Nel 1989 viene rapita, a Parma, Mirella Silocchi, moglie di un facoltoso
industriale. Nel corso dei primi venti mesi le indagini non arrivano a
niente. Poi, il questore Improta delinea una sua tesi: i responsabili si
devono cercare all’interno delle comunità sarde, con l’implicazione — in
questi casi è sempre meglio abbondare — di anarchici e armeni. Si scatena
una montatura allucinante, grazie anche al contributo di personaggi
soggiogati e ricattati dai Servizi segreti e dalle forze dell’ordine, che
vedrebbe coinvolti l’Anonima Sequestri Sarda ed un fantomatico "Gruppo
Anarchico Romano". Il processo di primo grado, tenutosi a Parma in un clima
di terrore, è poco più di una farsa con testimoni non presentati o lasciati
nell’anonimato più assoluto, con la difesa impossibilitata a provare
l’estraneità degli imputati al processo dato che l’accusa non fornisce prova
alcuna della loro implicazione. Le condanne sono pesantissime: 6 ergastoli
(Garagin, Staffa, Sanna, Porcu, Goddi, Scrocco) e 22 anni a Orlando Campo;
diversi sono alla latitanza. Nel febbraio ’95, a Bologna, la giuria
d’appello conferma le condanne di Parma con due "varianti": Staffa si è
visto ridurre la pena dall’ergastolo a 30 anni e Giovanni Barcia, che era
stato assolto, è stato condannato all’ergastolo.
La conclusione del primo processo di Bologna dimostra l’importanza marginale
che gli aspetti tecnici hanno in un processo di questo genere, già deciso in
partenza sulla base di una tesi repressiva del tutto priva di riscontri
concreti.
Il 18 Dicembre 1996 la Corte di Cassazione ha sorprendentemente annullato il
processo di secondo grado che è stato ripetuto da un’altra sezione del
Tribunale di Bologna a partire dal 17 settembre scorso.
Anche questo nuovo processo si è svolto alla presenza di pochissimi compagni
ed in un clima che non certo favorevole agli imputati, anche se gli elementi
tecnici portati dai difensori potevano sembrare decisivi. Citiamone solo
alcuni: è stato dimostrato che durante lo svolgimento del sequestro per lo
meno due degli imputati (Gregorian Garagin e Rose Ann Scrocco) si trovavano
all’estero, l’uno in Jugoslavia e l’altra negli Stati Uniti. Non solo; altri
elementi d’accusa utilizzati nella sentenza precedente sono definitivamente
caduti: uno per tutti, la macchina da scrivere ritrovata nell’abitazione di
Orlando Campo, secondo una perizia utilizzata per scrivere le lettere alla
famiglia della sequestrata. Si è scoperto, però, che la data di
fabbricazione di questa macchina da scrivere è posteriore all’invio delle
lettere. Questo fatto dimostra anche l’acquiescenza dei periti rispetto alle
tesi accusatorie (ricordiamo che un altro elemento tutt’ora utilizzato
dall’accusa è una perizia fonica che "inchioderebbe" Garagin al ruolo di
telefonista).
La corte, però, ha tenuto conto solo in parte di tutto questo. Da una parte
ha assolto Staffa e Sanna (che in precedenza erano ritenuti i custodi
dell’ostaggio) e Orlando Campo. D’altra parte ha condannato a 30 anni gli
altri imputati (fuorché Giovanni Barcia, la cui posizione è stata stralciata).
Ancora non si conoscono le motivazioni di questa sentenza ma sembra evidente
che il castello accusatorio sta cominciando, pezzo pezzo, a sfaldarsi: ne
viene fuori una banda di rapitori senza custodi, con telefonisti all’estero
durante il sequestro e via andare.
Gli avvocati ricorreranno nuovamente in Cassazione. Intanto Orlando Campo,
assolto dopo sei anni di carcere, si trova agli arresti domiciliari: contro
di lui pende ancora l’accusa di banda armata formulata dal PM Marini. Una
prima istanza di libertà per lui è stata respinta e si attende l’appello.