LE
DONNE DEL KERALA CONTRO LA COCA-COLA
Il
racconto di Vandana Shiva sulla campagna di protesta indiana
Autore:
Vandana Shiva, direttrice della Research Foundation for Science,
Technology and Ecology (India), autore in particolare di La
guerra dell'acqua, Feltrinelli, 2003, e di Il mondo sotto
brevetto, Feltrinelli, 2002
Testata: Le Monde Diplomatique (versione italiana distribuita con Il
Manifesto del 14 Marzo 2005)
Data: 14 Marzo 2004
Documenti collegati: La Sentenza della Corte Suprema del Kerala del
16 Dicembre 2003 che ordina alla Coca Cola di fermare l'estrazione
dell' acqua di falda
Espulsa
dal governo indiano nel 1977, la Coca Cola ha rimesso piede nel
paese il 23 Ottobre 1993, quando vi si insediava l'altra
multinazionale americana, la Pepsi Cola. Attualmente le due
imprese possiedono novanta stabilimenti "d'
imbottigliamento", che in realtà sono..."di
pompaggio": 52 appartengono alla Coca Cola e 38 alla Pepsi
Cola. Ognuno di essi estrae da 1 a 1,5 milioni di litri d'acqua al
giorno.
Questo genere di bevande gassose presenta rischi certi, derivanti
dallo stesso processo di fabbricazione. Prima di tutto gli
stabilimenti d'imbottigliamento, pompando acqua dalle falde, tolgono
ai poveri il diritto fondamentale a procurarsi acqua potabile.
Inoltre, generano rifiuti tossici che minacciano l' ambiente e la
salute pubblica. Infine, producono bevande notoriamente pericolose
per la salute - il Parlamento indiano ha costituito una commissione
parlamentare mista incaricata d'indagare sulla presenza di residui
di pesticidi.
Per più di un anno, nel distretto di Palaghat, nel Kerala, alcune
donne della tribù di Plachimada hanno organizzato sit-in di
protesta contro il prosciugamento delle falde freatiche provocato
dalla Coca Cola. "Gli abitanti - scrive Virender Kumar,
giornalista del quotidiano Mathrubhumi - si caricano sulla testa
grandi quantità di acqua potabile, da andare a cercare sempre più
lontano, mentre camion pieni di bevande gassose escono dallo
stabilimento della Coca Cola (1)".
Per fare un litro di Coca Cola sono necessari nove litri di acqua
potabile.
Le donne adivasi (2) di Plachimada hanno iniziato ad organizzarsi
poco dopo l'apertura dello stabilimento della Coca Cola la cui
produzione doveva raggiungere, nel marzo 2000, 1.224.000 bottiglie
di Coca Cola, Fanta, Sprite, Limca, Thums Up, Kinley Soda, e Maaza.
Il panchayat locale (3) aveva concesso alla multinazionale, sotto
condizione, l'autorizzazione ad attingere acqua con l'aiuto di pompe
a motore. Ma la multinazionale, del tutto illegalmente, dopo aver
scavato più di sei pozzi attrezzandoli con pompe elettriche ultra
potenti, ha iniziato a pompare milioni di litri di acqua pura. Il
livello delle falde è drasticamente sceso, passando da 45 a 150
metri di profondità.
Non contenta di rubare acqua alla collettività, la Coca Cola ha
inquinato il poco che ne rimaneva convogliando le acqua sporche nei
pozzi a secco scavati nello stabilimento per sotterrare i rifiuti
solidi. Prima, l'impresa depositava i rifiuti in superficie,
cosicché nella stagione delle piogge questi ultimi, disperdendosi
fra risaie, canali e pozzi, costituivano una gravissima minaccia per
la salute pubblica. Oggi non è più così. Ma la contaminazione
delle sorgenti di acqua resta un dato di fatto.
Con le sue procedure, la Coca Cola ha provocato il prosciugamento di
260 pozzi, la cui trivellazione era stata eseguita dalle autorità
per sopperire al bisogno di acqua potabile e all'irrigazione
agricola. In questa regione del Kerala, definita "il granaio
del riso" proprio perché si tratta di un ecosistema ricco e
ben fornito di acqua, le rese agricole sono diminuite del 10%. Il
colmo è che la Coca Cola ridistribuisce agli abitanti dei villaggi,
sotto forma di concime, i rifiuti tossici prodotti dal suo
stabilimento. I test effettuati hanno infatti dimostrato che questi
concimi hanno un'alta percentuale di cadmio e piombo, due sostanze
cancerogene.
Rappresentanti delle tribù e dei contadini hanno denunciato non
solo la contaminazione delle riserve acquifere e delle sorgenti, ma
anche le trivellazioni senza criterio che compromettono gravemente i
raccolti; hanno richiesto, in particolare, la protezione delle
tradizionali sorgenti d'acqua potabile, degli stagni e dei vivai di
pesci, la manutenzione delle vie navigabili e dei canali, il
razionamento dell'acqua potabile.
Invitata a fornire spiegazioni sul suo operato, la Coca Cola ha
rifiutato al panchayat i chiarimenti richiesti. Di conseguenza,
quest'ultimo le ha notificato la soppressione della licenza di
sfruttamento delle acque. Per tutta risposta, la multinazionale ha
cercato di comprarne il presidente, Anil Krishnan, offrendogli 300
milioni di rupie. Inutilmente.
Tuttavia, mentre il panchayat le ritirava il permesso di
sfruttamento, il governo del Kerala, da parte sua, ha continuato a
proteggere l'impresa. Non a caso le ha concesso circa 2 milioni di
rupie (36.000 euro) a titolo di sovvenzione alla politica
industriale regionale. La Pepsi e la Coca Cola ricevono aiuti simili
in tutti gli stati in cui sono presenti. E questo per bibite il cui
valore nutrizionale è nullo rispetto a bevande indiane tradizionali
(ninbu pani, lassi, panna, sattu...).
L'industria delle bibite gassose utilizza sempre più lo sciroppo di
mais ad alto tenore di fruttosio. Non solo questo edulcorante è
nefasto per la salute ma lo stesso mais viene coltivato per produrre
industrialmente alimenti per il bestiame. UN grande quantità di
mais viene quindi sottratta al consumo alimentare, privando alla
fine i poveri di un prodotto base essenziale e a buon mercato. Per
di più, la sostituzione di dolcificanti estratti dalla canna da
zucchero, come il gur e il khandsari, danneggia i
contadini ai quali questi prodotti garantivano redditi e mezzi di
sussistenza, In sintesi, la Coca Cola e la Pepsi Cola provocano,
sulla catena alimentare e sull' economia, un impatto pesante che non
si limita al contenuto delle bottiglie.
Nel 2003, le autorità sanitarie del distretto hanno informato gli
abitanti di Plachimada che l'acqua, ormai inquinata, non poteva
essere usata per scopi alimentari. Le donne erano state le prime a
denunciare questa "pirateria idrica" nel corso di un dharna
(sit-in) di fronte ai cancelli della multinazionale.
Nato per iniziativa delle donne adivasi, il movimento ha attivato,
non solo a livello nazionale, ma mondiale, un crescendo di
solidarietà. Incalzato dall'espandersi del movimento e dalla
siccità che ha ulteriormente aggravato la crisi idrica, finalmente,
il 17 febbraio 2004, il capo del Governo del Kerala ha ordinato la
chiusura dello stabilimento della Coca Cola. Le alleanze arcobaleno,
nate inizialmente tra le donne della regione, hanno finito con il
coinvolgere tutto il panchayat. Non solo, quello di Perumatty (nel
Kerala), ha presentato, in nome del pubblico interesse, un' istanza
contro la multinazionale presso il tribunale supremo del Kerala.
Il 16 Dicembre 2003, il giudice Blakrishnana Nair ha ordinato alla
Coca Cola di smettere di pompare illegalmente dalla falda di
Plachimada. Le motivazioni della sentenza valgono quanto il verdetto
stesso. Il magistrato infatti ha voluto precisare: "La dottrina
della pubblica sicurezza si basa innanzitutto sul principio per cui
alcune risorse come l'aria, l'acqua del mare, le foreste abbiano,
per l'insieme della popolazione, un'importanza così grande, che
sarebbe totalmente ingiustificato farne oggetto di proprietà
privata. Le suddette risorse sono un dono della natura e dovrebbero
essere messe a disposizione di tutti in modo gratuito,
indipendentemente dalla posizione sociale. Poiché tale dottrina
impone al governo di proteggere queste risorse, in modo che
l'insieme della collettività possa usufruirne, nessuno può
autorizzarne l'utilizzo da parte di privati a fini commerciali
[...]. Tutti i cittadini senza eccezioni sono i beneficiari delle
coste, dei corsi d'acqua, dell'aria, delle foreste, delle terre
fragili da un punto di vista ecologico. In quanto amministratore, lo
stato, per legge, ha il dovere di proteggere le risorse naturali [le
quali] non possono essere trasferite alla proprietà privata".
In sintesi: l'acqua è un bene pubblico. Lo stato e le sue diverse
amministrazioni hanno il dovere di proteggere le falde freatiche da
uno sfruttamento eccessivo, e la loro inazione in materia è una
violazione al diritto alla vita garantito dall'articolo 21 della
Costituzione indiana. La Corte suprema ha sempre affermato che il
diritto a usufruire di un'acqua e di un'aria non inquinate fa parte
integrante del diritto alla vita stabilito dal suddetto articolo. In
altre parole, anche in assenza di una legge che regoli
specificamente l'utilizzazione delle falde freatiche, il panchayat e
lo stato sono tenuti ad opporsi allo sfruttamento intensivo di
queste riserve sotterranee. E il diritto di proprietà della Coca
Cola non si estende alle falde situate sotto le terre che le
appartengono. Nessuno ha il diritto di appropriarsi della maggior
parte dell' acqua, e il governo non ha alcun potere di autorizzare
un terzo privato ad estrarne tali quantità.
Da qui i due ordini emessi dal tribunale: entro un mese la Coca Cola
dovrà progressivamente smettere di pompare acqua per suo uso;
passato questo termine, il panchayat e lo stato garantiranno
l'applicazione della sentenza.
La rivolta delle donne, che sono il cuore e l'anima del movimento,
è stata ripresa da giuristi, parlamentari, scienziati e
scrittori... Il movimento si è esteso ad altre regioni, dove la
Coca Cola e la Pepsi pompano le riserve acquifere a danno degli
abitanti.
A Jaipur, la capitale del Rajahstan, dopo l'apertura, nel 1999,
dello stabilimento della Coca Cola, il livello delle falde è
passato da dodici metri di profondità a trentasette metri e
cinquanta. A Mehdiganj, una città a venti chilometri di distanza
dalla città santa di Varanasi (Bénarès), è sceso di dodici metri
e i campi coltivati attorno allo stabilimento sono oramai inquinati.
A Singhchancher, un villaggio del distretto di Ballia (nell' est
dell' Utar Pradesh), lo stabilimento della Coca Cola ha inquinato
definitivamente acqua e terre.
Ovunque la protesta si organizza. Ma va sottolineato che, nella
maggior parte dei casi, le autorità pubbliche reagiscono con
violenza alle manifestazioni. A Jaipur, per esempio, il militante
pacifista Siddharaj Dodda è stato arrestato nell' Ottobre del 2004
per aver partecipato ad una marcia che chiedeva la chiusura dello
stabilimento.
Catene umane intorno agli
stabilimenti
Al prosciugamento dei pozzi si
aggiungono i rischi di contaminazione da pesticidi. Il
tribunale supremo del Rajahstan ha proibito la vendita delle bibite
prodotte da Coca Cola e Pepsi, perché queste ultime si sono
rifiutate di fornire una lista dettagliata dei componenti, quando
alcune analisi hanno dimostrato la presenza di pesticidi pericolosi
per la salute (4). Le due multinazionali hanno presentato ricorso
alla Corte suprema dell' India, ma questa ha rifiutato l'appello e
ha convalidato la richiesta del tribunale del Rajahstan, ordinando
la pubblicazione della composizione precisa dei prodotti fabbricati
dalla Pepsi e dalla Coca. A tutt'oggi queste bevande sono proibite
nella regione.
Uno studio, condotto nel 1999 da All India Coordinated Research
Project on Pesticide Residue (Aicrp), ha dimostrato che il 60% dei
prodotti alimentari venduti sul mercato è contaminato da
pesticidi e che il 14% ne contiene dosi superiori alla quantità
massima autorizzata. Una tale constatazione rimette in discussione
il mito secondo cui le multinazionali privileggerebbero la sicurezza
e l' affidabilità, il che le renderebbe degne di una fiducia
rifiutata al settore pubblico e alle autorità locali! Questo
pregiudizio elitario contro l' amministrazione pubblica di beni e
servizi ha contribuito a fare accettare la privatizzazione dell'
acqua. In India, come altrove nel mondo, il ricorso ai privati
impedisce di fornire acqua di qualità a un prezzo abbordabile.
Il 20 Gennaio 2005, in tutta l' India, attorno agli stabilimenti
della Coca Cola e della Pepsi Cola, sono state organizzate delle
catene umane. Tribunali popolari hanno notificato agli "idro-pirati"
l'ordine di lasciare il paese. Il caso di Plachimada dimostra che il
potere del popolo può avere la meglio su quello delle imprese
private. I movimenti per la difesa delle acque, peraltro, si
spingono ben oltre. Vogliono parlare anche delle dighe, e del grande
progetto di collegamento fluviale i cui piani prevedono la
deviazione del corso di tutti i fiumi della penisola indiana,
suscitando un' opposizione crescente (5). Denunciano le
privatizzazioni incentivate dalla Banca Mondiale e la
privatizzazione della fornitura d' acqua e New Delhi (6). Bisogna
infatti sottolineare che il saccheggio non potrebbe aver luogo senza
l' aiuto di Stati centralizzatori e corporativi.
La Battaglia contro il furto dell' acqua non riguarda solo l' India.
L'eccessivo sfruttamento delle falde freatiche, i grandi progetti di
deviazione dei corsi d' acqua pregiudicano la conservazione della
Terra nel suo complesso. Per avere un' idea della posta in gioco,
bisogna sapere che se ogni punto del pianeta ricevesse la stessa
quantità di precipitazioni, con la stessa frequenza e secondo lo
stesso schema, ovunque troveremmo le stesse piante e le stesse
specie animali. Il pianeta è fatto di diversità. Il ciclo
idrologico dei pianeti è una democrazia dell' acqua - un sistema di
distribuzione al servizio di tutte le specie viventi. Dove non c' è
democrazia dell'acqua, non ci può essere vita democratica.
(1) Virenda
Kumar,
"lettera aperta al capo del governo", Mathrubhumi,
Thiruvananthapuram (Kerala), 10 marzo 2003
(2) NdT: il termine Adivasi designa le tribù autoctone nelle quali
non esiste un sistema di caste
(3) Il consiglio che esercita l'autorità nel villaggio
(4) Le bevande contenevano diversi pesticidi tra i quali il
Ddt. La
commissione del governo ha concluso che questi residui erano
"nei limiti normativi" accettati in India...Nelle
bottiglie di Coca o di Pepsi consumate negli Stati Uniti o in Europa
non si trova alcuna traccia di pesticidi
(5) Arundhaty Roy, The Cost of Living, Modern
Library, 1999
(6) Per il ritrattamento delle acque, il cantiere è stato affidato
a Degremont, filiale del gruppo Suez. A Delhi, negli ultimi anni il
prezzo dell'acqua è aumentato di dieci volte.
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