SPONSOR
OLIMPICI SOTTO TIRO
Rosie
Di Manno alle Olimpiadi di Torino
Autore: Rosie Di Manno,
editorialista del Toronto Star
Testata: Toronto Star
Data: 8 Febbraio 2006
Versione originale: http://www.thestar.com
Traduzione
in italiano: REBOC
TORINO— Gli affari vanno bene
a Coca-Cola – all’incirca, oh, 756.000 volte al minuto. Che è
più o meno il numero di lattine e bottiglie che vengono aperte in
tutto il mondo ogni 60 secondi.
Ma certamente gli affari non stanno andando così bene al colosso
dei soft drink qui ai XX Giochi Invernali.
Coca-Cola è divenuta l’orco multinazionale di Torino 2006,
obiettivo primario degli attivisti no-global italiani, che hanno
ripetutamente messo sottosopra il viaggio della torcia –
sponsorizzato dalla compagnia, che ora sta veleggiando verso questa
città, con agguantatori vestiti di ‘balaclava’ regolarmente
impegnati a ghermire la fiamma dai tedofori sul percorso.
Ma non sono solo le frange radicali che danno la caccia allo
spauracchio multinazionale. Da un po’ di tempo il consiglio
comunale di Torino di sinistra ha dichiarato la Città come zona
no-Coca-Cola, per quanto riguarda le proprietà comunali, per
protestare contro le violazioni dei diritti umani denunciate presso
un impianto di imbottigliamento in Colombia (Coca-Cola nega ogni
violazione).
Il Sindaco è intervenuto per invalidare la risoluzione. Poi ha
scritto una lettera al leader del Partito italiano della
Rifondazione Comunista, per chiedergli di calmare le proteste. Ed è
stato in radio questa settimana, supplicando i manifestanti di
comportarsi pacificamente e lasciare in pace la fiamma.
Intanto la guerriglia continua, con la costernazione della compagnia
e l’imbarazzo dei funzionari olimpici, in particolar modo del
TOROC, il comitato di Torino che organizza i Giochi.
“La preoccupazione è relativa al blocco del viaggio della torcia,
realizzato da (pochi) idioti”, si è infuriato il Ministro per lo
Sport Mario Pescante questa settimana. “Spero che i piemontesi gli
diano un calcio nel sedere”.
Improbabile.
L’Italia ha una tradizione ben consolidata di proteste radicali e
dissenso organizzato, il fatto più noto, negli ultimi anni, è
stata la contestazione al Summit G8 a Genova nel 2001, dove un
manifestante è stato ucciso dalla polizia durante uno scontro.
Le tensioni tra le forze dell’ordine e le solite fazioni della
protesta si sono intensificate da allora, in particolar modo
all’avvicinarsi delle Olimpiadi.
Allo stesso tempo, la polizia ha il suo bel da fare con le crescenti
proteste degli ambientalisti e delle popolazioni che si oppongono
alla prevista ferrovia ad alta velocità, che taglierà la Val di
Susa, dove si terranno molti degli eventi olimpici.
Lunedì, al fine di evitare la temuta sovrapposizione di elementi di
ribellione, la corsa della torcia è stata deviata dal suo percorso
previsto in quella zona.
Senza dubbio Coca-Cola si aspettava minori difficoltà per il suo
investimento, dichiarato in 61 milioni di dollari.
Invece, viene attaccata come “sponsor sporco”.
Il marketing di alto livello e i marchi di proprietà hanno tenuto
in pugno per decenni le Olimpiadi.
Si tratta di una antipatica ma necessaria unione di denaro e flash,
senza la quale questi Giochi, costosi in modo assurdo, non
potrebbero più essere organizzati. Ma in questo processo, quei
cerchi che contraddistinguono le Olimpiadi sono stati tutto tranne
che idealizzati dalla pubblicità degli sponsor. E nessuno ha
dimenticato come Coca-Cola abbia essenzialmente shanghaizzato (NdT:
arruolato a forza) i Giochi di Atlanta, trasformando quelle
Olimpiadi in un appariscente esercizio auto-promozionale nella sua
città.
A Torino, non si è potuto fare a meno del marchio Coca-Cola, che ha
il diritto, conferitogli dai dollari, di colorare tutte le località
olimpiche con il suo imprimatur rosso-e-bianco.
Ma si deve notare che Coca-Cola è stata una convinta sostenitrice
delle Olimpiadi molto prima che esse diventassero affascinanti.
Infatti, è stata il primo sponsor aziendale ai Giochi del 1928 e vi
rimane legata, in base ai contratti in corso, fino al 2008 a Beijing,
dove ci si aspetta che le Olimpiadi Estive arrivino alla colossale
cifra di 1 miliardo di dollari forniti dagli sponsor di prim’ordine.
Esistono 11 di questi sponsor globali, conosciuti come “The
Olympic Partner”, o TOP: Coca-Cola, Atos Origin (tecnologia
dell’informazione), Manulife Financial, General Electrics, Kodak,
Lenovo (produttore cinese di computer), Omega, Panasonic, Samsung,
Visa e McDonald’s.
Complessivamente, questi sponsor hanno tirato fuori 866 milioni per
il Comitato Olimpico Internazionale per il ciclo olimpico 2005-2008.
Possono pertanto essere molto permalosi per quanto riguarda
l’esclusiva. Tecnicamente, possono sempre impedire ai tifosi di
accedere ad un luogo se portano striscioni di una compagnia rivale,
o se indossano t-shirt con evidente loghi della concorrenza.
Il Comitato Olimpico Internazionale gestisce i dollari delle grandi
compagnie (e i diritti radiotelevisivi) in questo modo: il 50 % va
ai comitati organizzatori delle città ospiti, il 40 % è suddiviso
tra i Comitati Olimpici nazionali per l’allenamento e la crescita
degli atleti; il 10 % lo trattiene il CIO per i costi logistici ed
amministrativi.
C’è, inoltre, un secondo ordine di sponsor locali ed è qui che
Torino ha incontrato problemi. Un taglio degli sponsor pubblici e
privati – ora ce ne sono 57 a bordo, più 34 licenziatari
ufficiali – ha provocato un buco di bilancio che era
originariamente di 300 milioni di dollari e che è stato ridotto a
196 milioni di dollari, con l’intervento del governo nazionale per
coprire il buco. Non è stato d’aiuto che le vendite dei biglietti
siano state più basse delle aspettative, con poco più di 700.000
biglietti venduti fino a lunedì. L’obiettivo è arrivare ad un
milione, che sarebbe comunque il risultato più basso dai Giochi
invernali del 1992 ad Albertville). (Una gran parte adesso è stata
messa a disposizione degli studenti a prezzi ridotti).
Si può sempre discutere se le Olimpiadi siano un buon investimento
economico per la città/paese che le ospita. Salt Lake City ha
realizzato un profitto, ma la Grecia è ancora alle prese con un
debito di 10 miliardi di dollari di Atene, che ha portato il deficit
di bilancio del paese al 7% del PIL.
Questi Giochi sono già al di sopra di quanto originariamente
stimato del 18%, in parte perché il TOROC ha deciso di allargarli
su 7 municipalità intorno a Torino, con una spesa di 15,21 miliardi
di dollari e un guadagno di 57.000 nuovi posti di lavoro creati
annualmente nell’attuale ciclo olimpico.
Naturalmente, i numeri possono essere sgretolati in dozzine di modi
da Domenica.
Quello che non è in discussione è che tutti i soggetti coinvolti
vogliamo proteggere i loro investimenti finanziari.
Per Coca-Cola, con l’infuocato viaggio della torcia, la
sponsorizzazione potrebbe rivelarsi un disastro. Ma studi condotti
negli Stati Uniti hanno dimostrato che l’associazione (NdT: del
marchio) alle Olimpiadi si traduce in enormi aumenti di profitto,
con il 34% degli intervistati in un sondaggio che hanno detto che
preferirebbero acquistare prodotti o servizi da compagnie che
supportano gli atleti americani. Questo
va sotto il nome di “good vibe” payoff.
I commercianti non licenziatari e furfantelli sono diventati
sempre più furbi nell’aggirare le regole, anche se le guardie del
CIO vigilano contro “le imboscate al logo”, che i funzionari
descrivono come “parassite”.
Così, mentre lo spazio aereo sopra Torino verrà chiuso durante i
Giochi, per ragioni di sicurezza, si dovranno prevenire anche gli
“intrufolatori” di striscioni pubblicitari volanti sopra lo
Stadio Olimpico.
Ancora, gli sponsor più danarosi sono colpevoli di perdere
completamente la prospettiva, lavorando sotto la falsa impressione
che i Giochi sono per loro.
I reporter sono stati sommersi di confezioni promozionali patinate
– ahimé, piccola corruzione pubblicitaria – dal Gruppo degli
11, quasi tutti immediatamente gettati.
E ieri, il presidente del CIO Jacques Rogge era a disposizione per
il lancio mozzafiato dell’imballaggio di prodotti McDonald’s con
informazioni nutrizionali.
E’ un Big Mac, per amor del cielo.
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