InfoTerritorio | Appunti sull’urbanistica del Laurentino e del XII municipio di Roma
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Info-Territorio è un momento di sintesi e di raccolta di informazioni del gruppo che si interessa a queste tematiche dentro ad L38 Squat il Centro Sociale che sta sul sesto ponte del Laurentino 38.
E mentre si dà il via alla Scatola di Piano, ci si interroga sulla sospensione degli interventi per la mobilità. La Scatola di Piano prende il via, dopo mille incertezze e modifiche più o meno opinabili, sotto un cielo di polemiche. A quanto pare tutte le opere infrastrutturali, realizzabili anche grazie agli oneri concessori derivanti dalla realizzazione della stessa, a sostegno del quartiere, e soprattutto del Nuovo Centro Congressi, sono sfumate dal bilancio comunale. “Dopo un anno di tira e molla si è deciso che le Torri dell’ex Ministero delle Finanze possono essere demolite per realizzare il progetto di Renzo Piano – dichiara Andrea Santoro, consigliere PD ed ex Assessore all’Urbanistica del Municipio XII – Quel progetto sviluppava 18 milioni di euro di oneri concessori da utilizzare per la viabilità dell’EUR, iscritti nel bilancio del Municipio XII dello scorso anno. Oggi veniamo a scoprire che nè Alemanno, né Calzetta dicono nulla su queste infrastrutture e la cosa più grave è che sono state tolte dallo stesso bilancio comunale. Erano previsti i sottopassi della Colombo con via dell’Umanesimo e viale Europa, che dovevano essere finanziati dagli oneri concessori (8 milioni) derivanti dall’Albergo dei Congressi. Inoltre l’Assessore ai Lavori Pubblici del Comune, Fabrizio Ghera, ha detto che il Ponte dei Congressi (che avrebbe dovuto collegare la Magliana all’Eur, e quindi la Roma Fiumicino e l’aeroporto al Centro Congressi), non si farà più, ed era un’opera che aspettavamo da vent’anni. Ci saranno quindi trasformazioni urbanistiche impattanti sull’Eur (ricordiamo anche l’Acquario e la Formula Uno, oltre al Centro Congressi) senza alcun intervento sulla mobilità. Se a questo ci aggiungiamo la scelta di cancellare il corridoio della mobilità Eur- Tor de’ Cenci sull’asse pontino, i cittadini devono sapere che da qui a cinque anni non vivranno più all’interno del quartiere. Il Municipio XII – continua Santoro – non ha detto nulla e non dirà nulla. Nel giro di poche settimane sono stati cancellati 76 milioni di euro nel Municipio XII che sono stati messi nel bilancio del Comune di Roma, XII dipartimento, Assessorato ai Lavori Pubblici alla voce “manutenzione viabilità intermunicipale”, cioè verranno “spalmati” per opere su tutta la città. Un vero e proprio scippo. Va bene utilizzare risorse per tutta la città ma così l’Eur rischia di scoppiare”.
Su questi punti la maggioranza replica. Maurizio Cuoci, Vicepresidente del Municipio XII afferma che “le opere non sono state cancellate completamente. Non sono iscritte nel bilancio di quest’anno, ma potrebbero essere prese in considerazione nei prossimi. Non si può dire che gli oneri concessori provenienti dalla Scatola di Renzo Piano verranno “spalmati” per tutta Roma. È ancora tutto in atto, ma il Municipio XII, se si stesse verificando una cosa del genere, se ne lamenterebbe perché vogliamo che vengano create delle infrastrutture con gli oneri concessori. Su quali investire, poi, è un discorso ancora aperto”.
Quindi ci sarà bisogno di uno studio migliore sulle opere da realizzare a sostegno della mobilità, e che potrebbero anche non essere quelle precedentemente indicate. È ancora tutto da vedere, come ci spiega Massimiliano De Iuliis, Capogruppo PdL del Municipio XII: “La valutazione che stiamo facendo è quella di un’analisi complessiva su tutto il quadrante (Eur, Castellaccio e Laurentino in particolare), vedere a quanto ammontano gli oneri concessori e capire bene quali sono le priorità relative alla mobilità. Ragionando per singoli comparti, invece, si rischia di spostare il traffico semplicemente al semaforo successivo. Per quanto riguarda gli oneri concessori, stiamo cercando di “intercettarli” per investirli sul territorio. Vogliamo cambiare rotta su una prassi che vedeva nel XII Municipio una sorta di fabbrica di oneri che il Comune poi spendeva”.
Insomma, queste opere si potranno fare solo dopo un’attenta valutazione, anche economica, come aggiunge Marco Di Cosimo, Presidente della Commissione Urbanistica del Comune di Roma: “Non siamo sicuri della realizzazione di queste infrastrutture, perché venivano inserite senza una verifica delle possibilità economiche del Comune”. E se il PD ha lanciato il sasso sulla questione, c’è chi, tra i cittadini, afferma che una rivisitazione delle opere da fare non è sbagliata. “Queste opere non sono idonee a risolvere il problema della mobilità dell’Eur – afferma l’Ing. Paolo Ercolani – perché agevolano l’ingresso nel quartiere di maggior traffico veicolare. Esistono soluzioni alternative come il prolungamento della linea B della Metropolitana fino al G.R.A., il potenziamento della linea ferroviaria Roma – Lido e la Metropolitana leggera (o, quanto meno, un sistema di trasporto veloce che connetta il Business District al suo interno e lo stesso Business District con l’Aeroporto e con la città).
In una lettera la ditta che l´ha demolito rivela di averne trovato una gran quantità. È la conferma della denuncia dell´accademico dei Lincei, Annibale Mottana
di Carlo Alberto Bucci (Repubblica)
Il 24 luglio, alle ore17.50, 1800 cariche di tritolo hanno mandato in polvere il Velodromo dell´Eur, sprigionando una nube che ha invaso i palazzi circostanti per alcuni giorni. Ma gli artificieri, gli abitanti del quartiere, i vigili urbani del XII gruppo che presidiarono la zona, i bambini del nido di viale Egeo che in quei giorni andavano a scuola e in giardino per il campo estivo, non sapevano che stava per esplodere una bomba ecologica. Perché l´impianto costruito per le Olimpiadi del 1960 conteneva al momento dell´esplosione molto amianto: il materiale che può provocare il cancro ai polmoni, e non importa – ha sentenziato la Cassazione il 28 novembre 2008 – quanto se ne sia inalato o quanto è stata lunga l´esposizione alla polvere killer.
La conferma dell´allarme lanciato ieri dall´accademico dei Lincei Annibale Mottana, viene dal carteggio intercorso tra la ditta incaricata dello smaltimento del rudere, la Eur spa (proprietaria dell´edificio) e la Asl RMC. È stato proprio chiedendo all´azienda sanitaria di accedere agli atti, che il consigliere del XII Municipio, Matilde Spataro, dei Verdi, si è vista consegnare la lettera datata 22 settembre 2008 nella quale la ditta rivela di aver trovato due tubi di «cemento-amianto» della lunghezza di 25 metri l´uno. È veleno puro, che viene portato via con tutte le cautele. E sono 2000 i litri smaltiti negli impianti autorizzati alla data 29 novembre 2009, come testimonia la lettera attraverso cui l´azienda incaricata produce una mappa con segnati i 7 punti dove è stato trovato l´amianto. Ma nella stessa informativa all´Asl i tecnici ammettono: c´è ancora da cercare nella parte orientale del rudere. «Sono andati avanti a tentoni, capite?», commenta Matilde Spadaro. «Ma quando facevano saltare in aria l´edificio avevano una relazione degli anni Sessanta? Sapevano cosa e dove è stato costruito con l´amianto?».
L´amianto è il pericolo «che noi cittadini temevamo e per questo abbiamo fatto esposti il 13 e il 20 agosto, senza avere risposte, o quasi» spiega Manlio Pasqualini. È l´amianto che l´Eur spa (società per il 90% del ministero delle Finanze, per il restante del Comune) ha sempre detto di aver tolto prima che la dinamite distruggesse il capolavoro progettato da Cesare Ligini: «Al momento della demolizione, il Velodromo – si legge nel sito della società – era privo di ogni traccia di amianto. Due anni fa, infatti, la proprietà aveva proceduto ad eliminarne ogni traccia presente all´interno dell´impianto provvedendo ad un collaudo finale della bonifica effettuata». La società Eur «si riferisce alla bonifica, nel 2006, della centrale termica dell´impianto. Ma evidentemente di amianto ce ne era ancora. Un po´ ovunque» spiega l´avvocato Giuseppe Dante, il cui studio, in viale del Ciclismo, si affaccia proprio sulla montagna di detriti che ogni giorno le ruspe (mercoledì ce ne erano quattro) portano via. Gli operai lavorano senza protezione. Ma l´amianto è stato tolto del tutto?
Il 9 gennaio 2009 la ditta di smaltimento scrive alla Asl e all´Eur spa che «durante tali attività di bonifica sono state rinvenute alcune tubazioni in cemento-amianto murate all´interno della soletta del camminamento del tunnel con entrata lato via della Tecnica». Rimosso l´amianto, la bocca del tunnel è stata interrata. «Mi vengono i brividi – dice Cristina Lattanzi, del comitato Salute e ambiente Eur – se penso che quel tunnel portava agli spogliatoi demoliti nel 2006. Ma quelli, li avevano bonificati?».
(06 febbraio 2009)
Data di pubblicazione: 27.03.2005 – tratto da http://eddyburg.it/article/articleview/1925/0/39/
Autore: Berdini, Paolo
Anche questo articolo, pubblicato sulla rivista Carta nel numero di dicembre 2004, illustra una verità che i mass media non sanno vedere: il degrado delle periferie dipende più da cattiva gestione politica che da errori di progettazione
L’urbanistica liberista è stata alimentata -al pari di altri segmenti del pensiero neoconservatore- di un forte impianto ideologico. Il principale di questi attributi è consistito nell’attribuire al piano urbanistico i vizi di rigidità e di scarsa aderenza al mercato. Solo l’iniziativa privata poteva avere gli strumenti per rendere realizzabili interventi altrimenti destinati al fallimento proprio per il vizio d’origine, e cioè quello di derivare da una matrice pubblicistica. Il caso che illustriamo dimostra finalmente che il re è nudo e che il castello di bugie su cui era costruita l’urbanistica contrattata si è dimostrato soltanto il modo più efficace per abolire qualsiasi discussione nella società e far trionfare la proprietà fondiaria.
“L’ attentamente sorvegliato tempio del consumo è un’ isola di ordine, libero da mendicanti, sfaccendati e malintenzionati- è questo quanto ci si aspetta. Le persone non si riversano in questi templi per parlare e socializzare. Qualsiasi compagnia possano desiderare (o siano disposte a tollerare), se la portano dietro così come le lumache si portano appresso la propria casa.”
“L’ attentamente sorvegliato tempio del consumo è un’ isola di ordine, libero da mendicanti, sfaccendati e malintenzionati- è questo quanto ci si aspetta. Le persone non si riversano in questi templi per parlare e socializzare. Qualsiasi compagnia possano desiderare (o siano disposte a tollerare), se la portano dietro così come le lumache si portano appresso la propria casa.”
Pomeriggio di fine Luglio.
Da circa un mese, all’incrocio tra via Cristoforo Colombo e via dell’ Oceano Pacifico, è aperto il centro commerciale Euroma 2. Rullo di tamburi e trombe squillanti per l’annuncio del nuovo complesso del consumo più grande d’ Europa (una cosa già sentita…). I numeri di certo non mancano: circa 240 negozi e 40 punti di ristorazione. Il giorno della sua inaugurazione masse di consumatori attratti dalle sue luccicanti vetrine hanno mandato in paralisi il traffico locale. I negozi più accattivanti, come per esempio Trony, sono stati letteralmente presi d’assalto: su Youtube hanno messo un video intitolato “Follia a Euroma 2”. Alcune immagini comparse il giorno seguente su alcuni blog mostravano la gente che non riusciva nemmeno a muoversi, ma nonostante questo le facce ritratte erano tutte sorridenti. Potenza dell’ipnosi delle merci.
A bordo del mio motorino, percorrendo la Colombo prima di imboccare la Pontina, mi ritrovo all’ altezza di questo nuovo tempio del consumo.
Per ora hanno realizzato una vergognosa demolizione illegale minando tutto e poi facendolo saltare per motivi di sicurezza dato che era ormai pieno di esplosivo… demolendo un’opera gemella dello Stadio Olimpico (vergognosamente deturpato anche quello per Italia ’90), malgrado ricorsi, proteste ecc. il partito della demolizione ha ottenuto un altro sacrificio.
Ora arriva qualche notizia, anche del Velodromino del Laurentino presentato un’anno fa da Foschi (PD) al XII Municipio ma di cui non si è più saputo nulla… forza sono solo 30 anni che avete costruito il Laurentino 38 potete anche spendere qualche euro per un centro sportivo decente.
tratto da: http://www.06blog.it/post/4355/ex-velodromo-tempi
Entro il 2009 sarà indetta la gara per realizzare la Città dell’Acqua al posto dell’ex velodromo dell’Eur. Nello stesso anno, con un po’ di fortuna, potrebbero anche iniziare i lavori. Novità in arrivo per l’ex velodromo di Roma, abbattuto mesi fa con il tritolo. La Città dell’Acqua che sorgerà al suo posto, infatti, potrebbe concretizzarsi prima di quanto sperato.
“Per l’inizio dei lavori aspettiamo il Tar – ha spiegato il presidente di Eur Spa Paolo Cuccia – Siamo in attesa di un pronunciamento sul contrasto tra le due sovrintendenze in merito alla competenza dell’area. Spero che la questione si sblocchi a inizio anno ma entro il 2009 andremo sicuramente alla gara”.
Il progetto della Città dell’acqua, ve lo ricordiamo: “Al posto del vecchio velodromo – ha spiegato lo stesso Cuccia – sorgerà un complesso polifunzionale di terme moderne, il cui progetto riprende le linee del velodromo abbattuto. Sulla stessa area, però, verranno costruiti anche un asilo nido, una scuola media, oggi assente all’Eur, un centro di riabilitazione motoria visto che a Roma non esiste, un centro anziani e la pista ciclabile che si collegherà a quella della Magliana. Al Laurentino, invece, nascerà il nuovo velodromino”.
Girando su Internet ho trovato questo documento su Laurentino 38. E’ interessante leggere che malgrado la persona che scrive non sia mai stata al Laurentino 38, senza dubbio afferma che finalmente anche il ponte nove è venuto giù.
Luogo comune… per sentito dire e generalizzando si imputa il “degrado” del Laurentino alla sua architettura. Sarebbe da vedere come quartieri con architetture meno caratteristiche e innovative abbandonati a se stessi nel nulla per 25 anni si sarebbero ridotti.
Comunque ecco il testo tratto da: http://www.iloveroma.it/articoli/laurentino38.htm
I ponti di Laurentino 38
Anche se mancano all’appello cinque o sei gatti (chi scrive è una gattara appassionata) giovedì sera è venuto giù, finalmente, anche il ponte nove di Laurentino 38, ed è un altro passo verso la soluzione di un gravissimo degrado.
Io non sono mai stata a Laurentino 38, Rosi ieri da Londra mi ha detto “Certo che me lo ricordo. Andarci? Ma che scherzi? Non ci si è mai andati a Laurentino, c’era da avere paura”.
A orecchio, con le reminiscenze degli studi di architettura, direi che Laurentino 38 deve essere uno di quei quartieri di edilizia popolare anni ’70, come Corviale… esperienze che in quegli anni hanno entusiasmato qualcuno e che si sono subito rivelate un fallimento non tanto nell’idea progettuale, quanto nella capacità successiva di gestione e interazione con le istituzioni.
Così mi sono messa a gironzolare in internet e ho trovato qualcosa che la storia di Laurentino 38 e dei suoi “ponti” la racconta bene: un articolo da “il Manifesto” del 10 novembre 2005, un anno fa, quando sono state annunciate le demolizioni
(…)
Laurentino 38 non è una banlieue, ma avrebbe potuto esserlo. A cominciare dall’ispirazione architettonica. In Francia comincia negli anni ’60, in Italia dieci anni dopo, ma il «sogno» è lo stesso: costruire unità abitative autosufficienti, un po’ socialismo reale. La microcittà perfetta e perfettamente organizzata che si accomoda placidamente ai margini della megalopoli. Ma Laurentino, che sorge a sud di Roma, assomiglia alle banlieues parigine anche per un altro motivo: nasce alla fine degli anni `70 per ospitare i baraccati, cioè i lavoratori – molto spesso «immigrati» meridionali – che avevano lasciato le campagne per raggiungere la città.
Laurentino 38, oggi. E’ un quartiere che resiste, che è stato capace di intessere un dialogo con le istituzioni. Ma che fatica, e il filo sembra sempre sull’orlo di spezzarsi. Alberto Voci è un figlio di baraccati, e oggi è l’animatore infaticabile dell’associazione Laurentum, che si batte per il recupero di Laurentino. Si è trasferito in uno degli appartamenti dell’Ater (l’edilizia residenziale pubblica, ex Iacp) che aveva quattordici anni: «Delle baracche mi ricordo tutto. La nostra aveva due stanze, io e mio fratello dormivamo con mia nonna. Non era un brutto vivere, ma quando ci assegnarono una casa per noi fu una festa. Significava realizzare un sogno. Poi ci siamo ritrovati qui. In questo quartiere che era bellissimo, moderno. Ma forse inadatto alle nostre esigenze. Qualcuno si portò il cavallo in casa, qualcun altro nel bagno ci coltivava le verdure». La «visione» del grande architetto Pietro Barucci non resse all’esistente. Lui aveva immaginato un quartiere a due strati. Uno sotto per le automobili e uno sopra, interamente pedonale, caratterizzato da undici ponti. Queste passerelle dovevano essere il cuore del quartiere, scintillanti di negozi e di servizi. Ma il progetto non funzionò. Non arrivarono i negozi, i pochi che aprirono chiusero presto. E non arrivarono nemmeno i servizi: oggi solo nel primo e secondo ponte ci sono gli uffici del muncipio, e da qualche anno sull’ottavo ponte si è installata la Asl con un servizio psichiatrico che è un po’ il vanto del quartiere.
E così i ponti sono rimasti vuoti. Ma non per molto. Ad occupare quegli spazi pronti all’uso sono arrivati i «nuovi» baraccati, gente senza casa o impossibilitata a pagare un affitto. Molto spesso persone colpite da vari disagi sociali: psicologici, sanitari, familiari. Su molti ponti si scorgono dei muri abusivi: quelle sono le pareti esterne di abitazioni fatiscenti che ospitano intere famiglie. Dentro, il più delle volte, c’è solo una finestra. Le pareti sono umide e cadono a pezzi. I fili della luce sono scoperti e pericolosamente penzolanti. I soffitti sono talmente malmessi che dentro le case ci piove. Qualcuno ha messo un telone come controsoffitto per raccogliere l’acqua in un solo punto della stanza. Così vivono centinaia di persone, a volte da venticinque anni.
(…)
Ma chi abita in questi spazi? (quelli degli ultimi tre ponti occupati – n.d.r.) Italiani e immigrati, soprattutto marocchini. Giovani e vecchi. Storie simili, costruite su percorsi del tutto personali. Come Rosina, ex infermiera sarda, arrivata a Roma per aiutare la famiglia del fratello, quattro figli di cui uno con problemi mentali. Poi questa si è sfasciata, lui è andato a Venezia a lavorare, lei è rimasta sola con due nipoti «e una pensione neanche tanto bassa, 900 euro, ma come faccio a pagare un affitto?», dice mentre stringe in braccio un cane e mostra le sue due stanze senza bagno. Vicino a lei abita il giovane Fabrizio, la sua casa è un piccolo zoo perché è titolare di un negozio di animali: «Al negozio ci lavora la mia fidanzata, e io da poco tempo sono guardia giurata. Con le trattenute sono mille euro al mese, e un po’ devo stare dietro anche alle spese del negozio», spiega. Poi c’è il signor Paolo, 62 anni e «nessuno mi vuole più a lavorare», Enrico, sieropositivo, Alberto e la sua compagna assegnatari della case dell’Ater rimaste ai rispettivi coniugi da cui si sono separati.
Al Laurentino, 27 mila abitanti, dove ci sono solo due farmacie, non c’è una banca, non c’è un ufficio postale, non ci sono autobus notturni, le occupazioni diventano persino oggetto di compravendita. Oppure vengono affittate. E’ un pezzo dell’illegalità che il quartiere vive – come il piccolo spaccio, i piccoli furti – che non interessa soltanto i ponti occupati ma anche le case popolari, dove gli abitanti vivono le stesse condizioni di emarginazione degli occupanti. I palazzi cadono a pezzi, di ristrutturazione non se ne parla. Eppure il Laurentino è anche un quartiere pieno di risorse: un parco archeologico e una riserva naturale, una forte rete associativa tra cui si conta anche un centro sociale autogestito, e negli ultimi anni un investimento serio da parte del Comune che insieme agli abitanti ha messo in piedi un progetto ambizioso, che conta la realizzazione di 39 opere pubbliche. «Quello che ci salva è che qui c’è un dialogo possibile con l’amministrazione e con la politica – dice Voci – ma questo dialogo non deve interrompersi o la situazione potrebbe degenerare».
(…)
Bhe…
E per chi non è mai stato al Laurentino 38 un po’ di foto
Questo video si che rende bene l’annientamento dell’essere umano operato dalla società capitalista e dal feticcio della merce.
Poi era solo per ottenere paccottiglia elettronica con un po’ di sconto.
Un altro articolo sull’inaugurazione di Euroma 2 al Castellaccio, secondo me ancora non si rende bene quale mostruosità del consumo e quale bruttura sia questo posto.
Arrembaggio di folla e auto all’ipermercato
Data di pubblicazione: 24.06.2008
http://www.eddyburg.it/article/articleview/11520/0/195/
Autore: Ferrucci, Alessandro
Non c’è niente da fare: la gente ha davvero voglia di spazi moderni di buona qualità. Ma non possiamo dargli di meglio, di uno scatolone con lustrini? L’Unità ed. Roma, 24 giugno 2008
«ATTENZIONE il signor Antonio aspetta in direzione sua moglie, Carla». Ore 10.12, Euroma2, il più grande centro commerciale d’Italia, con 50mila metri quadri, 230 negozi tra boutique e ristoranti, ha inaugurato da neanche un quarto d’ora, e già si è persa
la prima persona. Al bando le statistiche da guinness sul tempo di smarrimento, c’è un dato che dà la misura della quantità di gente che lo ha invaso: anche i ripetitori dei cellulari sono in tilt o in over-loaded, troppo lavoro, tanto da obbligare il signor marito a ricorrere al caro vecchio sistema dell’avviso pubblico. È l’unica strada. Impossibile fronteggiare in altro modo l’arrembaggio di ieri al nuovo polo commerciale sorto all’Eur, tra il Laurentino, Torrino e Decima: una colata di cemento, stucchi, dorature, gallerie, corridoi lunghissimi e scale mobili a iosa. Alcuni avventori guardano e perplessi ammettono che, forse, «è un po’ kitsch». Ma l’importante è esserci. I parcheggiatori – non abusivi – raccontano di clienti in fila dalle cinque e mezzo del mattino e posti auto, più o meno 4mila, completi già dopo le nove. Tutti lì per conquistare una delle offerte pubblicizzate sui cartelloni delle città. Il megastore di elettronica, in particolare, è la meta più ambita. Posizionato al terzo piano, l’ultimo, è protagonista del delirio assoluto, con il personale costretto a creare dei cordoni (sanitari?) e delle zone franche per regolare l’afflusso. A volte, senza neanche troppo successo. Tanto che la rissa, o l’accenno di, è più frequente del previsto, così come le persone che si sentono male e sono costrette a «passare» il turno. Mentre i coraggiosi, gli intrepidi, strappano la preda scelta o quella di rincalzo. A casa, senza niente in mano, non è né concepito né concepibile tornare. «Abbiamo messo la sveglia alle sette e ci siamo presi una mezza giornata di permesso dal lavoro. Per questi.» E indicano, orgogliosi, un lettore Dvd, un paio di cellulari, una pennetta drive e altre chincaglierie elettroniche. I due «conquistadores» si chiamano Daniele e Marta, hanno circa 35 anni, un impiego in un ente pubblico. E sudano copiosamente per la fatica e per il caldo. Sì, perché un altro degli indicatori del flusso è la temperatura: condizionata al piano terra, tropicale all’ultimo. «Forse dovrebbero potenziare le macchine – ammette un ragazzo della sicurezza -; ma è anche vero che difficilmente rivivremo un’altra giornata come quella odierna. Almeno spero». E lo sperano anche i vigili sparpagliati nella zona. «Questi so’ tutti pazzi – esordisce un “pizzardone” fermo all’incrocio con via dell’Oceano Pacifico -. Fortuna che in giro non ce so’ soldi…». A fargli «compagnia», sparpagliati nella red-zone, 19 colleghi presenti in strada dalle sette del mattino, per non replicare i vernissage di altri centri commerciali, come «Bufalotta» o «Parco Leonardo»: allora la strada diventò un’unica striscia di lamiera.
Questa volta, poi, c’è anche da «guidare» l’automobilista verso le nuove arterie aperte in coincidenza dell’Euroma2; in particolare il tunnel di via Carlo Levi che bypassa le quattro carreggiate del rettilineo della Cristoforo Colombo e collega la zona del Laurentino con Torrino sud e Decima. Tutti potenziali clienti. O, addirittura, dipendenti. «Io abito a due passi – racconta una ragazza, commessa in un negozio -. E con me c’è anche la mia vicina di casa. Quella là, quella che sta parlando con il cliente». E indica una alta, bruna, amante del trucco accentuato, che sorride in continuazione. È contenta, dice, perché «ho trovato un impiego vicino casa, e non ci speravo proprio. In zona, prima, non c’era niente». C’erano solo dei negozi medi o medio-piccoli. La maggior parte a conduzione familiare. Che ora «tremano» per la presenza del colosso, pronto a sbranarli.
30.000 metri cubi di cemento a Tor de’ Cenci Sud, un’area destinata ad agro romano ai confini della riserva naturale di Decima Fede, è la variante esecutiva al piano regolatore approvata dalla maggioranza trasversale dei consiglieri del XII municipio, il 22 settembre 2008.
“Si è riaperta una grande ferita nella delicata questione della salvezza della valle della Perna – dichiara Matilde Spadaro, capogruppo dei Verdi al XII municipio, fermamente contraria alla mozione – nel 2003 il progetto vide la contrarietà dell’allora maggioranza di centro- destra proprio per il pregio ambientale dell’area ed oggi di fatto, rivestiti i panni del governo, la stessa Pdl si sconfessa da sè stessa.”
E’ bastato un voto, una decisione affrettata, per dimostrare quanto valgono poco le dichiarazioni autorevoli degli anni passati e i vincoli di legge che tutelano un’area: anche per la valle di Perna spunta la minaccia di una lottizzazione a favore dell’edilizia.
“Il comparto edificatorio – prosegue la Spadaro – sarà per i truffati dello scandalo delle cooperative, anche se lo stesso diritto poteva benissimo essere assolto in un’area di 167.000 metri cubi già individuata dal piano regolatore, senza bisogno di intaccare altro territorio. In tutta questa partita non è in gioco soltanto la vita di un’area bellissima e preziosa per la sua ricchezza di biodiversità, ma anche il principio per il quale non si sarebbero fatte più varianti al piano regolatore. Faccio appello a tutte le associazioni – conclude- e a tutte le forze politiche che hanno sempre sostenuto la battaglia per la salvezza dell’area della valle della Perna affinchè ci si mobiliti nuovamente e si dimostri che i cittadini e i rappresentanti politici seri non demorderanno mai per veder tutelato il diritto alla salute e al rispetto dell’ambiente.”