Campagna di boicottaggio Coca-Cola

DAL MANIFESTO DEL 20 NOVEMBRE 2005


IL MANIFESTO del 20 Novembre 2005


PIANETA LAVORO
Tutto è lecito con Coca-Cola

VITTORIO LONGHI

Continuano a piovere denunce e multe sulla Coca-Cola per comportamento antisindacale e violazione delle leggi sulla concorrenza. Quanti vedono nelle campagne di boicottaggio alla multinazionale di Atlanta solo una miope forma di antiamericanismo, forse ignorano che Coke raccoglie con una frequenza impressionante non solo accuse, ma vere proprie condanne da ogni parte del pianeta, a cominciare dagli Usa. Questa settimana è stata incolpata di antisindacalismo da un gruppo di lavoratori turchi licenziati, minacciati e aggrediti perché rivendicavano diritti elementari e poi sanzionata dai giudici messicani per il modo in cui manipola il mercato locale delle bibite. Nel primo caso, si è rivolto direttamente ai tribunali americani Terry Collingsworth, leader dell'International labor fund, l'organizzazione che qualche anno fa denunciò la storia dei sindacalisti colombiani uccisi dai gruppi paramilitari, assoldati da società affiliate alla Coca-Cola. Collingsworth ha raccolto le testimonianze di alcuni ex dipendenti dell'imbottigliatrice turca, sempre controllata da Atlanta, addetti al trasporto. A luglio centinaia di questi lavoratori avevano indetto una manifestazione per rivendicare il diritto di associarsi e chiedere condizioni migliori, ma anziché trattare i dirigenti hanno preferito chiamare i reparti speciali della polizia turca, la Cevik Kuveet. La dimostrazione pacifica è stata presto repressa con brutalità e i poliziotti non hanno esitato a caricare con manganelli e gas lacrimogeni, arrestando oltre 90 persone, compresi i sindacalisti e gli avvocati, ancora in carcere. Le rivendicazioni erano iniziate dopo che l'azienda distributrice Trakya Nakliyat ve Ticaret aveva licenziato cinque impiegati nella sede di Dudullu perché cercavano di costituirsi in sindacato. A maggio sono stati liquidati altri cinquanta lavoratori iscritti alla sigla degli alimentaristi Disk nell'impianto di distribuzione di Yenidosna, col pretesto delle scarse commesse da parte della Coca-Cola Turchia. Ovviamente la direzione americana nega ogni responsabilità, anzi rigira agli avvocati come Collingsworth le accuse di persecuzione e di diffamazione, scaricando sui fornitori e sui distributori locali ogni eventuale colpa. Diversamente è andata a Città del Messico, dove la multinazionale non ha potuto fare molto contro il tribunale che l'ha appena condannata, insieme a imbottigliatori e distributori, al pagamento di oltre 58 milioni di euro per la violazione delle leggi nazionali. Il caso è partito dal quartiere periferico di Iztapalapa, dove una piccola commerciante, Even Chavez, ha denunciato alla Commissione federale sulla concorrenza le pressioni che subiva da anni dai distributori Coke. Minacciando di toglierle i frigoriferi dati in comodato, varie attrezzature e anche l'insegna, questi tentavano di imporre i prodotti americani vietandole di comprare e rivendere ogni altra bibita, soprattutto quelle che stanno crescendo nel mercato latinoamericano dei soft-drinks, come la Big Cola di produzione peruviana.

La storia di Iztapalapa si è aggiunta a quella di molti altri commercianti che avevano subito le stesse intimidazioni. Così tra luglio e agosto la Commissione ha accusato formalmente la Coca-cola, 15 società imbottigliatrici e 54 distributori di violazione della legge anti-monopolio, con sanzioni altissime. Il denaro, tuttavia, non andrà ai commercianti vessati, come risarcimento, ma direttamente allo stato. «L'importante è avere riacquistato la libertà di vendere ciò che vogliamo - ha detto Even Chavez all'agenzia Associated press -, anche se è stato duro resistere, più volte ho pensato di chiudere il negozio per i continui boicottaggi». La vittoria dei commercianti messicani è particolarmente significativa se si considera che la multinazionale già controlla oltre il 70% del mercato delle bibite analcoliche nel paese e che per la prima volta, nel paese, una grande compagnia americana viene limitata in modo così deciso nelle sue pratiche commerciali illegali.

 

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