", fino a "Il Deterrente Antidemocratico" del 1991. Una "summa" del pensiero critico del più razionale ed eversivo "radical" statunitense che dall'angolazione ottica del cinquecentenario ristruttura e reinterpreta in un continuum storico eventi e sconvolgimenti mondiali predeterminati e diretti all'avvento in apparenza trionfale, ma in realtà contraddittorio e barbarico, di un'unica superpotenza planetaria.
Dato alle stampe per i tipi della South End Press di Boston nel dicembre del 1992, il saggio vede la luce in versione italiana dopo pochi mesi contrassegnati sulla scena mondiale da sviluppi tragici e sanguinosi tutti riconducibili, se non esplicitamente anticipati, nel quadro analitico dell'era postsovietica tracciato dall'Autore alla scadenza del secondo millennio; perché se è vero che nell'intera sua saggistica l'indignazione morale è il filo conduttore di ogni devastante e documentata denunzia del globalismo egemonico statunitense, come di quello coloniale che lo aveva preceduto in Europa, è altrettanto vero, ed emerge più chiaramente in quest'ultima opera, che Noam Chomsky si appropria di alcuni strumenti del marxismo come chiave di lettura economica del divenire storico. Anche se di natura strettamente metodologica, è un altro punto di arrivo che sorprende chi in una sua ventennale frequentazione giornalistica di Chomsky aveva costantemente rilevato un'avversione di matrice libertaria o proudhoniana al marxismo-leninismo in tutte le sue varianti deterministiche o di lotta di classe.
In "Anno 501, la Conquista Continua" permangono tracce di questa avversione ma vengono accompagnate da analisi e conclusioni che la emarginano o la annullano; come quando, definisce tutt'altro che 'irrealistica' la percezione nel Terzo Mondo che la guerra del Golfo e il Nuovo Ordine Mondiale siano manifestazioni di "un'aspra lotta di classe a livello internazionale", o quando valuta negli stessi termini i contrasti sociali e le repressioni antisindacali nel cuore dell'Impero, o quando ancora - ed è questo il "leitmotiv" dell'intera opera - demolisce la pretestuosa dottrinaria della libera impresa e del libero mercato a cui gli Stati Uniti fanno ricorso ogni qualvolta ritengano necessario spezzare la resistenza di nazioni o aggregazioni internazionali allo sfruttamento delle loro risorse economiche ed umane; parallela e convincente la tesi secondo cui all'interno dell'Impero l'intervento statalista o antiliberista è prassi normale a sostegno della grande impresa in crisi e prassi organica al sistema nel mantenimento di un ipertrofico apparato militare-industriale mirato anche al trasferimento di ricerca e tecnologia avanzata al settore privato.
L'asservimento dei mass-media ai poteri reali nella repubblica stellata, bersaglio primario della saggistica di Chomsky, in "Anno 501" viene centrato con una maggiore precisione analitica ispirata all''egemonia' gramsciana e con il ricorso polemico e tagliente al vernacolo delle classi dominanti: "La plebaglia ("the rabble") - scrive - deve essere istruita nei valori della subordinazione e della gretta ricerca dell'interesse personale entro parametri stabiliti dalle istituzioni padronali: una vera democrazia con la partecipazione ed il protagonismo popolari costituisce una minaccia da combattere...". E la plebaglia per l'Autore è la stessa sfruttata e massacrata, con metodi meno asettici ma non meno brutali di quelli odierni, dalla 'conquista' colombiana e poi attraverso poche strumentali varianti dal colonialismo degli ultimi cinque secoli, varianti identificabili con la propagazione del Vangelo, l'elargizione di civiltà, di libertà, di democrazia e negli ultimi decenni con una proclamata difesa dei diritti umani.
"Le priorità - ribadisce Noam Chomsky - rimangono i profitti ed il potere... i diritti umani rivestono un valore strumentale a fini di propaganda, punto e basta".
Sono queste battute lapidarie e dissacranti, in un contesto scientifico di ricerca storica, che esasperano da un quarto di secolo l'establishment statunitense e precludono al più innovatore della linguistica moderna, alla più alta autorità accademica del Massachussetts Institute of Technology, un accesso sia pure occasionale ai grandi mass-media, dal "New York Times" al "Washington Post", dalla C.B.S. alla N.B.C. Ma sono proprio le battute del saggista politico e non gli estratti da sue opere quali "Struttura logica della teoria linguistica" o "Grammatica generativa" a fare di Chomsky, secondo "The Arts and Humanitics Citation Index", l'autore vivente più citato degli ultimi dodici anni e ad assicurargli tra gli autori di tutti i tempi un incredibile ottavo posto, subito dopo Platone e Sigmund Freud.
Difficile spiegare la popolarità e la divulgazione del pensiero di un "radical" come Chomsky, con la sua frenetica pubblicistica affidata a case editrici marginali, a periodici di sinistra dalla diffusione limitata come "The Progressive", "The Nation", "Z Magazine", ovvero con la sua meno frenetica attività di conferenziere in tutti i campus universitari americani. Una spiegazione più plausibile, anche se più elementare, va identificata nel carattere dirompente - "seminal" è il termine anglosassone - delle sue idee che nella loro innovativa incisività critica sembrano propagarsi per forza propria e con effetti liberatori, ben al di là del traguardo populista di "affliggere i privilegiati e di privilegiare gli afflitti".
Un'altra spiegazione che fa di Chomsky l'autore più "cannibalized", più saccheggiato e riciclato del mondo, è implicita nell'impatto dei reperti storici di un ricercatore accanito e metodico nello stile di I. F. Stone: lettore scrupoloso di rapporti del Dipartimento di Stato, di inchieste del Congresso, di documenti ufficiosi o ufficiali della Cia, della Nasa, del più insignificante ente federale come della più importante agenzia governativa, porta alla luce notizie o realtà inedite perché deliberatamente passate sotto silenzio dalle autorità e dalla stampa. "Anno 501, la Conquista Continua" è ricco più di ogni altra sua opera di reperti inediti, di rivelazioni a volte agghiaccianti, come quella concernente il piano postbellico della ECA, il Piano Marshall, di sbarrare in Italia la strada al comunismo promuovendo con ogni mezzo lecito o illecito una massiccia emigrazione di nostri lavoratori in Brasile ed in altre repubbliche scarsamente popolate dell'America Latina.
E la ricerca dell'Autore spazia con analoghi, sbalorditivi risultati, su tutti quei paesi del Terzo Mondo in Africa, in Asia, in Europa e nell'emisfero americano che in questo secolo sono stati oggetto dell'esiziale attenzione di Washington: il Messico come l'Indocina, il Salvador come l'Iraq, il Guatemala come Haiti, l'Angola come il Nicaragua, il Brasile e l'Argentina come la Palestina, l'Est europeo come il bacino del Pacifico. Ne emerge un quadro della situazione mondiale che l'interventismo statunitense rende quanto mai instabile, accidentato e foriero di crisi sempre più frequenti e dagli esiti imprevedibili a breve scadenza, ma per Noam Chomsky, più che prevedibili ed ambivalenti a medio e lungo termine: esistono circostanze e forze atte a portare gli Stati Uniti ed il mondo ad un'involuzione autoritaria di matrice fascistica, così come esistono le condizioni di segno opposto, per imboccare la strada alternativa di una vera democrazia popolare.
Lucio Manisco