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Effetti Collaterali crescono
Alina lombardo
da Erba 31/5/99
Fino a qualche giorno fa le avevamo solo lette nelle co-lonne dei giornali
(pochi) che hanno provato a raccon-tarle. Sabato scorso, invece, le ab-biamo
viste le immagini del disastro ecologico che le bombe della Nato hanno
causato distruggendo le fab-briche chimiche e le raffinerie della Repubblica
federale jugoslava. Pochissimi minuti, ma sufficienti a trasmettere l'idea
di un disastro nel disastro: l'impianto Petrohemija di Pancevo, o meglio
quel che ne resta, coperto da una polverina bianca. Sottile, come lo
zucchero a velo che si sparge sulle torte o sul pandoro. Ma non era
zucchero. Era... nean-che l'imbarazzato direttore dell'im-pianto ha saputo
dire cosa fosse. "Perché - ha dichiarato al microfo-no del tg3 - non abbiamo
le attrez-zature necessarie per fare le rileva-zioni. Non abbiamo niente. Ma
dalle produzioni che qui si facevano è sicuramente il residuo di sostanze
molto tossiche". Quando siamo stati bombardati, ha poi aggiunto, "per
sicurezza volevamo evacuare la po-polazione per un raggio di 30 chilo-metri
il che significa anche Belgra-do. Ma le autorità centrali ci hanno detto di
minimizzare, così abbiamo evacuato solo gran parte della città". Sono almeno
tre gli elementi im-portanti che emer-gono da quella breve intervista e
dallo scorrere sul-lo schermo di quelle immagini.
Il primo riguarda la propaganda che, come in tutte le guerre, c'è e viene
esercitata, anche con una certa dose di ma-lafede, da entram-be le parti in
conflitto. Da una par-te, la Nato che per bocca del portavoce militare a
Bruxelles, il generale Giuseppe Ma-rani, all'indomani del bombarda-mento (il
19 aprile) e di quella enor-me nube nera carica di veleni aveva dichiarato a
Erba: "La nube che si è sprigionata a Pancevo non mi ri-sulta essere così
tossica come viene descritta. Prova ne sia che la città non è stata
evacuata". Qualche so-spetto sulla debolezza di questa af-fermazione era
sorta subito, visto che l'ordine di evacuazione avreb-be dovuto darlo quello
stesso Slo-bodan Milosevic che in mille altre occasioni è stato e viene
dipinto co-me "il diavolo", il macellaio che non esita a usare civili
kosovari co-me scudi umani. Adesso, se mai ce ne fosse bisogno, abbiamo la
conferma della malafede del primo e della criminalità del secondo.
Il secondo elemento è quello su cui insistiamo dall'inizio di questa guerra
insensata: gli effetti più te-mibili dei bombardamenti sugli im-pianti
chimici, sulle raffinerie, sui depositi di combustibili, sono quelli che non
sì vedono ma che produ-cono i loro effetti dannosi, spesso persino letali,
nel tempo. In silenzio e senza distinguere tra i confini di chi è in guerra
e di chi in guerra non è, di chi è "buono" e di chi è "catti-vo". Lo sa bene
chi conosce i primi rudimenti di ecologia. Ne abbiamo cercato conferma alla
notizia che il vento stava portando la nube tossi-ca liberata dopo i primi
bombarda-menti sul petrolchimico di Pancevo verso la Romania, prospettando
un disastro ecologico di dimensioni preoccupanti. Non per catastrofi-smo, ma
nel tentativo (ingenuo?) di sottolineare la pericolosità di quei
bombardamenti. Ne abbiamo cer-cato conferme raggiungendo telefonicamente il
senatore rumeno Mar-cian Bleahu: "No - ha risposto con tono gentile ma
fermo - chi pensa e dice questo fa solo propaganda anti Nato. Noi non
abbiamo nessun pro-blema di inquinamento. Le nostre rilevazioni
sull'inquinamento atmosferico non ci segnalano niente di strano". Neanche
nel Danubio...? "No". Fine della conversazione.
Solo qualche giorno (al massimo una decina) e sulle agenzie italiane e
internazionali rimbalza l'allarme lanciato da Bucarest: la Romania segnala
l'effetto di piogge acide nel-la parte sud e sud - occidentale del suo
territorio: secondo l'Agenzia locale per la protezione dell'am-biente (APE),
nell'area romena che confina con la Serbia, le piogge acide hanno
dan-neggiato i raccol-ti e compromesso la salute delle foreste, mentre
nu-merosi apicoltori hanno segnalato la morte inspiega-bile delle loro
co-lonie di api. "Do-po avere escluso tutte le altre pos-sibili cause di
questi disastri - ha dichiarato Ilie Chincea, uno dei responsabili
del-l'Ape - siamo giunti alla conclusio-ne che a produrre questi effetti
sia-no stati i bombardamenti Nato in Jugoslavia". Passa solo un giorno e
all'allarme piogge acide lanciato dall'Agenzia rumena si aggiunge quello
dell'inquinamento del Danu-bio. Questa volta, a parlare è il mi-nistero
dell'Ambiente che, in un comunicato, spiega: "Nel Danubio sono state trovate
concentrazioni di rame, cromo, cadmio e piombo due volte superiori al limite
massimo, mentre il livello di zinco è da 20 a 55 volte più alto del
consentito. Per il momento non si è ancora regi-strata una mortalità
massiccia dei pesci, ma è ancora presto per valu-tare gli effetti a lungo
termine dell'assimilazione dei metalli pesanti da parte della flora e della
fauna flu-viale".
E dopo la Romania è la volta della Bulgaria. Anche qui, secondo il
la-boratorio regionale del ministero dell'Ambiente di Sofia, è stato
regi-strato un aumento dei tassi di meta-no e zolfo nell'aria nel nord-ovest
del paese, in particolare nella città di Bregovo. E anche qui la
responsabilità del fenomeno viene attri-buita ai bombardamenti Nato su
fabbriche chimiche, raffinerie, de-positi di combustibili e miniere in
Jugoslavia. Non a caso, infatti, le aree più danneggiate si trovano vi-cine
al porto petrolifero serbo di Prahovo, sul Danubio, dove sono immagazzinati
combustibili, più volte colpito dai raid. Inoltre, viene comunicato adesso,
Bregovo, la città bulgara più coinvolta dall'in-quinamento, è stata
raggiunta il 15 maggio scorso da una nube nera provocata dalle bombe sulle
minie-re di rame e uranio a Bor (Jugosla-via occidentale), oltre che su
Prihe-vo. Da allora, bollettini sulie condi-zioni ambientali a Bregovo
vengo-no pubblicati quotidianamente. E sempre a Bregovo, secondo questi
bollettini, a una ventina di km dal confine jugoslavo, il 21 maggio il
laboratorio ha registrato un aumen-to di due volte del tasso abituale di
radioattività.
Il terzo elemento che emerge dall'intervista televisiva all'ex diretto-re
dell'ex impianto petrolchimico di Pancevo è l'impossibilità di fare
rilevazioni che permettano di capi-re con quale dei tanti nemici invi-sibili
si ha a che fare e, quindi, co-me annientarli. È lo stesso proble-ma di
fronte al quale si sono trovati gli esperti di diverse organizza-zioni
internazionali - tra cui l'Undp (l'Organizzazione per la protezio-ne e lo
sviluppo delle Nazioni uni-te), l'Icpdr (Commissione interna-zionale per la
protezione del Da-nubio), il Wwf e il Def (Forum am-bientale per il Danubio)
riuniti a Hernstein (Austria) proprio per tentare una prima valutazione del
danno prodotto dalla guerra sull'e-cosistema fluviale del Danubio.
Conclusione: due mesi di bombar-damenti Nato, e conseguente sver-samento nel
Danubio di petrolio e altre schifezze, non hanno prodot-to alcun
inquinamento. Meravi-glioso, ma poco convincente. Com'è possibile? Infatti
non è pos-sibile: "Il risultato è questo, indub-biamente, ma solo perché le
infor-mazioni che abbiamo sono scarse. Non sappiamo bene quali sostanze
cercare - spiega Philip Weller del Wwf-Dcp (Danube Carpathian programme) che
ha partecipato all'incontro austriaco - e per le so-stanze più tossiche e
pericolose, come il mercurio o il micidiale cvm (clorovinilmonomero) non
so-no state fatte rilevazioni. I paesi in-teressati stanno facendo quello
che possono, ma non hanno gli stru-menti adeguati". E allora, qual è la
conclusione, quella vera? "Che so-no necessarie ulteriori indagini - di-ce
Weller -. Ma possiamo effet-tuarle solo con l'aiuto esterno di chi queste
apparecchiature le ha". Ecco da dove nasce l'appello di Er-ba inviato al
ministero dell'Am-biente e all'Agenzia nazionale per la protezione
dell'ambiente (Alipa) pubblicato qui sopra. Nella speran-za che, non potendo
far nulla per una soluzione che interrompa im-mediatamente il conflitto, si
possa almeno limitare la macabra conta delle vittime al momento della pace e
non 2, l0 o 20 anni dopo.
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