Siamo un gruppo di donne, eterosessuali e lesbiche, studentesse e lavoratrici,
precarie e non, che hanno individuato nel Firenze Social Forum uno spazio politico.
Abbiamo iniziato a lavorare insieme e ci costituiamo in gruppo perché
da anni ormai le donne non sono più visibili come soggetto politico,
perché le ultime generazioni non hanno potuto leggere la realtà
attraverso un'analisi femminista e anzi questa parola sembra ormai sorpassata
ed inutile. Noi ci diciamo femministe.
Ci viene fatto credere che le donne abbiano raggiunto non solo la parità
legislativa ma anche la libertà sostanziale nella gestione delle proprie
vite.
Ma non è così. La forza e la grande visibilità del movimento femminista degli anni '70 portò alla conquista di importanti obiettivi, ma all'inizio degli anni '80 le strategie del riflusso e della criminalizzazione del dissenso hanno distrutto il movimento delle donne; in seguito gli attacchi all'autodeterminazione hanno trovato maggior spazio ed espressioni sempre più becere e reazionarie fino a rimettere in discussione i diritti acquisiti, prima attraverso i mass-media, poi nelle istituzioni. Ne è un esempio la discussione parlamentare sulle tecniche di riproduzione assistita durante la quale è stata attaccata la legge 194, proposto uno statuto giuridico dell'embrione, divise le donne in categorie morali, in sostanza negato il diritto all'autodeterminazione.
Ciascuna donna sa che ci sono diritti mai acquisiti: la paura è il prezzo minimo da pagare per uscire non "accompagnate", specialmente la notte, per camminare per strada, per vivere da sole. Tutte noi sperimentiamo quotidianamente umilianti molestie verbali e la paura di subire violenze fisiche, esperienza reale per molte donne.
La chiesa cattolica, che oggi si impone politicamente e culturalmente con crescente autorità, e le destre saldamente al potere ripropongono come unico stile di vita ammissibile la famiglia tradizionale ed il conseguente ruolo di moglie e madre della donna.
Sottrarsi alla centralità della famiglia comporta prezzi sempre più alti sia in termini identitari che economici. Lo smantellamento dello stato sociale tenta di riportare le donne ad assumersi gratuitamente i ruoli di cura, il sistema economico e la precarizzazione impongono alle donne di vivere in famiglia per supplire alla mancanza di garanzie e tutele sociali.
La parità giuridica non ha comportato nessuna divisione del potere tra i sessi: oggi in Italia il 94% dei parlamentari sono uomini, sembra assurdo pensare ad un governo guidato da una donna, nel mondo l'economia è tutta in mano ad uomini. La globalizzazione ha rafforzato un sistema sessista, escludente e patriarcale. Nei paesi poveri donne e bambine sostengono il carico maggiore di lavoro avendo accesso ad una minore quantità di risorse: sono le più povere, le meno assistite ed hanno un'aspettativa di vita più bassa. Nei paesi ricchi la situazione generale di precarizzazione del lavoro penalizza anzitutto le donne: essendo la disoccupazione di massa un elemento strutturale della globalizzazione, il lavoro precario è riservato agli uomini, il lavoro gratuito è assegnato alle donne.
In nome di una falsa emancipazione le donne sono usate come oggetti sessuali in televisione, nelle riviste, sui cartelloni pubblicitari: vallette, miss e modelle sono le nuove forme di umiliazione della donna. La mercificazione del corpo femminile fa parte di una normalità subita acriticamente dalle donne stesse, anzi si impone come modello di realizzazione individuale.
Precarietà, mancanza di potere, mercificazione sono comunque "privilegi" delle occidentali; le altre donne, costrette a fuggire dalla povertà che affligge il resto del mondo, sono qui schiavizzate nel mercato della prostituzione o rese serve invisibili di una miseria umiliante.
Negli ultimi vent'anni, l'emergere di forti conflitti etnici e l'ascesa degli
integralismi, risposta reazionaria ai nuovi "equilibri" del mondo
nato dopo il crollo del muro, hanno esposto le donne alle violenze più
brutali e alla sitematica violazione dei diritti umani.
Nelle guerre, soprattutto in quelle attuali che colpiscono principalmente le
popolazioni civili, sono le donne a pagare il prezzo più alto.
Con questo documento abbiamo cercato di dare un contributo ad una riflessione
che resta aperta.
Noi crediamo che le donne possano tornare ad essere un soggetto politico visibile
e per questo il primo passo è riappropriarci collettivamente della piazza
con una grande manifestazione in occasione dell'8 marzo.
Perché non è più tempo di mimose e l'8 marzo deve tornare
ad essere un simbolo della nostra politica.
Appuntamento a Firenze in piazza S. Marco
Sabato 9 marzo 2002 - ore 15
Il corteo si concluderà in piazza SS. Annunziata con musica e spettacolo
Collettivo8marzo -Firenze
collettivo8marzo@firenze.net
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