IL FUTURO
E' OGGI
di Israel Shamir
(Israel Shamir è uno dei più noti e più considerati scrittori e giornalisti
russi israeliani.)
Lo scorso settembre, solo qualche settimana prima dello scoppio dell'Intifada, andando a spasso mi ero fermato a Piazza Cinemateque nella Tel Aviv per bene. Nella brezza fresca del tardo pomeriggio qualche dozzina di pensionati con le loro famiglie si divertivano all'aria aperta.
Le vecchie signore impegnate nei lavori a maglia, i ragazzi a dipingere bandiere su grandi fogli di carta. Questo tranquillo raduno era la festa di commemorazione dell'area pacifista israeliana, del settimo anniversario degli Accordi di Oslo ed il discorso di Uri Avneri era il momento culminante.
Quest'uomo, bello con il suo viso nobile e la sua chioma bianca, evocava, come lo fa sempre, la sua visione della coesistenza di due stati in Terra Santa, una Palestina indipendente accanto allo Stato Ebreo.
Ogni parola sembrava al suo posto, ma il discorso era eccitante quanto le notizie di ieri, divertente quanto la trasmissione di un vecchio serial alla TV. Nessuna sorpresa quindi, di non vedere in giro nessuno dei militanti giovani, visto che l'area pacifista tradizionale ha smesso di attrarre persone dinamiche. In questi giorni, il Sig. Avneri sta riciclando nei media lo stesso discorso stanco, focalizzando sull'attuale spauracchio più recente di Israele, la richiesta palestinese di un diritto al ritorno dei profughi, Vi prego di non fraintendermi: Uri Avneri É un uomo di buone intenzioni, un militante a favore dei diritti dei palestinesi, un attivista che da più del dovuto ed un organizzatore efficiente.
E' solo che la sua agenda politica É morta. Proprio morta. Guardiamo in faccia alla verità: l'idea di due stati in Palestina è ed è sempre stata una buffonata. Dopo essere stata separata per 19 anni, la Palestina è stata unita per 33 anni.
Nessun israeliano o palestinese al di sotto dei 40 anni è in grado di ricordare il periodo di transito 1948-1967, che al Sig. Uri Avneri sembra essere il Paradiso Perduto.
Nessun politico israeliano, incluso il compianto Sig. Rabin, ha mai preso in seria considerazione la restituzione di una qualsiasi porzione della Palestina storica. Gli interminabili negoziati sono stati uno spettacolo, messo in programma per ingannare il pubblico.
"Le trattative verranno presto ripristinate" cantava Arik Einstein 30 anni fa e questo stesso vecchio canzone É ancora in circolazione. Nel frattempo, dietro le quinte della facciata dipinta con la dicitura "occupazione militare temporanea", i musi duri sequestravano campi ed edifici, costruivano colonie e portavano in prigione migliaia di palestinesi.
Esponenti israeliani di sinistra e di destra, succedendosi al governo, perpetuavano la finzione delle trattative per non riconoscere i diritti civili della popolazione conquistata. E' stata un'idea brillante, degna del genio ebreo: trascinare i negoziati in eternitÁ rendendo omaggio, a parola, all' idea dei due stati. L'onestÁ mi costringe a dirvi a voce alta e con parole chiare: amici miei, palestinesi ed israeliani, voi siete stati raggirati.
Hanno giocato un gioco crudele con voi, vi hanno preso in giro con promesse vuote come quelle attualmente offerte dal Sig. Avneri. Esistevano - ed esistono tuttora - due strade per fare uscire i palestinesi dalla schiavitù. L'una sarebbe sconfiggere Israele. L'altra porta ad unirsi ad essa. La terza via, quella di una nuova partizione, è soltanto un'illusione, una carota succosa fatta penzolare davanti al naso dell'asino.
Se mi sentissi attratto dalla teorie di cospirazione, potrei immaginare che questa brava gente del movimento pacifista in Israele abbia deliberatamente fornito la gamba sinistra all'impalcatura fatiscente dell'apartheid.
Ridisegnando di continuo la vecchia Linea Verde (dell'armistizio) essi hanno sanzionato la condizione di non-cittadino dei Palestinesi residenti in terra propria.
Definendo i territori "Territori Occupati" essi si sono esentati dal dovere di combattere l'esclusione dei Palestinesi dalla vita politica del paese. Opponendosi all'annessione dei territori, hanno di fatto legittimato la buffonata dei bantustan indipendenti. Ma l'ipotesi di una cospirazione di questo tipo sarebbe fin troppo cervellotica. Non credo che il Sig. Avneri ed il resto dell'area dei pacifisti abbiano ricevuto i loro aggiornamenti negli uffici dello Shabak, loro erano semplicemente troppo bisognosi di credere che questo o quell'altro criminale di guerra avrebbe concluso una pace equa con i Palestinese. I generali facevano loro il favore di tenere in vita l'illusione. Perfino un bambino, quando guarda i film di James Bond, strada facendo capirÁ che il protagonista non sarÁ divorato dai coccodrilli e non finirÁ avvolto dalle fiamme. Tanto meno ci sarebbe motivo per temere che un governo israeliano potesse firmare una pace giusta con palestinesi. TroverÁ sempre un motivo per non farlo. Che tipo di "pace" potrebbe stipulare Israele ? In un articolo pubblicato da quel popolare guardiano della fede sionista qual'É il quotidiano New York Times, (15.12.2000), un bravo ebreo americano col nome di Richard Bernstein raccomanda al neo-eletto Presidente Bush un libro recente, scritto da un altro sapientone dello stesso risma, Robert Kaplan.
Il libro svela il vero progetto di pace israeliano: "Per decenni ho sentito dire che ci sarebbe stata o una Grande Israele, o uno stato Palestina. Adesso sappiamo che ci saranno ambedue: uno stato Palestinese minuscolo, senza controllo del suo spazio aereo nè delle principali autostrade che l'attraversano, ubicato all'interno di un'Israele dinamica che continuerà ad attrarre forza di lavoro da oltre confine diventando così, il fattore di stabilità della Grande Siria." Grazie a voi, cortese Bernstein e gentile Kaplan, per avere fatto chiarezza sull' intenzione di Israele e dei suoi alleati sionisti di mantenere i Palestinesi per sempre chiusi dentro le loro riserve, destinati a competere con i loro parenti della Giordania e della Siria per le opportunitÁ di collocamento al lavoro offerte dallo stato Ebreo.
Questa è la pace che ha messo le ali alle colombe israeliane. Se funziona, gli Stati Uniti potrebbero collaudare il concetto concedendo l'indipendenza alla popolazione afro-ispanica degli USA, con una capitale a South Bronx.
Lo stato nuovo consisterebbe di cinquecento recinti chiusi da una rete di super-autostrade e da chilometri di muraglie di cemento armato, contenendo tutti i non-bianchi degli USA. Se questa è pace, io scelgo la guerra. E già che ci sto pensando, ho cambiato idea.
Non mi sento abbastanza generoso da lasciare all'area pacifista di Israele il beneficio del dubbio circa la loro buona fede. Troppo spesso loro adoperano questa parola baldanzosa dello Stato Ebreo.
E' facile capire perchÊ, considerando che il Sig. Avneri ed i suoi compagni hanno raggiunto la maggiore età negli anni del razzismo rozzo biologico cui ideologie furono impostate da Weininger, Nordau, Chamberlain e Hitler. Loro credono effettivamente che una persona appartenga ad una nazione in virtù del sangue.
Per loro, un ebreo É sempre É sarÁ sempre un ebreo e perciò coltivano l'idea di "due stati per due nazioni". Io credo che loro vogliano, in effetti, uno stato ebreo. Mi dispiace urtare i vostri migliori sentimenti, ma la nozione di "un ebreo" É una finzione, un fantasma creato da ideologi nazisti e perpetuato dalla mente sionista.
Il vero popolo ebreo, quello di Pale e del ghetto, se n'è andato da tempo, è svanito, è stato assimilato in America, in Russia, Francia ed altrove. Oggi noi siamo qualcosa di alquanto differente - americani, russi e palestinesi di origine ebrea. Qualunque fossero le connotazioni di una cultura nazionale dei nostri avi, noi le abbiamo perse. Un Cohen di San Francisco non è più membro di una tribù ebrea, come un Jones di Atlanta non è più un gallese o un Mazzoni di New York non è più un siciliano. La piccola minoranza ebrea religiosa residuale di Bne' Brak e di Brooklyn non solo non ha bisogno dello stato sionista, ma non lo considera nemmeno "ebreo".
Questo fantasma di un ebreo sopravvive grazie alla macchina salvavita che lo tiene in vita dall'esterno. Essa è formata da una strana ma formidabile coalizione della nostalgia ebrea americana per la vita ebrea dei tempi andati, con funzionari delle organizzazioni ebree, imprenditori della Shoa, succhiando soldi dalla Germania, con esattori di contributi di beneficenza, mafiosi ebrei alla ricerca di un porto sicuro, stralunati cristiani di destra, credenti negli Anziani di Sion e venditori terra a terra dell'industria militare.
Unendo tutte le loro forze, non riuscirebbero a resuscitare il popolo ebreo di una volta, ma sono riusciti a produrre la super-mafia sionista internazionale, un progetto mondiale molto materiale, come nella novella di Umberto Eco.
Tuttavia, questo mostro ha nulla da vedere con noi, la gente reale di Israele, dove la parola "ebreo" non ha significato. Sig. Avneri, Le è capitato di recarsi a Maalot o Ophakim di recente ? In queste cittÁ Le capita raramente di imbattersi in qualcuno che potesse considerare un "ebreo".
Se Lei parla l'ucraino o l'amharo, probabilmente se la caverÁ. Il fatto è che noi non abbiamo due nazioni, ma una pluralità di comunità. I marocchini di Ramle, i russi di Ashdod, i rampanti geni del software di Herzliya Pituah, i miliardari di Cesarea, i coloni di Tapuah, gli studiosi di Mea Shearim, gli etiopi di Ofakim - queste comunità così abissalmente distanti l'una dall'altra costituiscono una nazione ebrea solo nell' immaginario della classe dirigente sionista, i coloni pre-48 ed i loro figli attempati.
La "prima Israele" ha buone ragioni per pigliar questa fuga di fantasia, considerando che questa minoranza detiene ancora il monopolio di potere sulle altre comunitÁ tenendo sotto controllo tutte le loro aspirazioni. Nessuno venuto dall'infuori di questa ristretta cerchia è mai riuscito ad approdare in qualche luogo vicino al centro di potere. Difficilmente troverete un russo (il 20% degli elettori) o un marocchino (il 30% degli elettori) occupare in Israele una posizione di potere ed influenza indipendente.
Quando un ebreo orientale fu eletto ad occupare un posto di cerimonia quale Presidente, la "prima Israele" entrò in lutto. Oggi questi strati elitari dominanti devono affrontare lo spiacevole problema di essere a corto di talenti e di idee. Hanno portato la loro esclusività a forme estreme facendo l' adorazione del militare sboccare in idolatria.
La faccia del generale Sharon - in lotta per il potere con il suo vice al posto di comando, il generale Barak contro il vecchio assassino di Cana, Shimon Peres - che si propone come Grande Speranza Bianca, è certamente una prova adeguata per la bancarotta della Prima Israele. L'idea sionista è collassata; solo sangue e guerra possono ancora tenere in moto il Golem. Al di là del fumo delle illusioni razziste, noi già viviamo in una Palestina unita. La Linea Verde esiste solo nelle nostre menti.
E' nell'interesse comune di noi tutti eliminarla completamente e stabilire l'uguaglianza di tutti davanti alla legge nella Palestina (Israele) intera, dal fiume Giordano fino al Mare Mediterraneo. Allora potremo godere di un solo ordine legale per il figlio nativo della terra e il neo-arrivato, giusto come la Bibbia ci comanda di fare. Un solo diritto per il kibbutznik di Afikim così come per il fellah di Yatta. Poteva succedere anni fa, se la sinistra israeliana non nutrisse l'illusione della spartizione.
Perfino a Gerusalemme nessuna casa sarebbe stata demolita, nessun terreno confiscato, se la popolazione palestinese della città avesse partecipato alle elezioni ed inviato i suoi deputati nella Giunta Municipale. Senza la Linea Verde, gli orrori dell' occupazione sarebbero cessati da tanto tempo, così come l'Amministrazione Militare della Galilea Palestinese fu eliminata nel 1966. I 40% di deputati del Knesset eletti dai palestinesi avrebbero potuto fare cancellare tutte le leggi discriminanti, inclusa la Legge sulla Proprietà di Assenti e la presente Legge sulla Cittadinanza.
In uno stato rappresentativo, il ritorno dei profughi palestinesi non dovrebbe necessariamente provocare un trauma. Se i profughi di Deheishe ritornassero a Sataf e Suba, distanti appena 15 chilometri, se i contadini di Deir Yassin tornassero, non ne soffrirebbe nessuno. I contadini di Sheich Munis riceverebbero una compensazione di tutto rispetto, a carico dell'Università di Tel Aviv costruita sui loro terreni.
Forse useranno la loro compensazione per costruire case nuove nelle vicinanze dell'Università, o per comperarsi appartamenti a Ramat Aviv Gimel.
Prendiamo a prestito un foglio dal Codice legale della Polonia: la Polonia ha restituito ai profughi ebrei le loro proprietà, ma non ha permesso di sfrattare gli attuali inquilini. L'eliminazione della Linea Verde sarà, in effetti, buona per noi tutti, anche per i coloni.
Loro dovrebbero poter rimanere dove sono e vivere da uguali nel nostro ordinamento comune. Senza l'esercito ad imporre la loro superiorità, i coloni desisteranno dai loro comportamenti malefici per trasformarsi in buoni vicini, oppure scapperanno.
Allora, come dobbiamo fare per aver la Terra Promessa? Noi ci siamo già ! Noi abbiamo già uno stato unificato, la Palestina storica É unificata. Smettetela con la retorica vuota dell'occupazione e dei due stati. Non abbiamo bisogno di stratagemmi, di "soluzioni creative", ci basta il bravo, vecchio suffragio universale, il collaudato principio di "un uomo - un voto", come già rivendicato dai nostri nonni in Europa orientale.
Loro l'hanno ricevuto dai gentili 150 anni fa, sarebbe ora che lo concedessimo anche noi. "E' inutile gridare all'usuraio che sta affogando 'dammi la tua mano!'. Egli non ha mai dato e non darà adesso. Bisogna invece gridare 'prendi la mia mano!' ed egli s'aggrapperà ad essa".
Questo era il consiglio del sufi saggio Hagi Nasr ad-Din. La classe dirigente di Israele non darÁ mai alcunchÊ. I palestinese ed i loro alleati ebrei devono dire "Prendilo !" e chiedere che la Terra Santa non venga mai più divisa.
BACK