Chiedere qualcosa all'istituzione, significa riconoscerne il potere e l'autorità concessiva. Accettare e domandare riforme significa rapportarsi con questa e dunque essere parte dell'ingranaggio del potere e avere un ruolo nel grande spettacolo del Capitale.Escludere dunque l’impatto violento rivoluzionario della lotta di classe (che vuole tutto e subito), per sostituirlo con richieste particolari, burocratiche, minimaliste e rimanendo soddisfatti di contentini e piccole concessioni, significa non considerare la portata rivoluzionaria (almeno potenziale) delle classi sfruttate, e ignorare la possibilità di una trasformazione radicale dell'ordine attuale delle cose.
Chiedere anziché prendere è un modo di fungere da stampella all'istituzione, in quanto si da all’istituzione stessa la possibilità di decidere quando, quanto, se e come concedere in base alle situazioni politico-sociali che a loro fanno comodo e in base ai loro giochi di potere. E se danno, danno le briciole.
Nelle riforme poi c'è sempre spazio per deleghe, rappresentanze, burocrazia, ordine e compromesso. Considerando che la delega e' la legittimazione delle gerarchie e della democrazia (dittatura?) rappresentativa borghese (una piccola minoranza su una immensa maggioranza), e vedendo che burocrazia e ordine esistono nella loro realtà e non ci appartengono, e che, infine, il compromesso è solo la rinuncia dei propri ideali, è facile concludere affermando che il riformismo non solo non produce nulla e non crea conflittualità ma si radicalizza come pratica normalizzatrice, omologatrice e antirivoluzionaria.E' urgente e indispensabile creare situazioni di conflitto totale nelle contraddizioni del Capitale e della società borghese, autorganizzarsi attraverso la democrazia diretta e dal basso in collettivi, e non perdere di vista, nella lotta locale, le prospettive e gli obiettivi rivoluzionari e globali.
LE LIBERTÀ NON VENGONO DATE, SI PRENDONO.
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