Campagna di boicottaggio Coca-Cola

INCHIESTA DELLA CONFEDERAZIONE INTERNAZIONALE DEI SINDACATI


RAPPORTO GLOBALE SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI SINDACALI: COCA-COLA, NESTLE', WAL-MART E GOODYEAR NEL MIRINO

Fonte: International Trade Unions Confederation - Fondata il 1 Novembre 2006, l’ITUC rappresenta 168 milioni di lavoratori in 153 paesi e territori e conta 305 organizzazioni nazionali affiliate
Data: 19 settembre 2007
Originale in inglese:
http://www.ituc-csi.org/spip.php?article1404&lang=fr
Traduzione: REBOC

Il nuovo Rapporto Mondiale della Confederazione Internazionale dei Sindacati rivela i casi di omicidi, violenze e intimidazioni contro sindacalisti.
L’impressionante numero totale di sindacalisti che sono stati assassinati nel 2006 per aver difeso i diritti dei lavoratori è pari a 144, mentre più di 800 hanno subito percosse e torture, secondo il Rapporto Annuale sulle Violazioni dei Diritti Sindacali, pubblicato dalla Confederazione Internazionale dei Sindacati, organizzazione che conta 168 milioni di iscritti. Il rapporto di 379 pagine riporta in modo dettagliato circa 5000 arresti e più di 8000 licenziamenti di lavoratori legati alla loro attività sindacale. 484 nuovi casi di sindacalisti detenuti dai governi vengono documentati nel rapporto.

“I lavoratori che cercano di migliorare le proprie vite attraverso attività sindacali stanno fronteggiando livelli di repressione e intimidazione in aumento in un numero crescente di paesi. Il dato più scioccante è l’aumento del 25% degli omicidi rispetto all’anno precedente”, ha dichiarato il Segretario Generale dell’ITUC Guiy Ryder. “In molti dei paesi monitorati nel rapporto, la repressione è proseguita nel 2007”, ha aggiunto.

La Colombia rimane il posto più pericoloso al mondo per l’attività sindacale, con 78 omicidi, quasi tutti rimasti impuniti grazie ai legami tra squadre della morte e funzionari amministrativi o perché le stesse agiscono per conto dei datori di lavoro. Dei 1.165 assassinati tra il 1994 e il 2006, solo in 56 casi c’è stato un processo e le condanne sono state 14. Un’altra ondata di violenza antisindacale viene documentata nelle Filippine, con 33 sindacalisti e sostenitori dei diritti dei lavoratori assassinati, in alcuni casi da sicari collusi con l’esercito e la polizia. Il rapporto documenta che licenziamenti di massa, percosse, detenzioni e minacce contro i lavoratori e le loro famiglie vengono utilizzati, in alcuni casi in modo regolare, in paesi situati in ogni regione del mondo.

I governi dittatoriali e autoritari di Bielorussia, Birmania, Cina, Cuba, Guinea Equatoriale, Iran, Corea del Nord e di parecchi paesi del Golfo hanno proseguito nell’azione di soppressione dei sindacati indipendenti, con oltre 100 lavoratori cinesi detenuti nelle prigioni e in campi di lavoro forzato, in condizioni raccapriccianti. Il governo dello Zimbabwe ha proseguito nella violenta repressione del movimento sindacale del paese. Dei 265 partecipanti ad una protesta sindacale arrestati dalle autorità, 15 sono alti dirigenti del Congresso dei Sindacati dello Zimbabwe, che sono stati gravemente percossi in prigione.

Il rapporto documenta anche l’ostilità crescente da parte delle autorità governative nei confronti dei diritti dei lavoratori in alcuni paesi industrializzati, in particolare in Australia, dove la normativa promossa dal Governo e intitolata “work Choices” ha privato i lavoratori di una serie di diritti e benefici e imposto severe restrizioni all’attività sindacale, con dure pene per i lavoratori ed i funzionari del sindacato. Il governo ha portato avanti procedimenti contro 107 lavoratori del settore edile, che hanno riportato gravi conseguenze per aver promosso una mobilitazione a supporto del rappresentante per la salute e la sicurezza che era stato licenziato. Negli Stati Uniti il Comitato Dirigente Nazionale per le Relazioni Sindacali ha privato milioni di lavoratori del diritto di organizzarsi, estendendo la definizione del termine “supervisore”, mentre in Svizzera il governo, con una mossa respinta alla fine dall’organizzazione svizzera affiliata all’ITUC, ha cercato di invalidare l’autorità del Comitato ILO sulla Libertà di Associazione con riferimento alla legislazione svizzera del lavoro.

Vengono evidenziate le attività antisindacali di un certo numero di multinazionali, tra cui alcune recidive, come alcune filiali e fornitori della Coca-Cola, Wal-Mart, Goodyear, Nestlé e Bouygues. Vengono anche segnalate forti repressioni da parte di fornitori di marche molto note, in particolare nei settori tessile e agricolo. Numerose multinazionali hanno tratto vantaggio in Polonia da un ambiente sempre più ostile, imponendo restrizioni ai diritti e alle condizioni dei lavoratori.

In particolare le lavoratrici hanno continuato a confrontarsi con la repressione, anche per lo sfruttamento della forza lavoro principalmente femminile nelle Export Processing Zone in Asia, Africa e America Latina, con numerosi casi di licenziamenti e rifiuti da parte dei datori di lavoro di riconoscere anche i diritti più basilari dei loro dipendenti. In Marocco le lavoratrici del settore tessile hanno subito un processo per aver organizzato uno sciopero, mentre nelle Mauritius lavoratrici che prendevano parte ad un sit-in sono state percosse dalla polizia. Anche l’abuso nei confronti delle lavoratrici domestiche, le più sfruttate tra i 90 milioni di lavoratori immigrati nel mondo, è una questione preminente in diversi paesi, in particolare negli Stati del Golfo.

Nel sud-est asiatico, la repressione di lavoratori in particolare in Bangladesh, Cambogia, India, Indonesia, Malesia e Sri Lanka, compreso il licenziamento di circa 500 lavoratori per le loro attività sindacali, e l’assassinio di lavoratori in Bangladesh, India e Nepal dove due sindacalisti sono stati uccisi dall’esercito durante una manifestazione per la democrazia co-organizzata dal movimento sindacale di quel paese. La violenza della polizia ha lasciato il segno con il ferimento di lavoratori in Cambogia, un paese arcinoto per le violazioni dei diritti dei lavoratori, e in Malesia. La violenza contro i sindacalisti è continuata in Cambogia nel corso del 2007, con il leader sindacale Hy Vuthy che è stato assassinato a Febbraio. In Tailandia il colpo di Stato militare ha portato a vessazioni e licenziamenti di leader e iscritti al Sindacato, e come in un certo numero di altri paesi della regione, i lavoratori migranti sono stati particolarmente esposti ad abusi e sfruttamento.

Insieme all’impressionante tributo di morti in Colombia, la violenza contro sindacalisti in altri luoghi dell’America Latina include l’omicidio di due minatori da parte della Polizia in Messico, il ferimento di altri 41, mentre 15 Ecuadoriani sono stati gravemente feriti nel corso di una brutale repressione, da parte della polizia e dell’esercito, di una manifestazione contro l’accordo di libero commercio con gli USA. Una donna, leader sindacale degli insegnanti, è scampata ad un attentato in Guatemala, dove l’interminabile striscia di violenza antisindacale è proseguita nel 2007 con l’assassinio del leader sindacale dei portuali Pedro Zamora avvenuto il 15 Gennaio. Attività anti-sindacali da parte dei datori di lavoro delle Export Processing Zone e dei proprietari delle piantagioni, compresi numerosi casi di licenziamenti su larga scale e intimidazioni nei confronti dei lavoratori, hanno avuto luogo in Costa Rica, nella Repubblica Dominicana, in El Salvador, Honduras e Nicaragua. Lavoratori che stavano organizzando sindacati o partecipando a scioperi in Argentina, Peru e diversi altri paesi sono stati licenziati in massa. Lavoratori sono stati arrestati per aver preso parte ad attività sindacali in nove paesi della regione.

Anche in Africa i lavoratori hanno subito gravi violazioni dei loro diritti all’organizzazione e alla rappresentanza sindacale. Le forze di sicurezza hanno attaccata una manifestazione sindacale in Guinea, uccidendo 20 manifestanti e ferendone molti altri. Un lavoratore municipale è stato ucciso e altri feriti durante una protesta sindacale in Marocco, mentre in Sud Africa la polizia ha sparato sui lavoratori dell’editoria in sciopero e circa 18 altri sindacalisti sono stati feriti dalla polizia in altri incidenti. Come in Asia, i licenziamenti di massa sono un fatto ordinario, principalmente in Kenya, dove più di 1000 lavoratori delle piantagioni di fiori scesi in sciopero sono stati licenziati, e diversi di loro sono stati feriti dalla polizia. I lavoratori dei servizi pubblici e della scuola hanno subito discriminazioni antisindacali in Algeria, Benin ed Etiopia, dove il governo ha continuato la propria repressione nei confronti dell’Associazione degli Insegnanti. Il centro sindacale Djibouti UDT è stato sottoposto ad una dura repressione da parte del governo, e uno dei suoi funzionari anziani, in pericolo di vita, ha dovuto lasciare il paese. Anche i governi libanese e sudanese mantengono severe restrizioni alla libertà di associazione, mentre anche l’Egitto impone limiti ai diritti sindacali.

I passi tentati verso i diritti sindacali in Oman e i positivi sviluppi nel Bahrain sono stati offuscati dalle severe restrizioni o dai boicottaggi di attività sindacale in gran parte del Medio Oriente, in particolare in Arabia Saudita. Restrizioni alla libertà di associazioni sono proseguite anche in Giordania, Kuwait e Yemen, e le autorità siriane hanno virtualmente esercitato il controllo totale dell’organizzazione sindacale ufficiale, l’unica consentita. Molti lavoratori migranti in tutto il Medio Oriente hanno dovuto fronteggiare condizioni di lavoro rischiose e sotto sfruttamento senza nessuna effettiva tutela legale. I sindacalisti irakeni hanno subito una violenza crescente e mirata. Tra tutti gli attacchi, uno dei più impressionanti ha coinvolto un leader sindacale della sanità che è stato rapito, torturato con cavi elettrici e colpito a morte. L’Iran ha continuato a negare i diritti basilari ai suoi lavoratori, reprimendo duramente l’attività sindacale indipendente con arresti di massa e incarcerazioni, compresa una ragazza dodicenne che è stata percossa e scaraventata dentro ad un furgone della polizia. Mansour Osanloo, capo del sindacato degli autisti dei bus di Tehran, è stato mantenuto in isolamento per 4 mesi, poi percosso e arrestato una seconda volta a Novembre. A seguito del suo rilascio su cauzione, è stato nuovamente arrestato dalle autorità nel Luglio 2007 e si trova tutt’ora in prigione, con diversi suoi colleghi.

La violenza permanente in Palestina ha colpito anche il movimento sindacale. In un caso, uomini mascherati hanno gettato bombe a mano contro una stazione radio del sindacato e le hanno dato fuoco, ferendo quattro persone. Le continue restrizioni sui movimenti dei palestinesi tra la West Bank e Gaza da parte delle autorità israeliane hanno reso le attività sindacali ancora più difficili.

In Europa, la sistematica repressione del sindacalismo indipendente è rimasta all’rdine del giorno in Bielorussia e l’Unione Europea ha votato il ritiro dei benefici commerciali dal momento che il regime di Lukashenko non rispetta i principali standard dell’ILO. I datori di lavoro in Azerbaijan e Turchia sono stati responsabili di gravi casi di vessazioni antisindacali, mentre interferenze governative nelle legittime attività sindacali sono documentate in Bosnia/Herzegovina, Lituania e Moldavia. Modifiche delle leggi sul lavoro in Russia e Georgia hanno indebolito il rispetto dei diritti alla rappresentanza sindacale e alla contrattazione collettiva.

Infine anche un messaggio positivo. Nell’introduzione del rapporto, il Segretario Generale dell’ITUC Guy Ryder ha messo in rilievo che “nonostante tutte le difficoltà, milioni di donne e uomini rimangono fermi nel loro impegno nell’azione sindacale, o ne stanno scoprendo i benefici”.

Salutando il coraggio di tutti coloro che resitono alla repressione antisindacale, nonostante i rischi personali che corrono, Ryder ha aggiunto che “l’iniziativa di solidarietà internazionale da parte dei sindacati in tutto il mondo ha portato il necessario supporto a quei lavoratori i cui diritti fondamentali vengono violati. In molti dei casi documentati nel nostro Rapporto, la pressione sindacale esercitata a livello globale dal sindacato su governi e compagnie ha portato risultati.” “Ciononostante,” ha ammonito, “sono ancora troppo scarsi i segnali di miglioramenti dalla fine del 2006, e i governi devono assumersi le proprie responsabilità per assicurare che gli standard globali adottati dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro vengano pienamente rispettati ovunque nel mondo”.

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