Il 10 maggio ricorre
l'anniversario del primo anno di deportazione di 38 cittadini di Betlemme, che
durante l'assedio delle forze di occupazione israeliane il 1 aprile del 2002,
si rifugiarono nella chiesa della nativita'.
Combattenti per la liberta' che furono cacciati dopo 40 giorni di assedio dalle
loro case, villaggi, citta' e famiglie. Deportati senza poter vedere nessuno
dei propri familiari 26 a Gaza, e 13 di loro in Europa.
Da allora vivono
questo stato di deportazione, che costituisce una testimonianza dei crimini
che Israele continua a perpetrare nei confronti del popolo palestinese, ignorando
tutti i trattati e le convenzioni internazionali.
La stessa politica che 55 anni fa vide la creazione dello Stato Sionista di
Israele, stabilirsi, occupando, espropriando e deportando il popolo palestinese
dalla propria terra.
Anche la Comunita'
Internazionale, in tutto questo periodo, non ha esercitato nessuna pressione
nei confronti di questo Stato che rappresenta una disgrazia per l'umanita' e
prova che Israele e' uno stato fuori legge e che dovrebbe essere punito e isolato.
Gli Stati Uniti stanno usando due pesi e due misure, ricompensando gli occupanti
e punendo le vittime.
Il diritto del popolo palestinese a lottare per ritornare alle proprie case,
citta' e villaggi, e' un diritto che non puo' essere condannato e le coscenze
umane devono intervenire immediatamente per porre fine a questa tragedia.
Per questo oggi, ad un anno
dalla deportazione, e a 55 anni di occupazione israeliana, i "shabab al kanisa"
si sono riuniti in un sit-in di protesta di fronte alla Croce Rossa Internazionale
di Gaza e di fronte alla Chiesa della Nativita' di Betlemme, per ricordare al
mondo quello che e' successo.
Da parte sua
Israele non ha nessuna intenzione di cedere nulla, e le prime risposte, alla
proposta di "Road Map" il tanto sbandierato nuovo processo di pace, sono state
continui massacri e rifiuto di lasciare i territori palestinesi. Come potranno
raggiungere la pace, se l'arroganza del piu' forte stato militare continua ad
imporre la propria violenza su questi territori?
Quale giustizia
sara' fatta nei confronti degli assassini di migliaia di uomini donne e bambini
che avevano la sola colpa di lottare contro l'occupazione? Quale sicurezza potra'
esserci se questo stato si arroga il diritto di espellere tutti gli osservatori
internazionali, i lavoratori, e gli attivisti per la pace arrivando anche ad
ucciderli, senza ritenersi responsabili? Non sara' di certo questa la giusta
via alla sicurezza e alla liberta'..
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