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CRETA
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La bomba archeologica
All'inizio
del XX sec. a Creta, si fece la scoperta di una straordinaria e
antica civiltà.
La scoperta di questa antica cultura tecnologicamente avanzata e
socialmente elaborata, fu un vero evento esplosivo, chiamata dagli
archeologi "Creta minoica" dal nome del leggendario re
Minosse.
Verso il 6000 a.C. inizia la storia della civiltà cretese,
quando per la prima volta arrivò sulle spiagge dell'isola
una piccola colonia di immigrati, probabilmente provenienti dall'Anatolia.
Insieme ad una tecnologia agricola che li colloca già nel
Neolitico, portavano anche con sé la cultura della Dea. Nei
successivi quattromila anni si verificò un lento e costante
progresso tecnologico nella produzione di vasellame, nella tessitura,
nella metallurgia, nell'incisione, nell'architettura e in altre
arti, oltre che un'espansione del commercio e una graduale evoluzione
dello stile artistico vivace e gioioso tipico di Creta. Poi, intorno
al 2000 a.C., Creta entrò in quello che gli archeologi chiamano
Minoico Medio, o periodo dei primi palazzi.
Nel resto del mondo allora civilizzato, e siamo già nell'Età
del Bronzo avanzata, la Dea veniva sistematicamente sostituita da
bellicose divinità maschili. Come Hathor e Iside in Egitto,
Astarte o Ishtar in Babilonia, o come Dea del sole di Arinna in
Anatolia, la Dea veniva ancora venerata ma sempre di più
soltanto come una divinità secondaria considerata madre o
consorte di divinità maschili più potenti. Il potere
delle donne era in declino e il dominio maschile e le guerre stavano
ovunque diventando la regola.
Ma nell'isola di Creta, dove la Dea regnava ancora incontrastata,
non ci sono tracce di guerra, l'economia prosperava e le arti fiorivano.
E anche quando nel XV secolo a.C. l'isola finì sotto il dominio
acheo - a questo punto gli archeologi non parlano più di
cultura minoica ma di cultura minoico-micenea - la Dea e lo stile
di pensiero e di vita che rappresentava sembra fossero ancora saldamente
radicati.
Sembra che i nuovi dominatori indoeuropei dell'isola, sottoposti
alla influenza minoica preesistente abbiano adottato gran parte
della cultura e della religione della Dea. Per esempio, nelle immagini
sul celebre sarcofago del XV secolo a.C. di Hagia
Triada, già più austere e stilizzate, ma sempre
indubbiamente cretesi, è ancora la Dea a guidare il proprio
carro trainato da un grifone, per condurre il morto alla sua nuova
vita. Ed è ancora la sacerdotessa della Dea, e non i sacerdoti
con lunghe vesti femminili, a svolgere il ruolo principale nei rituali
raffigurati negli affreschi sulla superficie del sarcofago.
La storica culturale Jacquetta Hawkes nota che "Se tutto ciò
è riscontrabile ancora nel XIV secolo, in epoca anteriore
la sua predominanza dovette essere pressoché certa".
Così, nel grande palazzo di Cnosso,
è una donna - la Dea, una sua grande sacerdotessa, o forse,
come ritiene la Hawkes, la regina di Creta - che sta al centro,
mentre due processioni di uomini si avvicinano per renderle omaggio.
E dappertutto si trovano figure femminili, molte delle quali con
le braccia alzate in un gesto di benedizione, alcune con serpenti
e asce doppie, simboli della Dea.
L'archeologo Nicolas Platon, che durante molti anni era stato sovrintendente
alle antichità di Creta, dice che fin dall'inizio vennero
fatte scoperte sorprendenti e man mano che i lavori di scavo prosseguivano
vennero portati alla luce grandi palazzi a più piani, ville,
poderi colonici, aree urbane popolose e ben organizzate, installazioni
portuali, reti di strade che attraversavano l'isola da un capo all'altro,
luoghi di culto organizzati, cimiteri pianificati, affreschi, sculture,
incisioni e opere d'arte in numero sempre maggiore. Durante questo
lavoro furono scoperti quattro tipi di scrittura, il geroglifico,
il proto-lineare, il lineare A e il
lineare B, che collocavano Creta nel
periodo storico o letterario. Nicolas Platon, che aveva condotto
scavi nell'isola per oltre cinquant'anni afferma che gli archeologi
erano sconcertati. Non riuscivano a capacitarsi di come, fino a
quel momento, si fosse potuto ignorare l'esistenza di una civiltà
tanto sviluppata.
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