La rabbia e lo sgomento per quello di cui scriviamo ci portano a formulare i nostri pensieri e le nostre emozioni in maniera confusa ma decisa e determinata, cercando di esprimerli in continua apertura dialettica, tendendo al confronto diretto, sincero, reale, senza occhi chiusi, senza liquidare nulla, senza banalizzare o stigmatizzare. Se qualcuno vorrà equivocare, strumentalizzare, far finta di non comprendere quello che qui cè scritto lo farà per sua scelta, per sua volontà, noi cercheremo di essere il più chiari possibili, aperti al dialogo verso quelle situazioni collettive e quei singoli e singole a cui inviamo questo comunicato ma comunque fermi e risoluti sulle nostre posizioni. È ora di rompere questo vergognoso muro di silenzio e di omertà.
Un fatto:
Un militante di una struttura antagonista romana cinque anni fa ha stuprato, picchiato, sequestrato e rapinato una compagna spagnola. Questo il fatto. Questa la notizia comunicataci oltre un mese fa. Del resto non ci interessa discutere. Partiamo da un punto di vista chiaro: quando una donna afferma di essere stuprata noi le crediamo senza ombra di dubbio. Chi non lo fa, chi indaga, chi mistifica in tutte le forme e in tutti i modi possibili e immaginabili assume il punto di vista dei Tribunali dello stato italiano, cioè che è la donna a dover giustificare le proprie accuse, lunico caso in cui limputato è la vittima, costretta a dimostrare la veridicità delle proprie affermazioni con referti medici, testimonianze, e quantaltro sia necessario.
Un altro fatto:
In un centro occupato di Roma una donna ucraina viene violentata e picchiata
da venti ( o 2, poco cambia ) stupratori moldavi, è costretta a gettarsi
dalla finestra per fuggire, viene ripresa e la violenza continua.
Dei responsabili nulla sappiamo, tranne che quando la donna violentata si trovava
ricoverata in ospedale, loro la aggrediscono, per costringenrla a ritirare la
denuncia che aveva sporto. Di quello che avviene successivamente nulla sappiamo.
Una violenza inaudita, che ci lascia assolutamente allucinati. Questa avviene
in uno spazio occupato.
Gli episodi in sé ci scandalizzano, ma non molto di più di quelli, analoghi, che leggiamo ogni giorno sui giornali: ormai da tempo infatti abbiamo perso lillusione che lambito dei compagni e delle compagne fosse un isola felice in cui i rapporti tra le persone e tra i generi non fossero regolati dalla sopraffazione come nel resto della società. Quello che ci indigna per davvero è il ripetersi, sebbene mascherate e falsamente giustificate da motivi politici, le stesse identiche dinamiche che seguono ogni caso di stupro, nelle famiglie, nei tribunali, nei paesi, nelle città: lepisodio viene messo in dubbio, nascosto, raccontato al minor numero di persone possibile, la vittima viene screditata.
La non chiarezza, il silenzio, lomertà, circondano da sempre lo
stupro.
Gli uomini da sempre, come genere, non discutono di stupro, di ogni forma di
violenza e prevaricazione che viene compiuta verso le donne, lavandosi la coscienza
con laffermazione che non riguarda loro (uomini buoni) ma le donne violentate
e gli stupratori e coloro che picchiano e prevaricano le donne. Al limite basta
lisolamento e il pestaggio.
Non basta. Così non è.
Anche noi siamo colpevoli. Anche noi siamo colpevoli perché non combattiamo
la cultura dello stupro, della sopraffazione, della violenza. Non la combattiamo
quotidianamente, sorridiamo quando vengono fatti discorsi sul linguaggio sessista,
crediamo di essere estranei a tutto questo, agiamo ingenuamente e con leggerezza
e superficialità, e quindi alimentiamo la cultura dello stupro, perché
alimentiamo il chiacchiericcio, il pettegolezzo, non azzeriamo i dubbi e le
dicerie.
Nessuno può chiamarsi fuori.
Nessuno ha alibi.
Come compagni e compagne di un Centro sociale occupato e autogestito che interviene
nel quartiere di Magliana e nellintero territorio capitalistico cittadino
nelle forme e nei modi spesso limitanti ma comunque sempre con lottica
di costruire percorsi generali per lo sviluppo dellautorganizzazione sociale,
ci sentiamo partecipi di tutto, e per questo prendiamo la parola, ci interroghiamo
e interroghiamo gli altri su quello che è avvenuto. Senza angusti confini
territoriali, politici, sociali, culturali. Noi ne parliamo perché siamo
parte in causa, ci sentiamo parte in causa e non chiudiamo gli occhi.
Non crediamo assolutamente nella delega, nella democrazia delegata e concertativa,
nel chiacchiericcio, nel verticismo, nel tatticismo politicista. Al contrario
pensiamo che si possa e si debba parlare e agire su tutto, sempre con cognizione
di causa certamente, ma non cè nulla su cui ci si possa tirare
indietro. Meno che mai in una vicenda del genere, perché la deresponsabilizzazione
equivarrebbe di fatto ad una forma di omertà. Su questo siamo critici
soprattutto con noi stessi, sempre pronti a scrivere di sfratti, salario, Kurdistan
e antifascismo ma silenziosi di fatto su quello che accade a fianco e dentro
di noi. Perché cresciuti in una cultura sessista, maschilista, prevaricatrice,
antidialettica, da cui ancor oggi non riusciamo a prendere le distanze, a combatterla,
e questo comunicato, ce ne rendiamo benissimo conto, è solo un primo
passo. Necessario. Per questo rimaniamo allucinati dalla mancanza di comunicazione
reale che cè stata fra le situazioni dellarea antagonista,
quelle situazioni con cui su tante altre cose, discutiamo, litighiamo, pratichiamo
o almeno diciamo di farlo, una cultura antagonista.
Cosa facciamo noi, i Cobas confederazione nazionale, il Coordinamento cittadino
di lotta per la casa, il Comitato di lotta Quadraro, il Comitato di lotta Primavalle,
il Cso Ricomincio dal Faro, il Csoa I Po, il Csa Vittorio Occupato, Claro,
Radio onda Rossa ?
Perché quando si tratta di organizzare manifestazioni per il diritto
alla casa, contro gli sfratti, contro i lager per immigrati, presidi antifascisti
a San Lorenzo e allAlberone il tempo per fare diecimila riunioni, incontri,
litigate, comunicati, manifesti, il tempo e la volontà di incontrarci
si trova sempre e quando si tratta di parlare di stupro, violenza sulle donne,
atteggiamenti maschilisti, sessisti e violenti, negazione degli spazi di genere,
il tempo non cè mai ? Dobbiamo interrogarci. A fondo.
Non basta vergognarci di ciò, non basta scandalizzarci per questo. Proprio
non basta. Dopo laggressione ai compagni del Quadraro avvenuto nel Marzo
scorso abbiamo fatto unimmediata riunione e unassemblea successiva
con più di cento persone con tanto di scomuniche, isolamenti e interruzioni
di rapporti. Per una cosa mille volte più grave solo silenzio, deresponsabilizzazioni,
tanti io non centro, o peggio ancora assunzione di atteggiamenti
machisti: come i familiari di una donna stuprata lavano lonta con la vendetta,
pulendosi la coscienza, e fanno calare un muro di silenzio sul fatto facendo
vivere uno stupro subito come una vergogna, a uno stupro nel movimento si risponde
col silenzio e al massimo con una vendetta ad personam.
Non cè bisogno di guerrieri e cavalieri. Quelli li lasciamo volentieri alla cultura medievale e neo fascista. E non cè bisogno neanche di coatti, quel modello lo lasciamo alla cultura di strada, fatta di violenza, sopraffazione e criminalità organizzata, che, per chi se lo dimentica ai compagni non vuole mica bene
Ma non ci si può limitare ad una scandalizzata reazione agli stupri avvenuti, è necessario metterci in discussione. Per esempio, come mai nella battaglia sulle TRA siamo oggettivamente assenti, considerando più o meno inconsciamente la lotta per il diritto allaborto come un problema delle donne, di cui fondamentalmente ce ne freghiamo. Ci siamo resi conto nelle nostre riunioni che la nostra assenza su queste tematiche non può essere semplicemente giustificata con una carenza di energie o da altre necessità tattiche. Stiamo cercando di capire,seppur tra mille difficoltà e tempi lunghi, stiamo cercando di cambiare la nostra visione e la nostra pratica politica.
Solo una piccola e breve nota.
Questo non è un comunicato di risposta alla lettera del Circolo Culturale
Valerio Verbano, crediamo che sia talmente ignobile da non meritare seguiti.
Il vergognoso stile della lettera, le assurde affermazioni, le provocazioni
e le menzogne continue ci portano a decidere unilateralmente di interrompere
qualsiasi rapporto con loro, rapporti già di per se scarsi e quasi inesistenti.
Perciò da oggi comunichiamo che consideriamo la loro presenza non tollerabile.
Ancora una nota.
Noi non abbiamo partecipato alla riunione tenutasi giovedì pomeriggio
in Via dei Volsci perché, e ci teniamo a ribadirlo, non abbiamo bisogno
di nessuna conferma, neanche dai Dirigenti venuti dallEstero. Soprattutto
i 5 anni di silenzio gettano unombra allucinante su chi oggi convoca riunioni
tardive.
Forse qualcuno dopo questo comunicato si sentirà autorizzato ad organizzare una spedizione punitiva per reprimere il dissenso. Poco importa.
Lindirizzo della nostra sede è pubblico, le nostre facce sono
conosciute e questo fa di noi dei facili bersagli. Poco importa. Ci assumiamo
in pieno la responsabilità di scrivere ciò che pensiamo e siamo
pronti a difendere le nostre idee, i nostri comportamenti e i nostri corpi.
Certo è che questo mostrare continuamente i muscoli per reprimere il
dissenso, il pensiero e le pratiche antagoniste a noi fa schifo. È una
logica che rifiutiamo, che vogliamo combattere e bandire.
Quello a cui abbiamo assistito mercoledì sera in Via dei Volsci è allucinante. Abbiamo visto staccare metodicamente tutti i manifesti affissi dalle compagne femministe su queste vicende. Su quei manifesti, come in questo comunicato, non cera nessuna accusa ad personam o a struttura. Su quei manifesti abbiamo letto un grido e una riflessione su quello che accade dentro di noi, fuori di noi, a fianco a noi. Quei manifesti e il successivo comunicato li sottoscriviamo in pieno e saremo pronti a diffonderli.
Alle strutture nominate sopra, ad altre situazioni sensibili e intelligenti,
ai singoli e alle singole chiediamo di prendere posizione, di uscire allo scoperto,
di prendere la parola, di interrogarsi a fondo su quello che siamo e che sta
accadendo, così come faticosamente stiamo cercando di fare noi.
Siamo stanchi di uno pseudomovimento fatto di coattagine, sopraffazione, spaccio,
omertà (ne abbiamo già abbastanza nelle strade del nostro quartiere);
siamo stanchi di una politica fatta sempre più di tatticismi e prevaricazioni
fisiche (ci bastano i partiti e le organizzazioni ML); proveremo invece nel
nostro piccolo, al Centro Sociale Macchia Rossa Magliana, tra mille difficoltà,
a metterci in discussione, a cambiare il nostro modo di socializzare, di stare
insieme, cercando faticosamente di creare nella pratica, sin da oggi, senza
aspettare lora X della rivoluzione, una società diversa!
CENTRO SOCIALE OCCUPATO AUTOGESTITO MACCHIA ROSSA MAGLIANA
Via Pieve Fosciana, 56\82
Tel\fax 0655260306
e-mail: csoamacchiarossa@tiscalinet.it
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