FIM-CISL:
SECONDO I DATI ICFTU, COCA-COLA VIOLA I DIRITTI SINDACALI ANCHE IN
ALTRI 11 PAESI
Autore: Ufficio Internazionale Fim-Cisl
Data: 30 Agosto 2006
Tabella con tutte le violazioni in PDF: Elaborazione Ufficio
Internazionale Fim-Cisl su dati ICFTU*
Fonte: Dati
ICFTU
* ICFTU è la Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi
e rappresenta 155 milioni di lavoratori iscritti a 241
organizzazioni affiliate, operanti in 156 paesi
COCA-COLA RISPETTOSA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI? SOLO FUMO NEGLI
OCCHI!
La Coca-Cola col suo codice di condotta internazionale e numerose dichiarazioni dei suoi rappresentanti afferma di avere da sempre a cuore il benessere e i diritti dei propri lavoratori. Ma anche nel resto del Mondo, al di là di Colombia e India, dove subisce campagne di boicottaggio e protesta, a quanto pare, è solo fumo negli occhi.
La campagna di boicottaggio della Coca Cola è partita nel 2003 a seguito di anni di
sequestri, torture, minacce di morte, sfollamenti forzati, montature
giudiziarie. Anni che nel 2006 giungono a quota 17, forse un numero
infausto?
Per chi svolge la propria attività sindacale in Colombia non sembra che cambi molto visto che minacce e assassinii continuano, purtroppo, senza
molto attenzione per cabala e scaramanzie.
Sembra invece che ci sia qualcosa di diverso, quest' anno, il 2006, nel rapporto annuale ICFTU (Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi) sulle violazioni dei diritti sindacali; un rapporto diverso ma che sarà l'ultimo sotto questa sigla, vista l'unificazione delle centrali sindacali mondiali che avverrà, secondo i piani stabiliti nel prossimo autunno.
Ma ritorniamo un passo indietro: cosa c'entra la campagna di boicottaggio della Coca Cola con
l'ICFTU? In questi tre anni si è cercato di coinvolgere gli organismi sindacali di tutto il mondo dei più svariati livelli, dai comitati di fabbrica alle organizzazioni mondiali sindacali, nel boicottaggio, senza un grande successo. Né l'OIL, l'organizzazione internazionale del lavoro, né la
FISM, la Federazione Internazionale dei Sindacati Metalmeccanici, che pure ha mostrato una certa simpatia per la “causa”, così come, per guardare nel nostro giardino, la CISL, sono arrivate ad appoggiare o almeno a riconoscere la necessità e l'importanza di questa campagna. La FISM e la CISL hanno inviato lettere di protesta al presidente colombiano
Uribe, ma lettere in cui non compare mai la parola Coca-Cola.
Dal cappello introduttivo per l'Europa del Rapporto ICTFU 2006:
Coca Cola appare diverse volte in questo rapporto, in Azerbaijan, Moldavia, Turchia e nella Federazione Russa, dove sono state segnalate alcune delle più gravi violazioni. I membri del sindacato del settore della Coca Cola di S. Petersburg hanno dovuto subire richiami ingiustificati, insulti, minacce di licenziamento e ostruzioni alla contrattazione collettiva. Simili maltrattamenti antisindacali sono accaduti alla fabbrica della Coca Cola di Volzhsky dove è stato detto ai lavoratori che avrebbero perso il loro impiego se avessero aderito al sindacato.
Dal codice di condotta internazionale della Coca Cola:
“Coca Cola riconosce i sindacati come interlocutori validi per le trattative delle questioni lavorative su scala internazionale e nei suoi rispettivi paesi, in rappresentanza di tutti i lavoratori”.
Una leggera contraddizione fra le parole e i fatti...
E se vogliamo tralasciare la Colombia, che come usuale ha assicurato che il tributo di morte fosse più alto nelle Americhe, con 70 morti, una riduzione significativa se confrontata con il totale delle scorso anno di 99, ma ancora un terribile atto di accusa del fallimento del governo o della mancanza di buona volontà nel proteggere i propri lavoratori (Rapporto ICFTU 2006), e l'India, dove l'India Resource Center sta portando avanti una campagna contro la multinazionale di Atlanta, responsabile di causare gravi siccità nelle comunità, inquinare falde acquifere e terreni nelle vicinanze delle fabbriche, distribuire i rifiuti tossici come fertilizzanti ai contadini, vendere bevande con livelli di pesticidi estremamente alti...
Se vogliamo tralasciare questo ci restano solo Kenya, Eritrea, Nicaragua, Guatemala,
Peru, Venezuela, Pakistan, Azerbaijan, Turchia, Moldavia, Russia: in questi in paesi viene citata la Coca Cola nei rapporti annuali sulle violazioni dei diritti sindacali
dell’ICFTU degli ultimi 3 anni. Naturalmente la Colombia e il SINALTRAINAL sono “ospiti fissi” di questi rapporti.
Questo a confutare chi dichiara di essere da sempre attento ai diritti dei propri lavoratori, eppure “Coca-Cola anti-union” (Coca-Cola anti-sindacato) è una frase ormai comune, e non solo in Colombia.
COCA-COLA ANTISINDACALE
La Coca Cola sta seguendo una strategia generale che cerca di prevenire la formazione di sindacati nelle proprie fabbriche. Nel 1999 i lavoratori dell'impianto di imbottigliamento di Ekaterinburg che avevano formato un comitato sindacale vennero minacciati di licenziamento. Nel 2001, alla fabbrica della Coca Cola di Mosca, il leader sindacale venne licenziato (anche se poi è stato reintegrato in seguito ad una sentenza del tribunale) e venne creato un sindacato giallo.
(Rapporto ICFTU 2006 - Russia)
Nonostante le belle parole e le belle promesse, è pratica comune nel Mondo che nelle fabbriche Coca Cola vengano messe in atto, nel minore dei casi, politiche discriminatorie nei confronti dei sindacati, arrivando fino alla creazione di sindacati gialli (sindacati fantoccio favorevoli all'azienda), passando per licenziamenti illegali, minacce di licenziamento, e dove consentito dall'”ambiente”, vedi
Peru, Nicaragua, Turchia, attacchi fisici, interventi “guidati” della polizia, sempre pronta a mettere al servizio dei potenti gas lacrimogeni e manganelli, fatti di repressione e/o arresti arbitrari, senza escludere le minacce di morte.
José Armando Palacios è stato oggetto di numerose minacce e persecuzioni dopo esser diventato un attivista sindacale. Lavorava per
l'INCASA, una società statale che produce sciroppo di Coca Cola e opera un impianto di imbottigliamento della Coca Cola. Si è iscritto al sindacato dei lavoratori
dell'INCASA, STINCA, nel 2004, e è divenuto rapidamente un membro attivo, coinvolgendo i colleghi di lavoro. Una serie di minacce non lo spaventarono ma venne licenziato a maggio del 2005. Quando chiese spiegazioni, gli fu risposto semplicemente che lui non piaceva all'azienda. Cominciò a combattere per il suo reintegro insieme ad altri 10 lavoratori licenziati, anche loro iscritti al sindacato. Un giorno degli uomini armati entrarono nella sua abitazione. Quando scoprirono che non era in casa, legarono la figlia di 9 anni e il figlio di 17. Puntarono le pistole alle loro teste e chiesero loro dove fosse il padre. I ragazzi non lo sapevano. Gli uomini armati dissero: “Prenderemo quel figlio di puttana per il suo attivismo sindacale, e lo ammazzeremo”. In un incidente simile il 30 ottobre, mentre José Armando e la sua famiglia erano via, un uomo armato arrivò alla sua abitazione, puntò una pistola attraverso la finestra e minacciò la donna che si stava occupando della casa. Le disse che sarebbe tornato a cercare José Armando, e che se non l'avesse trovato, avrebbe cercato la moglie o i figli.
(Rapporto ICFTU 2006 – Guatemala)
e non c'è questione di paesi in via di sviluppo o di criminalità che tenga...
Il PULTW (Progressive Union of Land Transport Workers – Sindacato Progressista dei Lavoratori del Trasporto di Terra) [...] cominciò una campagna organizzativa alla Trakya Nakliyat Ve Tic Ltd
Sti, una ditta subappaltatrice della Coca Cola. Su 130 lavoratori, 110 divennero membri del sindacato. Tuttavia, il 19 maggio, non appena la dirigenza seppe della
sindacalizzazione, 5 di loro vennero licenziati.
Altri 50 membri del sindacato, che avevano protestato, vennero licenziati il giorno seguente. Altri licenziamenti arrivarono il 17 giugno per altri 55 membri. In seguito, la dirigenza convocò un incontro con tutti i lavoratori licenziati e disse che li avrebbe reintegrati a condizione che lasciassero il sindacato.
[...]
In seguito a questi fatti, il PULTW lanciò un'azione di protesta che durò per 160 giorni e che era diretta anche all'ufficio centrale della Coca Cola. Il 20 luglio, venne stabilito un incontro fra il sindacato e la dirigenza della Coca Cola. Durante questo incontro, la polizia attaccò improvvisamente i lavoratori, le loro mogli e i loro figli, usando nella stanza chiusa una violenza fisica brutale oltre ai gas lacrimogeni. Una donna dovette essere ricoverata in ospedale. Il Presidente, un membro del Comitato Esecutivo e cinque membri del sindacato vennero arrestati.
(Rapporto ICFTU 2006 – Turchia)
E IL GLOBAL COMPACT?
Leggendo questi casi, appare poco credibile l'affetto e la dedizione per i suoi lavoratori che la Coca Cola dichiara a piè sospinto a difesa delle sue buone intenzioni, che forse in fin dei conti non sono così buone, accompagnandole in aggiunta ad un codice di condotta internazionale che non rispetta, vedi l'art. 11, quello riguardante agenzie di impiego temporaneo e terziarizzazione, e all'adesione al Global Compact, i cui dieci principi su diritti umani, diritti sindacali e rispetto ambientale, sono purtroppo lontani dalle pratiche reali della multinazionale di Atlanta, come dimostrano le fonti prese in esame.
Riguardo a codici di condotta e Global Compact, verrebbe da chiedere maliziosamente: “ma allora sono solo operazioni di cosmesi? Marketing di pulizia?”
Forse la domanda è: “maliziosamente?”
Purtroppo i dubbi sono inversamente proporzionali ai fatti, alle prove.
Prove convincenti e verificate con cura sono quelle raccolte nei Rapporti Annuali sulle Violazioni dei Diritti Sindacali
dell'ICFTU, la Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi, prove che lasciano pochi dubbi su come la Coca Cola debba rivedere la sua politica sul mondo dei lavoro e sulle persone che ne fanno parte e lo alimentano.
Si, cara Coca Cola, sono persone, lavoratori, ma soprattutto persone.
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