Avvenimenti 16 aprile 2003 a Primavalle


Articoli della stampa

il messaggero di giovedi 17.4.03 - http://ilmessaggero.caltanet.it/

Centro sociale e Forza Nuova si rimpallano le responsabilità. An: «Infangati due martiri». Il Break Out: «Noi non c’entriamo»
Primavalle, un tuffo nel passato

Trent’anni dopo l’omicidio Mattei, un giorno di tensione, petardi e bomba carta

Dieci uomini delle forze dell’ordine sono rimasti contusi dall’esplosione di due petardoni e una bomba carta lanciati ieri pomeriggio durante una manifestazione in via Bernardo da Bibbiena per commemorare il trentennale del rogo di Primavalle, dove persero la vita i fratelli Mattei. «Li hanno lanciati dal centro sociale che sta proprio di fronte la casa dei Mattei. Ogni anno, quando c’è la commemorazione del rogo, ci tirano pietre e sassi. Questa volta hanno esagerato», accusano i manifestanti, tra cui esponenti di Forza Nuova, Fiamma e An. Si difendono i giovani del centro sociale Break Out: «Questa volta non non c’entriamo. I fascisti hanno fatto tutto da soli».
Amareggiati i familiari di Stefano e Virgilio Mattei, i due fratelli morti nel rogo. «Sono state provocate delle persone che volevano solo ricordare due ragazzi morti», dice Giampaolo Mattei, fratello delle vittime. In mattinata, il presidente del diciannovesimo municipio Marco Visconti (An) aveva inaugurato il parco intitolato ai fratelli in via Mattia Battistini. Una cerimonia che si era svolta senza problemi.
Desario, Lombardi,

Marincola, Venturini

e Vuolo all’interno


Unica certezza, quindici feriti tra le forze dell’ordine: tre in maniera grave. Un residente di via Bibbiena: «La vera commemorazione si fa al camposanto»
Bomba carta: fra destra e sinistra è scambio di accuse
Forza Nuova: «Ogni anno siamo bersaglio di sassi e pietre». Break Out: «Hanno fatto tutto da soli»
di DAVIDE DESARIO
e MARIA LOMBARDI

L’unica certezza è che quindici uomini delle forze dell’ordine sono rimasti contusi (tre in maniera più grave) dal lancio di una o più bombe carta. Per il resto è giallo su quello che è accaduto ieri pomeriggio in via Bernardo da Bibbiena dove era in programma la commemorazione per i trent’anni della morte dei fratelli Stefano e Virgilio Mattei, figli dell’esponente della sezione del Movimento Sociale di Primavalle. Nella stessa strada, infatti, da ormai vent’anni ha sede il centro sociale Break Out (ex circolo culturale Saputi) e non è la prima volta che tra gli esponenti della sinistra e quelli della destra scoppiano scintille.
Sono le 19,30. Il Break Out è chiuso ma nel cortile antistante l’atmosfera è ancora tesa. Poco fuori ci sono, evidenti, i resti della guerriglia urbana del pomeriggio: mattoni rotti, bastoni per terra, macchine ammaccate e pezzi di altre macchine, forse proprio quelle della polizia.
«Non scherziamo - spiega pacatamente un ragazzo, capelli lunghi e pizzetto, che preferisce rimanere anonimo - I fascisti hanno fatto tutto da soli. Erano una trentina, molte teste rasate. Tra loro anche Maurizio Boccacci. Hanno provocato per tutto il tempo le guardie senza che queste reagissero minimamente. Noi eravamo da una parte. Siamo assolutamente estranei». E aggiunge: «Anzi, quando tutto e finito “Naso de coccio" (è il soprannome di un poliziotto di zona ndr) si è anche venuto a complimentare con noi perché non abbiamo abboccato alla provocazione». Da una casa accanto al centro sociale esce un anziano in ciabatte, con l’accappatoio verde e lo shampo in mano: «Quello che ha detto la televisione è una stronzata. Come al solito tentano di dare la colpa a noi. Ogni volta è la stessa storia: quelli che vogliono commemorare veramente i Mattei lo fanno al camposanto. Quelli che vengono qui sono soltanto degli esaltati».
Maurizio Melandri, uno degli esponenti storici dell’ex circolo culturale, alza la voce: «Per fortuna che c’erano due agenti in borghese con la telecamere che hanno ripreso tutto - dice - La polizia lo sa benissimo che noi non c’entriamo nulla. Anche perché se avessimo anche solo battuto ciglio a noi ci avrebbero subito caricato».
Totalmente opposta la versione degli esponenti della destra. «Ogni anno è uno schifo. Tutte le volte che siamo davanti casa dei Mattei per la commemorazione, quelli del centro sociale ci lanciano sassi e pietre. Ma non pensavamo che si potesse arrivare a tanto. Quelle bombe carta erano contro di noi ma sono cadute vicino alle forze dell’ordine». Roberto Fiore, responsabile romano di Forza Nuova, ringrazia il cielo di non essersi fatto un graffio. «Una bomba carta mi è scoppiata tra i piedi, ho fatto un salto così. Sono stati quindici, venti secondi di tiro al piccione, poi siamo scappati». Fiore ci tiene a precisare che la manifestazione di ieri pomeriggio non era organizzata da Forza Nuova, «c’eravamo tutti, come ogni anno, noi, quelli di An, qualcuno della Fiamma e tanti cani sciolti».
Un gesto «assurdo», per Filippo Ascierto, responsabile del Dipartimento nazionale sicurezza di An, «è stata infangata la memoria di due martiri, due giovani uccisi da mano assassina». Ci si comporta in questo modo, aggiunge Ascierto, «merita il massimo della pena e della severità». Vincenzo Piso, segretario romano di An, trova «scandaloso e sconcertante» che esponenti dell’opposizione del diciannovesimo municipio abbiano abbandonato l’aula quando è stata votata la mozione per intitolare ai fratelli Mattei il parco di Primavalle. «E’ grave che non si riesca a trovare un comune afflato nemmeno per ricordare giovani vittime innocenti. L’Italia è ferma al ’45 - continua Piso - non c’è stata una
rivoluzione culturale, non si è riusciti a smontare il pensiero ideologico che tanti danni ha provocato soprattutto nelle giovani generazioni».


IL PROCESSO

Tre condannati, ma fuggirono all’estero
Appartenevano a “PotOp": prima assolti, poi la pena per omicidio colposo aggravato
di CRISTIANA MANGANI

Quattordici anni di processo durante i quali i difensori si sono battuti nel tentativo di dimostrare che non c’era la volontà omicida. Poi, il 13 ottobre dell’87 la Corte di Cassazione mette la parola fine all’intricata vicenda giudiziaria e Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo, tre “ragazzi del ’73" di Potere Operaio, vengono condannati a diciotto anni di reclusione, di cui tre condonati. I legali sembrano avere la meglio: il reato contestato è quello di omicidio colposo aggravato. In aula, al momento della lettura del verdetto, si sentono solo i singhiozzi di una donna anziana: la mamma di Virgilio e Stefano Mattei, le vittime di un incendio esploso per rappresaglia politica. Per una guerra tra “rossi" e “neri" che sparge sangue innocente e finisce con l’uccidere un ragazzo di 22 anni e un bambino di dieci: due dei sei figli di Mario Mattei, netturbino e segretario della sezione del Msi “Giarabub" di Primavalle che, quando il fuoco comincia a inghiottire l’appartamento in via Bernardo da Bibbiena, non ce la fanno a fuggire. Rimangono schiacciati contro una finestra della loro cameretta e muoiono soffocati.
La condanna suona come una beffa perché i tre giovani imputati, nel frattempo, hanno trovato rifugio all’estero e non scontano un giorno di pena. La mamma delle vittime, però, sembra volersi convincere che è un verdetto soddisfacente. «Dieci, venti anni, non m’importa - dice tra le lacrime - basta che dopo tutto questo tempo, qualcuno abbia detto che so’ colpevoli».
È uno brutto processo, quella per la morte dei Mattei. Un processo che scrive una pagina vergognosa per la nostra giustizia. Devono passare tredici anni prima che si arrivi all’Appello. In primo grado, il pubblico ministero di allora, Domenico Sica, invoca il reato di strage e chiede tre ergastoli. Ma la sentenza è di assoluzione per insufficienza di prove. Una situazione quasi paradossale contribuisce a un nuovo ritardo: nell’81 viene smantellata una corte d’Assise di cui faceva parte un giudice popolare in condizioni psichiche inadatte, visto che era affetto da «sindrome nevrastenica di tipo depressivo». La battaglia legale si incentra tutta sulla “volontà di uccidere" da parte degli attentatori che avrebbero cosparso di benzina la porta dell’appartamento dei Mattei soltanto come avvertimento.
La sentenza di primo grado viene annullata in Appello, ma la Cassazione annulla ancora e ordina un nuovo processo d’Appello che si conclude con la conferma dei diciotto anni di condanna per omicidio colposo aggravato. Arrivano ancora due ricorsi degli imputati che ambiscono a una pena più mite e della Procura generale che, al contrario, ne vuole una più pesante. A ottobre dell’87, il pm Cucco chiede ai giudici supremi di avallare le richieste della Procura generale e di ordinare un nuovo processo modificando l’accusa in omicidio volontario. Alla lettura del verdetto, i compagni di Potere Operaio non ci sono e nemmeno gli imputati che hanno scelto di prendere il largo prima del giudizio definitivo. Da allora non sono più tornati in Italia, o almeno nessuno li ha più visti. E quella condanna, per i genitori delle due giovani vittime, non è certamente servita a ottenere giustizia.


IL FRATELLO DELLE VITTIME

«Due morti e nessuno in carcere»
Lo sfogo di Giampaolo Mattei: «Gli scontri? Accadono a ogni ricorrenza»
«Quello che è successo durante la commemorazione accade da anni». Parla con voce pacata Giampaolo Mattei. Il 16 aprile del 1973, la madre Anna Maria riuscì a salvarlo dal rogo in cui bruciarono i fratelli Stefano e Virgilio. Anche le due sorelline uscirono vive dall’inferno che era diventata la loro casa a Primavalle. «Sono anni che i ragazzi della destra commemorano i miei fratelli, e sono anni che quelli dei centri sociali fanno quello che fanno». Ieri, per ricordare i suoi fratelli che all’epoca avevano 8 e 22 anni, era stato inaugurato a Primavalle, in via Mattia Battistini, il parco “Stefano e Virgilio Mattei", voluto dalla maggioranza di centro destra del municipio di zona.
La cerimonia stava per finire quando due petardoni e una bomba carta sono esplosi tra i manifestanti, dieci feriti. «Questo mi dispiace tantissimo, davvero», dice Giampaolo Mattei. E aggiunge: «È brutto vedere quelli dei centri sociali, gente di sinistra, che predica per la pace globale, cadere poi in queste cose. Stanno lì a provocare delle persone che vogliono solo ricordare due ragazzi morti. I miei fratelli». Giampaolo Mattei è amareggiato, e non nasconde la propria delusione. «Evidentemente i cosiddetti pacifisti non vogliono che questa manifestazione si ripeta più». E si chiede come mai gli assassini dei suoi fratelli non siano in carcere. «Ce lo chiediamo da trent’anni, senza trovare risposta. Non capisco perché Achille Lollo se ne sta tranquillo in Brasile e fa il ristoratore, Marino Clavo e Manlio Grillo, sono in Francia, e Clavo ha una borsa di studio».

P.Vu.


Piperno e gli altri
nelle notti di Potop
di CLAUDIO MARINCOLA

«Se non siete stati voi, stanotte dormite nei vostri letti», disse, con aria di sfida, Franco Piperno, oggi assessore alle Nuove tecnologie nel centrosinistra che guida Cosenza. Dei tre solo Achille Lollo lo fece e lo arrestarono. Gli altri scelsero la fuga, in Svezia, dove ancora oggi Marino Clavo e Manlio Grillo vivono dopo essersi rifatti una vita.
Piperno, oggi anche professore ordinario di Fisica all’Università di Arcavacata, era allora il leader riconosciuto di Potere operaio. L’ideologo. Il segretario della sezione di via Pietro Bembo era Peo Tecce, uno dei tanti rampolli delle Roma-bene che in quegli anni avevano sposato la causa rivoluzionaria e si dividevano tra una famiglia borghese e una seconda vita da proletari. I tre militanti dell’ultrasinistra accusati dell’omicidio dei fratelli Mattei non vennero lasciati al loro destino - furono infatti assistiti da Soccorso Rosso, la celebre coppia Pisano-Mancini - ma proprio quel filo mai reciso tra “Potop" e il terribile rogo di via Bibbiena accompagnò fatalmente il declino di quella che forse fu la prima forza extraparlamentare a darsi una struttura parallela. Accanto all’attività legale sedimentava quella di nuclei ristretti che avevano il compito di alzare lo scontro politico.
Erano gli anni dell’“antifascismo militante", volavano schiaffi, cazzotti e bottiglie molotov. Gli obiettivi più facili erano le sedi del Movimento sociale che nei periodi più caldi bruciavano a giorni alterni.
Primavalle non era stata scelta dall’ultrasinistra per caso. Nel raggio di pochi metri c’erano le sezioni di Potop, Lotta Continua e degli Ncr, i Nuclei comunisti rivoluzionari, guidati da Franco Russo. Una lotta per l’egemonia in un quartiere già rosso, dove il Pci aveva radici profonde, in una delle borgate più popolose, con un reddito pro capite tra i più bassi della città.
Ma a fare di Primavalle il quartier generale della sinistra extraparlamentare, oltre alla vicinanza con le scuole della zona (il Liceo Castelnuovo e l’Istituto tecnico Fermi) fu il movimento delle autoriduzioni delle bollette e dell’affitto.
La gente dei lotti dello Iacp si riconosceva in quei ragazzi che avevano individuato in loro gli “operai" che Roma, città statale e terziaria non poteva mettere in campo. E il Pci perdeva iscritti, mentre bruciare la locale sezione dell’Msi divenne il passatempo dei giovani militanti (da qui forse la scelta di alzare il tiro). Il movimento per la casa esprimeva un bisogno primario. Come sostenevano gli agit-prop dell’epoca, «faceva esplodere le contraddizioni». Contribuirono a far montare quella protesta la lentezza nella realizzazione dei Peep, i piani per l’edilizia economica e popolare varati nel ’64, la fine del blocco dei fitti e il trasferimento dei baraccati negli alloggi degli Enti pubblici, ad un canone a volte più basso delle famiglie destinatarie che ne avevano i requisiti. Primavalle è un triangolo compreso tra Piazza Capecelatro, via Federico Borromeo e Piazza Clemente XI, ribattezzata Piazza “Mario Salvi", dal nome di un 21enne di Autonomia operaia morto negli scontri con la Polizia nel ’76. Altre piazze purtroppo sarebbero state chiamate con il nome di altri ragazzi, dediche figlie dell’odio di quegli anni. Walter Rossi, 20 anni, Mikis Mantakas 21, Mario Zicchieri, 16. Sono gli anni in cui il movimento delle occupazioni-casa esplode, degli scontri a San Basilio, dei celerini in assetto di guerra, degli sgomberi tra i materassi dati alle fiamme. Le stesse fiamme di quel 16 aprile.


L’INTITOLAZIONE

Piazza Mattei: consiglieri divisi
In XIX Municipio, l’opposizione non l’ha votata: «Una vicenda poco chiara»
«Quella della mattina è stata una manifestazione tranquilla. Temevo che l’intervento di qualche facinoroso potesse creare problemi e avevo pregato i colleghi dell’opposizione di calmare gli animi. E così è stato. Tutto si è svolto serenamente». Marco Visconti, An, presidente del diciannovesimo municipio, ci teneva a questa cerimonia: una targa per ricordare i fratelli Mattei e un parco intitolato a loro. L’inaugurazione si è svolta intorno a mezzogiorno presso il parco pubblico di via Mattia Battistini 61. C’erano Giampaolo Mattei, il fratello di Stefano e Virgilio, e le zie dei due ragazzi morti nel rogo, diversi esponenti di An, tra cui il segretario romano Vincenzo Piso e l’assessore provinciale Marco Daniele Clarke. «Prima di prendere questa decisione - racconta Visconti - avevamo consultato i familiari, erano molto contenti della nostra iniziativa, ma ci hanno raccomandato di organizzare una cerimonia semplice, senza demagogia».
E il presidente ha mantenuto la promessa. Nel suo discorso di ieri mattina ha ricordato il clima terribile di quegli anni che tante vittime ha fatto, «il parco vuole essere la testimonianza che quanto avvenuto non possa mai più accadere». La mozione per intitolare il parco ai fratelli Mattei è stata votata dal diciannovesimo municipio giovedì scorso, con una piccola forzatura (cosa avvenuta tra l’altro già in un altro municipio), perché i nomi delle strade (non è specificato anche dei parchi) andrebbero decise dal consiglio comunale.
La mozione era passata con il voto unanime della maggioranza, l’opposizione invece è uscita dall’aula, sostenendo che sul rogo di Primavalle non è mai stata fatta chiarezza. «Comportamento vergognoso - commenta Visconti - questa tesi non è sostenibile».

M.Lo.


no alla censura

 

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