Capitolo 12
Inizio dei bombardamenti alleati
Pompilio Molinari venne ad Albano, spiegò una carta topografica davanti a noi e, carta alla mano, ci dimostrò tutti quelli che sarebbero stati ritenuti capisaldi dall'aviazione alleata e quindi bombardati. Annoverò nei capisaldi quasi tutti i Castelli Romani, e quindi, ci disse che dovevamo pensare a sloggiare, a trasferirci a Roma. Noi non ci volevamo credere.
Avevamo inviato una pattuglia di partigiani presso gli alleati
per dire loro qual era la situazione dei Castelli e cioè che forze tedesche
non ve ne erano, che ci paracadutassero armi automatiche e soprattutto che non
bombardassero perchè c'era solo la popolazione civile inerme. L'ufficiale
americano che ascoltava questa nostra pattuglia si era limitato a dire: "Va
bene" cioè che avrebbe riferito al comando; ma la pattuglia al ritorno
presa da entusiasmo, riferì che non avrebbero bombardato, cioè
avevano interpretato il "Va bene" dell'ufficiale come un assenso alle
nostre aspirazioni. Siccome nacque il dubbio che la pattuglia non aveva avuto
un esito positivo, ne furono inviate altre due molto piò autorevoli,
dirette da un compagno professore d'inglese: Alfredo Michelagnoli, compagno
di Venezia e tre compagni di Genzano. Il Michelagnoli, che era venuto a Roma
dopo l'8 settembre, era stato mandato dal comitato nazionale di Liberazione
nei Castelli. Una volta partite queste due pattuglie, noi non avevamo avuto
piò loro notizie per due mesi e mezzo. Intanto, dopo il 20 gennaio Albano
cominciò ad essere gravemente bombardata.
Mi ero trasferito con Pino Levi presso il nostro compagno presidente del Comitato
Locale di Liberazione di Ariccia, Guerrino Perrucca, che abitava con la famiglia
l'abitazione del guardia-villa del professor Edoardo Volterra, la cui villa
era situata immediatamente prima dell'ingresso del ponte di Ariccia, sulla sinistra
partendo da Albano. Ma qui restammo pochi giorni. Forze armate tedesche transitavano
spesso e facevano soste nei pressi della campagna di Albano, prima di avviarsi
alla volta del porto di Anzio. Una intera notte transitarono davanti a noi forze
armate tedesche (li vedevamo da dietro le persiane con le luci spente) che andavano
verso il fronte di Cassino.
Di giorno Albano cominciò ad essere bombardato in modo gravissimo.
Il 28 gennaio il comando tedesco diede degli ordini alla popolazione civile
di sgomberare Albano nel termine
di due ore. La popolazione si rifugiò un pò ovunque: per la macchia,
sotto le gallerie delle linee ferroviarie, ma soprattutto presso la Villa Pontificia.
Con i compagni che ci trovavamo nella villa, per il momento i legami erano sconvolti;
d'accordo con il direttore della Villa Pontificia, Bonomelli, organizzammo una
guardia civica per il mantenimento dell'ordine pubblico, organizzammo il recupero
dei viveri per la popolazione, la loro distribuzione.
Il 4 febbraio anche la Villa Pontificia venne bombardata e centinaia
furono i morti e i feriti. Dopo una settimana mi trasferii con la famiglia a
Roma presso mia cugina Alfonsina.
Mi ammalai, per una decina di giorni venni consigliato dai compagni di
farmi ricoverare al policlinico padiglione n. 6. Nel giorno che avrebbero dovuto
farmi la broncografia, uno dei padiglioni del policlinico venne bombardato.
Senza farmi la broncografia, me ne andai dal Policlinico.
Uscito dal Policlinico, ripresi immediatamente i contatti con i compagni.
Venni chiamato a far parte del Comitato Regionale per il lavoro militare del
Partito. Si
doveva trasmettere alla regione, il Lazio, la nostra esperienza fatta nei Castelli
Romani, inviare, quindi, i nostri compagni che hanno fatto questa esperienza,
nelle varie zone della regione a dirigere la lotta. Con Antonio Cicalini, del
Comando Regionale per il lavoro militare, mi ero già veduto piò
volte ed avevo espresso l'opinione di eliminare i forti raggruppamenti partigiani,
perchè ci avrebbero posto una serie di problemi di difficile soluzione.
Si poneva il problema di operare una seria cernita e contare su veri specialisti
operanti, in piccoli gruppi di notte, lontano dai centri abitanti, ma che di
giorno potessero, anzi dovevano, nella misura possibile, ritornare alla loro
attività quotidiana. Così Ferruccio Trombetti era già stato
inviato nella zona di Civitavecchia ove operava nella banda Maroncelli; Pino
Levi era stato inviato nella zona Casilina e Prenestina; Alfredo Giorgi fu assunto
al servizio informazione e collegamento radio e operava sotto la direzione di
Natoli. Mario Colacchi che sarebbe dovuto andare a Tivoli, rifiutò di
andare in quella zona, perchè diffidava, disse; Umberto Silvestri, accompagnato
da Mario Leporatti, anche questi membri del comitato regionale, con me, andava
a Poggio
Mirteto, perchè operava colì, una grossa banda, che secondo i
nostri criteri doveva essere ridimensionata alquanto. Ma proprio mentre Silvestri
e Leporatti si recavano colì, i tedeschi stavano operando vasti arresti,
pettinando tutta la zona. Anche Silvestri e Leporatti vennero arrestati, il
primo non aveva nulla di compromettente in tasca, ma Leporatti, invece, aveva
un chiodo campione fatto e messo in opera dai compagni di Marino, che aveva
un grande vantaggio sui precedenti: per fabbricarlo non occorreva saldatura
o imbollonatura, perciò lo portava a far vedere ai partigiani e per spiegare
loro come dovevano fare. Fortuna volle che i tedeschi non perquisissero subito
il Leporatti, ma lo tenessero per qualche ora in una cantina, ove il nostro
compagno ebbe tutto il tempo di disfarsi del chiodo campione. Essi riuscirono
a farsi rilasciare dai tedeschi, dicendo loro che erano nella zona per cercare
alimenti per loro e per la loro famiglia.