Campagna di boicottaggio Coca-Cola

DAL MANIFESTO DEL 20 NOVEMBRE 2005


IL MANIFESTO del 20 Novembre 2005


La mia Coca-Cola

MARIUCCIA CIOTTA,

Coca-Cola, simbolo della discordia a sinistra, che ai grandi giornali piace ridurre alle solite categorie moderati/radicali, filo/anti-americani, amministratori responsabili ed estremisti «politically correct» capaci di mettere a rischio le Olimpiadi invernali 2006 di Torino. Sponsor la bevanda nata nel 1886 e che ha attraversato tre secoli e fiumi di bollicine fino a diventare monumento pop, icona della mass-culture, proprietà simbolica globale al di là dei confini statunitensi. La Coca-Cola non dice più solo l'America ma l'intero popolo dei vagabondi della modernità, l'era del fast-food, del protagonismo dei «forever young forever beautiful» senza più adulti... mitologie anni cinquanta-sessanta, quando Andy Warhol divinizzò la bottiglietta in serie e la consacrò simbolo della democrazia: «Tu sai che il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola e anche tu puoi bere Coca-Cola. Una Coca-Cola è una Coca-Cola e non c'è denaro che ti consenta di berne una più buona di quella che sta bevendo un barbone all'angolo». È per questo, probabilmente, che Furio Colombo ha difeso il marchioma con argomentazioni che hanno suscitato le ire di molti lettori dell'Unità e la replica indignata di Rina Gagliardi su Liberazione

Ma come, la sinistra si mette a celebrare la multinazionale che ha «cocalizzato» il mondo, esportato uno stile di consumi alieno e reso coca-dipendenti schiere di persone, militanti compresi, che si vergognano un po' della passione per l'intruglio gassoso? La bella storia dell'azienda di Atlanta, che, secondo Colombo, avrebbe impiegato per prima forza lavoro nera, non convince. La sua azione colonizzatrice e pervasiva appare a molti simile alla «disneyzzazione», l'invadenza di un mondo colorato, zuccheroso e falso, mentre è solo un derivato fasullo dell'opera originale. Non a caso, Walt Disney ha dato immagine all'America del New Deal con due preziose Silly Symphonies (Santa Workshop e The Night Before Christmas) ispirate al famoso Santa Claus testimonial della Coca-Cola, creato nel 1931.

Quell'America, però, non c'è più, è stata riconquistata dopo Roosevelt da un mercato che non ha il sorriso di Babbo Natale. Eppure la Coca-Cola ci appartiene, ha ragione Furio Colombo. Ma proprio per questo ora è giusto boicottarla.

Non è un gioco di società, una rissa frivola tra una sinistra consapevole e di governo, che a Torino trema per un'eventuale perdita dello sponsor, e un'altra invasa dal «furore iconoclasta» secondo Mastella che tuona contro Bertinotti in sciopero della sete, «come può vincere un centro-sinistra che litiga anche sulla Coca Cola?».

La corporation ha violato i diritti umani e sindacali non solo in Colombia, dove negli ultimi anni sono stati uccisi otto sindacalisti e dove la condizione dei lavoratori è al limite della sopravvivenza. L'azienda madre è responsabile della gestione in franchising delle fabbriche dislocate nei paesi terzi, scelti per il basso costo della mano d'opera, e non può sottrarsi. Tutte le multinazionali operano così, si nascondono dietro la gestionale locale degli impianti e massacrano donne, uomini e bambini, come sostiene giustamente Gagliardi a favore del sabotaggio.

Le iniziative di boycott hanno ottenuto successi in diversi casi, dalla Nestlé alla Nike alla Del Monte, lo ricorda Alex Zanotelli, missionario comboniano, e anche in questo caso la Coca-Cola, spaventata dal calo dei consumi, ha promesso di aprire un'inchiesta sulle condizioni di lavoro negli stabilimenti di tutto il mondo.

L'azione della Reboc, la rete mondiale di boicottaggio, dunque, ha ottenuto il suo risultato. Questa è politica, e dovrebbe riconoscerlo chi si rivolge sprezzante alla sinistra «estremista» e non vede che l'immaginario è corpo materiale della realtà, intrecciato da sempre con le forme dell'azione politica.

Allora salviamo il simbolo e salviamo gli operai colombiani. Togliamo la bevanda magica con il suo misterioso ingrediente 7X dalla globalizzazione del massimo profitto, dai suoi arcigni e tossici manager che ci rubano il gusto e il piacere condivisi dall'intero pianeta. Giù le mani dalla bottiglietta di vetro bevuta dai presidenti e dai barboni.

(mariuccia ciotta)

 

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