La mia
Coca-Cola
MARIUCCIA
CIOTTA,
Coca-Cola, simbolo della discordia a sinistra, che ai grandi
giornali piace ridurre alle solite categorie
moderati/radicali, filo/anti-americani, amministratori
responsabili ed estremisti «politically correct» capaci di
mettere a rischio le Olimpiadi invernali 2006 di Torino.
Sponsor la bevanda nata nel 1886 e che ha attraversato tre
secoli e fiumi di bollicine fino a diventare monumento pop,
icona della mass-culture, proprietà simbolica globale al di
là dei confini statunitensi. La Coca-Cola non dice più
solo l'America ma l'intero popolo dei vagabondi della
modernità, l'era del fast-food, del protagonismo dei «forever
young forever beautiful» senza più adulti... mitologie
anni cinquanta-sessanta, quando Andy Warhol divinizzò la
bottiglietta in serie e la consacrò simbolo della
democrazia: «Tu sai che il Presidente beve Coca-Cola, Liz
Taylor beve Coca-Cola e anche tu puoi bere Coca-Cola. Una
Coca-Cola è una Coca-Cola e non c'è denaro che ti consenta
di berne una più buona di quella che sta bevendo un barbone
all'angolo». È per questo, probabilmente, che Furio
Colombo ha difeso il marchioma con argomentazioni che hanno
suscitato le ire di molti lettori dell'Unità e la replica indignata di Rina Gagliardi su Liberazione
Ma come,
la sinistra si mette a celebrare la multinazionale che ha «cocalizzato»
il mondo, esportato uno stile di consumi alieno e reso
coca-dipendenti schiere di persone, militanti compresi, che
si vergognano un po' della passione per l'intruglio gassoso?
La bella storia dell'azienda di Atlanta, che, secondo
Colombo, avrebbe impiegato per prima forza lavoro nera, non
convince. La sua azione colonizzatrice e pervasiva appare a
molti simile alla «disneyzzazione», l'invadenza di un
mondo colorato, zuccheroso e falso, mentre è solo un
derivato fasullo dell'opera originale. Non a caso, Walt
Disney ha dato immagine all'America del New Deal con due
preziose Silly Symphonies (Santa
Workshop e The Night Before Christmas) ispirate al famoso Santa Claus
testimonial della Coca-Cola, creato nel 1931.
Quell'America, però, non c'è più, è stata riconquistata
dopo Roosevelt da un mercato che non ha il sorriso di Babbo
Natale. Eppure la Coca-Cola ci appartiene, ha ragione Furio
Colombo. Ma proprio per questo ora è giusto boicottarla.
Non è un gioco di società, una rissa frivola tra una
sinistra consapevole e di governo, che a Torino trema per
un'eventuale perdita dello sponsor, e un'altra invasa dal «furore
iconoclasta» secondo Mastella che tuona contro Bertinotti
in sciopero della sete, «come può vincere un
centro-sinistra che litiga anche sulla Coca Cola?».
La corporation ha violato i diritti umani e sindacali non
solo in Colombia, dove negli ultimi anni sono stati uccisi
otto sindacalisti e dove la condizione dei lavoratori è al
limite della sopravvivenza. L'azienda madre è responsabile
della gestione in franchising
delle fabbriche dislocate nei paesi terzi, scelti per il
basso costo della mano d'opera, e non può sottrarsi. Tutte
le multinazionali operano così, si nascondono dietro la
gestionale locale degli impianti e massacrano donne, uomini
e bambini, come sostiene giustamente Gagliardi a favore del sabotaggio.
Le iniziative di boycott
hanno ottenuto successi in diversi casi, dalla Nestlé alla
Nike alla Del Monte, lo ricorda Alex Zanotelli, missionario
comboniano, e anche in questo caso la Coca-Cola, spaventata
dal calo dei consumi, ha promesso di aprire un'inchiesta
sulle condizioni di lavoro negli stabilimenti di tutto il
mondo.
L'azione della Reboc, la rete mondiale di boicottaggio,
dunque, ha ottenuto il suo risultato. Questa è politica, e
dovrebbe riconoscerlo chi si rivolge sprezzante alla
sinistra «estremista» e non vede che l'immaginario è
corpo materiale della realtà, intrecciato da sempre con le
forme dell'azione politica.
Allora salviamo il simbolo e salviamo gli operai colombiani.
Togliamo la bevanda magica con il suo misterioso ingrediente
7X dalla globalizzazione del massimo profitto, dai suoi
arcigni e tossici manager che ci rubano il gusto e il
piacere condivisi dall'intero pianeta. Giù le mani dalla
bottiglietta di vetro bevuta dai presidenti e dai barboni.
(mariuccia ciotta)
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