Pochi giorni al Natale del 2000, pochi giorni alla fine del Giubileo, la gente in centro spende e spande, onde poi lamentarsi del governo di centro sinistra, a pochi passi dalle vetrine illuminate accade qualcosa totalmente priva di senso: al centro di una piazza San Pietro, bella e maledetta, vestita a festa per accogliere i pellegrini campeggia un abete, grandissimo mai, in 20 anni di vita, ne ho visto uno così imponente e grandioso. Tutto quadra, direte voi, ma non è così perché quell'albero è il simbolo di uno dei personaggi più abbietti dell'Europa, è l'albero dono della Carinzia, la regione del nazional liberista Haider, del nazista Haider, del razzista Haider, dell'anti europeista Haider. E così Haider, preceduto dall'albero della vergogna, malgrado gli appelli della comunità ebraica, delle associazioni di ex partigiani, della sinistra tutta, viene ricevuto dal Papa. Ora io mi chiedo quale sia la strategia della Chiesa: rinnovare gli ottimi rapporti che, la storia ci insegna, ci sono sempre stati tra Vaticano e Austria, o magari cercare di redimere Haider l'arrogante, questa pecorella smarrita che ha solo bisogno di ritrovare la retta via? In questo secondo caso chi, meglio del Papa, può tentare questa missione impossibile? Certo, penso io, che guardo al futuro senza scordare il passato, sbagliare è umano ma perseverare è diabolico: lo stesso Papa che si scusa per l'impotenza della Chiesa contro il nazi-fascismo, oggi a cinquantanni di distanza, commette lo stesso errore, accetta Haider come aveva accettato il fascismo. Malgrado le idee di Haider siano indubbiamente vecchie e stantie, in Italia, per la verità soprattutto al nord, i nostalgici proliferano soprattutto perché questo ospite, da nessuno considerato ufficialmente indesiderato (neppure con un governo di centro sinistra), non esita a criticare la politica italiana e il nostro presidente della Repubblica invocando la linea dura contro i clandestini. I timori che tutti avevamo per la visita di Haider si materializzano giorno dopo giorno a causa delle sue arroganti dichiarazioni. A questo punto mi chiedo io, se i timori per le dichiarazioni di Haider si sono dimostrati reali, perché non si sarebbe dovuta considerare altrettanto reale e violenta la reazione della Roma antifascista, che porta sul petto la medaglia d'oro alla resistenza. Mi spiego meglio, se i politici italiani, e la stessa Santa Sede, temevano quello che Haider avrebbe potutto dire nella sua visita, e questi timori si sono mostrati più che fondati guardando alla sua visita con il senno di poi, perché ci si sdegna per la reazione dei Centri Sociali, altrettanto annunciata? Non capisco se si teme Haider, però poi lo si invita, non si può poi lamentarsi della reazione dei centri sociali, altrettanto annunciata. L'Italia, appellandosi per una sola volta alla laicità dello Stato, avrebbe dovuto porre un Veto al Vaticano, non fosse altro che per motivi di ordine pubblico. La risposta è stata invece quella di accogliere Haider e lasciarlo parlare con tutta la sua arroganza, e mettere invece a tacere la sinistra in rivolta aumentando il numero delle forza dell'ordine. Si pensava di risolvere il problema e lo si è risolto, invano i centri sociali hanno tentato di portare vicino a Piazza San Pietro un gigantesco striscione raffigurante la vergogna di Auswitz, la Polizia li ha violentemente respinti con una forte carica. Allora nel sit in di Castel Sant'Angelo, con gli occhi rossi più per la rabbia di ciò che accadeva a pochi passi di lì, che per l'effetto dei lacrimogeni si decide di cambiare il proprio obbiettivo: bloccare le strade del centro di Roma in maniera pacifica perché la gente distogliesse il proprio sguardo dai regali e si rendesse conto di ciò che avveniva nello stesso momento in Vaticano. La gente ha riposto i caschi, le ciambelle gli scudi e ha tirato fuori la voce; avrebbero potuto sfondare il cordone dei pochi e frastornati poliziotti e raggiungere via del Corso, non lo hanno fatto: Piazza Cavour, via Vittorio Colonna, Lungo Tevere sino a svoltare a destra costeggiando l'Ara Pacis, nel cuore del centro di Roma. Contenti per il risultato raggiunto i manifestanti hanno cominciato a sfollare, a piccoli gruppi ascoltando le raccomandazioni degli organizzatori messi al corrente delle ronde di sparuti gruppi di fascisti. Ascoltate le raccomandazioni, i manifestanti, da considerare a quel punto solo ragazzi stremati da una giornata tanto piena quanto soddisfacente, hanno fatto attenzione a eventuali teste rasate o a ragazi con il bomber e lo scudetto dell'Italia, mai avrebbero pensato di dover fare attenzione alla Polizia di Stato, proprio così alla Polizia di Stato. Quest'ultima, impotente quando i ragazzi erano insieme, si è sentita tanto più forte quando i manifestanti hanno cominciato a raggiungere, alla spicciolata, i loro mezzi di locomozione. Erano da poco passate le 19,00 quando in via Vittorio Colonna, angolo Lungotevere, un gruppo di manifestanti è stato brutalmente aggredito dalla Polizia di Stato, che, dopo averli provocati con pesanti insulti, ha cominciato a picchiare, con una violenza inaudita, questi ragazzi (il più grande avrà avuto vent'anni. Calci, pugni, manganelli e ancora insulti: cinque ragazzi vengono caricati sulla camionetta dai poliziotti, che in questa bieca operazione agiva coperta dai Carabinieri mentre i vigili urbani erano occupati a bloccare il traffico. Lo sdegno aumenta ancora di più nel vedere i poliziotti rispondere alla folla che li insultava, e non erano solo manifestanti ma anche gente delle case vicine che avevano assistito a questo vergognoso fatto, con il saluto fascista, degna conclusione di un'aggressione che solo con questo aggettivo può essere definita. Gli amici dei manifestanti fermati, gli abitanti delle case vicine, i giornalisti che in nome di un'informazione sempre più manipolata nessun accenno hanno fatto nei loro racconti a questo vergognoso episodio, persino un cameramen della RAI, che si è rifiutato di riprendere l'aggressione, restano lì mentre i vigili urbani li invitano a circolare: per andare dove, alla Polizia? Forse è meglio di no, magari ai carabinieri? No neanche lì ci si può rifugiare, restano lì delusi, frastornati, incavolati, coscienti che è stato giusto manifestare, anche duramente, in nome di di un antifascismo che, oggi più che mai, è giusto ricordare e ribadire.