CORRIERE DELLA SERA DEL 23 OTTOBRE 2004
 
Il Municipio XI di Roma ha eliminato per protesta la bevanda dai distributori

Garbatella, Rifondazione vieta la Coca Cola

Il presidente della circoscrizione: «In Colombia violano i diritti umani». L’azienda: è tutto falso

ROMA - «Nessuna intenzione di far bere da domani ai vigili urbani e ai bambini delle materne la Mecca-Cola, ci mancherebbe...». Massimiliano Smeriglio, 38 anni, Rifondazione comunista, presidente del Municipio XI (quartieri Ostiense, Garbatella, Fiera di Roma, in tutto 140 mila persone) commenta così la decisione, presa l’altro giorno dalla maggioranza di centrosinistra della sua circoscrizione, di bandire dai distributori degli uffici pubblici la bevanda americana più famosa: appunto, la Coca Cola. Boicottaggio? Macché. «La nostra - spiega Smeriglio, professore di Politiche sociali all’università di Roma Tre - è piuttosto una battaglia di verità e di giustizia. C’è un sindacato colombiano, il Sinaltrainal, che ha denunciato davanti al tribunale di Miami violenze e intimidazioni da parte della Coca Cola ai danni dei lavoratori delle imprese imbottigliatrici. Un portavoce sarà in Italia il 3 novembre e ne sapremo di più. Se il tribunale americano, comunque, darà ragione alla multinazionale di Atlanta, ritireremo subito il provvedimento».
Ma nel frattempo, a partire da lunedì, quando l’ordine del giorno diventerà operativo, spazio solo «ai succhi biologici e al guaranà », scherzano gli impiegati della circoscrizione. È anche probabile che la protesta si estenderà. Smeriglio, infatti, il 13 novembre parteciperà a Bologna alla riunione della «Rete del Nuovo Municipio», un’assemblea di quasi 300 Comuni italiani che da tempo si batte per la responsabilità sociale delle imprese. Locali e globali. «Ci sarà pure Sergio Cofferati», annuncia soddisfatto il giovane presidente di Rifondazione, che ieri in un colpo solo ha incassato il sostegno di diversi parlamentari di sinistra (Folena, Pistone, Mantovani) e dello stesso Comune di Roma («Il Campidoglio - ha ricordato l’assessore al Lavoro, Luigi Nieri - già in passato, sempre in nome dell’etica delle imprese, bandì altre importanti sponsorizzazioni oltre a Coca Cola. Come Nike e Nestlè»). La Coca-Cola Italia, però, respinge le accuse. Anzi, protesta: «Siamo molto sorpresi - recita un comunicato - che un’istituzione e non un partito politico abbia preso una tale decisione. Azioni di questo genere danneggiano Coca-Cola e i suoi 3 mila lavoratori italiani». Le violenze subite dagli operai colombiani? Tutto falso. La Corte distrettuale di Miami assolse la compagnia già nel 2003 «per mancanza di ogni evidenza fattuale o legale». Dietro la decisione di Smeriglio, ci sarebbero «motivazioni puramente ideologiche».
Fabrizio Caccia