Dopo un anno... un fallimento perfettoAd un anno dall’inizio della guerra ecologica condotta dall’aviazione della Nato contro una Jugoslavia inerme - impresa subito ribattezzata con l’ipocrita ossimoro di “guerra umanitaria” - bisogna prima di tutto tornare a denunciare il suo completo fallimento dal punto di vista degli obiettivi che ufficialmente si proponeva di perseguire.Gli scopi dichiarati dell’aggressione erano: la protezione dei kosovari albanesi dalle rappresaglie dei militari e paramilitari serbi, la caduta del regime di Milosevic, e la formazione e lo sviluppo di un Kosovo multietnico nel quadro di una federazione jugoslava democratizzata. Gli effetti dell’aggressione invece sono stati: 2) La tendenziale formazione di un Kosovo etnicamente ripulito da tutti gli elementi non albanesi nel quadro di una Grande Albania, con probabili effetti destabilizzanti sugli equilibri interni alla Macedonia ed alle province serbe abitate da albanesi. 3) La sopravvivenza del regime di Milosevic, forse persino consolidato nei consensi, e il rafforzamento in tutta la regione della criminalità organizzata. L’unico risultato positivo che i bombardieri “umanitari” dell’alleanza atlantica potrebbero vantare, è il ritorno dei profughi albanesi nel Kosovo (profughi per la stragrande maggioranza dei casi, provocati direttamente o indirettamente dall’avvio dei bombardamenti), tuttavia costoro sono tornati in un paese devastato, non solo con la distruzione di abitazioni ed industrie, ma anche e soprattutto con l’avvelenamento dell’ecosistema. Gli albanesi “salvati” dalla Nato devono, infatti, respirare l’aria, bere l’acqua e coltivare la terra nel cui ciclo biologico sono ormai entrati le sostanze tossiche liberate dal bombardamento di raffinerie ed impianti chimici, per non parlare delle tonnellate di uranio impoverito scaricate in maggior parte sulle province kosovare, per recente ammissione dello stesso segretario generale della Nato. Se, rispetto agli obiettivi ufficiali di partenza, questo è il bilancio complessivo del dopoguerra atlantico nella Jugoslavia, la definizione che meglio gli si addice è quella attribuitagli da una prestigiosa rivista statunitense, il “Foreign Affairs”: “Un fallimento perfetto”.
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