TRENTO
BOICOTTA
COCA-COLA
SPONSOR DELLA FIACCOLA OLIMPICA...
E DEGLI SQUADRONI DELLA MORTE COLOMBIANI
TRENTO,
23 GENNAIO 2006
TRENTO:
CONTESTATO IL PASSAGGIO DELLA FIACCOLA OLIMPICA (GLOBAL
PROJECT)
fonte: il Trentino 24.01.2006
Vincono i no global: stop alla Coca Cola
I Disobbedienti si sdraiano in via Prepositura, i camion della multinazionale non passano
Global Project Trento - Martedì 24 gennaio 2006
TRENTO - Hanno vinto i Disobbedienti: i camion della Coca Cola non sono passati. Gli autisti hanno reagito con parole irripetibili, i rappresentanti della multinazionale hanno storto il naso (qualcuno ha anche alzato la voce con le forze dell’ordine pretendendo il «rispetto dei diritti»), ma alla fine i mezzi pubblicitari, di fronte al muro umano in via Prepositura, hanno fatto dietrofront.
Nessun problema per la fiaccola olimpica, che i no global hanno lasciato passare applaudendo.
Che ci fosse brutta aria già lo si sapeva e non a caso da Padova era arrivato a Trento il reparto mobile della polizia, che in via Prepositura si è fatto trovare in assetto antisommossa: casco, scudo e manganello.
Da tempo nel mirino del mondo no global c’è l’Olimpiade di Torino. O meglio, tutto l’apparato che ruota attorno all’evento a cinque cerchi.
Partendo dalla multinazionale che vende la bibita più famosa del mondo, la Coca Cola, sponsor ufficiale delle Olimpiadi. I no global puntano il dito contro il colosso di Atlanta per i comportamenti antisindacali in Colombia, dove la Coca Cola - denunciano - si sarebbe macchiata di «crimini e violenze contro i sindacalisti». E poi la politica da conquista imperiale, con il tentativo di imporre il monopolio anche in aree del mondo, come il Chiapas (Messico), dove i problemi sono ben diversi dalla scelta di una bibita.
Non solo, il movimento denuncia un’improvvisa politica igienista a Torino in vista delle Olimpiadi invernali: «Centri sociali sgomberati, intensificazione dei controlli sui migranti, deportati direttamente nei deserti della Libia». Insomma, si vuole fare piazza pulita di tutto quello che può disturbare l’occhio del turista olimpico. Queste le premesse di quanto accaduto ieri pomeriggio verso le 18.30 in via Prepositura. Una quarantina di persone - tra questi i volti noti di Donatello Baldo, Federico Zappini e Stefano Bleggi - si sono sistemati a bordo strada con striscioni contro la multinazionale di Atlanta, la «Killer Cola». Hanno distribuito volantini, sempre seguiti dalle forze dell’ordine (molti gli agenti in borghese che presidiavano la zona di Santa Maria Maggiore). Prima dell’arrivo della fiaccola c’è stato un tentativo di trattativa tra la Digos e i no global per evitare che la manifestazione degenerasse.
La pressione della caldaia è salita non appena è spuntata da via Rosmini la carovana olimpica. A quel punto i Disobbedienti si sono sdraiati in mezzo alla strada: «La fiaccola sì, i camion della Coca Cola e della Samsung no». Una posizione durissima, senza vie d’uscita. Con il passare dei minuti i rappresentanti delle multinazionali si sono innervositi, ma le forze dell’ordine hanno voluto evitare la soluzione peggiore: lo scontro (e francamente è stata una posizione di buon senso). Gli sponsor non hanno gradito, hanno protestato e ad un certo punto un ispettore di polizia ha urlato a muso duro: «Che volete che facciamo, che carichiamo?». Una provocazione, evidentemente. Nessuno voleva alzare il tiro. Ci mancava solo che il giorno della Fiamma Olimpica a Trento finisse a colpi di manganello. Dalla coda della carovana finalmente è spuntato il tedoforo con la fiaccola. A quel punto il muro umano si è aperto e la fiamma olimpica è sfilata tra gli applausi generali. Poi di nuovo tutti a bloccare la strada. Per evitare un «tiramolla» infinito gli autisti dei quattro camion - due targati Samsung, due Coca Cola - hanno dovuto fare marcia indietro. I due mezzi pubblicitari della Coca Cola avevano sulla fiancata una scritta luminosa che a quel punto aveva il sapore dell’umorismo: «Ciao Trento». Addio. Chi non era in via Prepositura per protesta ha seguito curioso l’evolversi della situazione. Qualcuno diceva che - sì - hanno ragione i Disobbedienti: le Olimpiadi non si sporcano con i soldi. Un altro non l’ha mandata a dire: «Andate a lavorare», ha urlato con rabbia, sentendosi rispondere a tono dai Disobbedienti.
Erano quasi le 19 quando il gruppo dei no global - cantando vittoria - ha sbaraccato e si è portato all’imbocco di via Belenzani, ad attendere l’arrivo dell’ultimo tedoforo, l’ottantenne Roberto Moggio, accompagnato da due bambini, Giorgia Pozza e Diego Crestani. Prima dell’atto finale sono sfilati a due passi dalla fontana del Nettuno quattro tedofori no global, con in mano un bengala: indossavano una maglia con scritti i nomi dei sindacalisti assassinati in Colombia. Il tutto sotto gli occhi di migliaia di persone: qualche applauso, qualche «buffone» partito dalla folla. Tra Disobbedienti e pubblico di piazza Duomo un cordone di forze dell’ordine. La violenza - quella vera - è andata in scena pochi minuti dopo in via Mazzini, quando un gruppo di anarchici ha tentato di strappare dalle mani della mezzofondista trentina Eleonora Berlanda (moglie del ciclista Mariano Piccoli) la fiaccola olimpica. Quattro di loro - compreso il leader storico del nucleo roveretano, Massimo Passamani - sono stati portati in questura e arrestati dalla polizia con l’accusa di resistenza.
Passata la tempesta, resta da capire se ci saranno strascichi giudiziari per i Disobbedienti che hanno partecipato al blocco di via Prepositura. Quelli della Coca Cola ieri promettevano denunce, ma non è ancora chiaro se alle parole (comunque partite in un momento di alta tensione) seguiranno i fatti. I Disobbedienti, in ogni caso, rischiano di essere denunciati per manifestazione non autorizzata, visto che in questura non era arrivata alcuna comunicazione. Non si può escludere neppure la contestazione dell’interruzione di pubblico servizio, considerando che il sit-in in mezzo a via Prepositura ha di fatto bloccato per alcuni minuti gli autobus della Trentino Trasporti.
Questi i volantini distribuiti:
No alle Olimpiadi delle espulsioni
L’inizio dei giochi olimpici necessita che Torino sia “ripulita”, tirata a lucido per accogliere sportivi, giornalisti, tifosi. L’Italia non può permettersi di fare una brutta figura di fronte a tutto il mondo.
Per questo, come già successo nelle precedenti Olimpiadi di Atene 2004, anche a Torino si sta procedendo ad una sistematica pulizia della città da tutto ciò che possa nuocere alla brillante immagine del paese organizzatore.
Si è cominciato diversi mesi fa con lo sgombero di diversi centri sociali dell’area antagonista e ora si prosegue con l’intensificazione dei controlli nei confronti di quei cittadini che hanno meno diritti e che difficilmente riescono a far sentire la propria voce: gli Invisibili.
Cittadini migranti arrestati e portati in Centri di Permanenza Temporanea (i CPT - dei veri e propri moderni lager) o deportati direttamente nei deserti della Libia, senzatetto spostati dalle vie del centro e buttati chissà dove.
Questa è l’altra faccia dell’Olimpiade, manifestazione che dovrebbe essere simbolo di pace e dialogo tra i popoli, ma che per motivi di sponsor e business diventa ennesimo pretesto di nuova espulsione sociale.
Prima delle Olimpiadi vengono i diritti e la dignità delle persone...
NO alla torcia degli affari
Da giorni ormai la torcia olimpica dei giochi invernali di Torino 2006 è in viaggio. E già decine di volte il suo percorso è stato contestato, spesso interrotto. E’ diventato un percorso ad ostacoli.
L’accendersi della fiamma olimpica ormai ha perso gran parte di quei valori di solidarietà e fratellanza per i quali sono nati i giochi e costituisce quasi esclusivamente un circo di interessi economici ed una vetrina per sponsor e multinazionali. Tra queste lo sponsor principale è Coca Cola, o meglio Killer Cola, che si macchia quotidianamente in Colombia, grazie all’utilizzo di sanguinari paramilitari, di crimini e violenze contro sindacalisti e lavoratori, e pratica con la violenza perenni tentativi di imporre il monopolio dei suoi prodotti con effetti drammatici: in Chiapas (Messico), ma non solo, in molte comunità indigene è più facile ed economico trovare una bottiglietta di Coca Cola che un bicchiere d’acqua potabile.
Boicotta Killer Cola!!!
Da Global Project
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