di MARINA ZENOBIO
tratto
da il manifesto di sabato 24 aprile 2004
Un'altra
famiglia massacrata nella cittadina colombiana di Bucaramanga. Questa
volta a morire sotto i colpi delle mitragliette di una squadraccia
paramilitare sono stati Gabriel Remolina, la sua compagna Fanny
Robles e uno dei loro tre figli, Robinson di 24 anni, gli altri
due, di 15 e 6 anni sono ricoverati in gravi condizioni. La loro
unica colpa era di essere rispettivamente fratello, cognata e nipoti
di Esther Remolina a sua volta compagna di Efraim Guerrero, presidente
di sezione del Sindacato dei lavoratori dell'agroindustria (Sinaltrainal)
e impiegato presso il centro di imbottigliamento della Coca Cola
a Bucaramanga. Il massacro è avvenuto alle sette del mattino
del 20 aprile. Uomini armati hanno fatto irruzione nell'appartamento
dei Remolina sparando indiscriminatamente contro tutta la famiglia.
E'
l'ennesimo drammatico evento all'interno di una strategia di intimidazioni
e annientamento delle realtà sindacali colombiane. A marzo
il Sinaltrainal aveva organizzato uno sciopero della fame per protestare
contro la chiusura di dieci linee di imbottigliamento della Coca
Cola e conseguente licenziamento in tronco dei lavoratori. Tra gli
scioperanti c'era anche Efrain Guerrero che aveva già ricevuto
minacce ma era disposto a rischiare personalmente. Invece la ferocia
dei paramilitari lo ha colpito triangolarmente, sterminando la famiglia
del fratello della moglie, che nulla aveva a che fare con la lotta
portata avanti dal Sinaltrainal. Anche dopo la fine dello sciopero
della fame, i paramilitari hanno lanciato ai sindacalisti in lotta
un ultimatum: lasciare la regione entro 90 giorni altrimenti saranno
dichiarati obiettivo militare. «La situazione è gravissima
e ci pone alcuni seri problemi fa sapere Edgar Paez della direzione
nazionale del Sinaltrainal che chiede il contributo della comunità
internazionale affinché il governo colombiano fermi le aggressioni
contro i lavoratori, i sindacalisti del Sinaltrainal e i loro familiari.
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