COLOMBIA, COCA-COLA REPRIME I SINDACATI
Sinaltrainal: negli appalti sono violati i diritti base, processi
aperti per le uccisioni dei sindacalisti. Ripreso il boicottaggio
Testata: IL MANIFESTO
Autore: Marina Zenobio
Data: 12 febbraio 2008
Versione originale:
In Colombia, le imprese che hanno
preso in subappalto dalla Coca Cola la fase di imbottigliamento
della bibita più bevuta al mondo, continuano nella loro strategia di
violenza che mira all'eliminazione del sindacato, anche attraverso
l'utilizzo e connivenze con gruppi paramilitari denominati «Aquile
nere». La denuncia arriva dal Sinaltrainal, il sindacato colombiano
dei lavoratori dell'agroindustria che, nel 2003, aveva avviato una
campagna internazionale di boicottaggio contro la Coca Cola proprio
per denunciare le responsabilità della multinazionale nelle attività
antisindacale adottata dalle sue affiliate colombiane. Nel 2006, la
Coca Cola sembrava essersi convinta ad aprire un tavolo con il
Sinaltrainal per rispondere alle sue richieste di «verità e
giustizia».
Ma il tavolo non ha portato a nulla - se non un indebolimento della
campagna di denuncia - e così il sindacato ha proclamato la ripresa
del boicottaggio e messo in rete un aggiornamento sugli attacchi che
il Sinaltrainal continua a subire. Ormai la maggioranza dei 9400
lavoratori nelle fabbriche di imbottigliamento, circa il 93%, sono
«al grigio», cioè subappaltati. Lo racconta anche Vittorio Agnoletto
- appena tornato dalla Colombia insieme alla Commissione dei diritti
umani del Parlamento europeo- che a Bogotà ha incontrato il
Sinaltrainal: «Gli operai non hanno nessun rapporto diretto con la
Coca Cola ma solo con imprese, come Panamco, che hanno il
franchising per l'imbottigliamento», sono inquadrati con
subcontratti a tempo determinato che escludono ogni beneficio
rispetto ai contratti collettivi, con condizioni di lavoro disumane
e continuamente minacciati a non associarsi al sindacato.
A settembre del 2006 il Sinaltrainal ha presentato alla Coca Cola e
alle imprese subappaltanti, la richiesta di stabilire alcuni diritti
minimi per questi lavoratori, richiesta neanche presa in
considerazione. A marzo dell'anno scorso, a Villavicencio, 16
lavoratori «grigi» che avevano osato sfidare l'impresa iscrivendosi
al Sinaltrainal sono stati licenziati; a Baranquilla, a dicembre, ad
alcuni membri del sindacato sono stati recapitati dei comunicati
firmati «Aquile nere» con cui si dava ai sindacalizzati tempo
massimo una settimana per lasciare la città o ne avrebbero pagato le
conseguenze le loro famiglie. Ma di casi simili ce ne sono molti,
tutti denunciati in un rapporto in rete (www.sinaltrainal.org). Per
quanto riguarda i processi per gli omicidi di sindacalisti,
Agnoletto ha incontrato il procuratore generale della nazione che
cura le indagini, ma il suo resoconto risulta molto ottimista
rispetto ai dati che il Sinaltrainal ha presentato all'europarlamentare.
Dei 4000 casi di sindacalisti uccisi in 17 anni, il sindacato è
riuscito a documentarne 2500 come connessi alla condizione
lavorativa. «Dei 2500 - precisa Agnoletto riferendosi all'incontro
con Javier Hernandez dell'ufficio per i diritti umani Onu a Bogotà -
mi sono stati confermati 187 casi incardinati nelle indagini della
Procura, ma solo 61 sono le inchieste partite e di queste solo 13
sono state concluse come omicidi sindacali. Nel percorso di queste
13 inchieste, 3 giudici che svolgevano le indagini sono stati
rimossi e per le stesse sono sotto processo 147 persone». Sembra una
buona notizia anche se, come ha detto il Sinaltrainal a Agnoletto,
«queste poche indagini servono al governo di Uribe come specchietto
per le allodole al congresso Usa che ha bloccato buona parte dei
finanziamento per la Colombia e soprattutto la ratifica del Trattato
di libero commercio, a causa del non sufficiente rispetto dei
diritti umani nel paese».
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