Addameer Press Release: 17 aprile 2003


Rapporto speciale in occasione della Giornata del Prigioniero Palestinese

Mentre ricordiamo la Giornata del Prigioniero Palestinese, questo giovedì 17 aprile, i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane sono sottoposti a condizioni dure e repressive nelle prigioni centrali, nei centri di detenzione e nei campi militari, gestiti sia dall’autorità israeliana per le carceri che dall’esercito stesso. Ciò avviene mentre, fuori dalle carceri, cittadini palestinesi continuano a subire ripetute violazioni di diritti umani basilari, perpetrate dalle forze occupanti israeliane.

Nel corso degli anni, il movimento palestinese dei prigionieri ha realizzato molto nella lotta per assicurare il rispetto degli standard di detenzione basilari. Una lotta condotta molte volte a costo della vita. Tuttavia, questa lotta non è affatto conclusa poiché, dall'inizio dell’Intifada attuale nel settembre 2000, le condizioni di detenzione hanno raggiunto livelli di deterioramento senza precedenti: i prigionieri sono costretti a vivere in condizioni al limite dell’umano, con cibo inadeguato, senza visite dei famigliari, senza attività di ricreazione e con limitazioni severe a uscire dalle loro celle per aria fresca, con controlli medici insufficienti e molti altri problemi.

Dall'inizio del Intifada attuale, nel mese di settembre 2000, fino all’8 aprile 2003, oltre 28.000 palestinesi sono stati carcerati in Israele. Attualmente ci sono 5.123 uomini e 66 donne palestinesi nelle prigioni israeliane. Le campagne di arresti condotte da Israele hanno, in particolare durante lo scorso anno, mirato ai leader politici palestinesi e ai leader della comunità, riuscendo efficacemente a carcerare i capi della società palestinese con un effetto negativo sullo sviluppo della comunità.
Durante l'invasione ed rioccupazione israeliana della maggior parte delle città della Cisgiordania nell’aprile del 2002, molti palestinesi sono stati sottoposti a un vero e proprio clima di terrore con gli arresti condotti dalle forze d'occupazione israeliane, comprese minacce fisiche e psicologiche, tentati omicidi e lesioni come conseguenza degli attacchi indiscriminati. Molti palestinesi feriti sono stati arrestati senza che gli venisse prestata alcuna attenzione medica mentre erano detenuti. Le famiglie delle persone arrestate sono state sottoposte ad attacchi simili, compresa la distruzione di proprietà personali e, in alcuni casi, la distruzione della casa, la minaccia della vite dei bambini e delle donne, presi in ostaggio e tenuti all'interno delle loro case per lunghi periodi, senza il permesso di mangiare, bere o andare al bagno.

Come molte istituzioni locali e ONG palestinesi durante questo periodo, Addameer ha cercato di offrire supporto e servizi ai prigionieri palestinesi malgrado le difficili circostanze nelle quali si trova. Addameer ha continuato il proprio lavoro cercando di garantire contatti fra prigionieri e avvocati e il mondo esterno, continuando le visite di controllo alle prigioni, ai centri di detenzione e ai campi di detenzione militari e tentando di ridurre il doppio isolamento subito dai prigionieri palestinesi durante l’anno appena trascorso come conseguenza della prevenzione delle visite famigliari e delle difficoltà affrontate dagli avvocati nell’accedere alle prigioni e ottenere un contatto con i detenuti. Sulla base delle visite condotte dagli avvocati ai centri di detenzione, prigioni e campi di detenzione militari, e sulla base delle dichiarazioni dei detenuti rilasciati, sono state accertate le seguenti condizioni che offrono un quadro della situazione attuale dei prigionieri palestinesi detenuti da Israele:

1) centri di detenzione: ci sono 7 centri di detenzione situati nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania in cui i detenuti palestinesi subiscono condizioni estremamente dure. Per esempio, al centro di detenzione di Beit El, i carcerati sono tenuti in piccole, ripugnanti celle, prive degli standard minimi. I bagni sono situati fuori delle celle, con permesso di usare il bagno spesso negato, come forma della punizione. I detenuti nei centri di detenzione di Kadumim e di Huwara recentemente hanno iniziato uno sciopero della fame in protesta del loro stato di detenzione, in particolare contro fatto che e stato proibito loro di lasciare le celle per stare all'esterno per l'aria fresca ed è stato proibito l’uso del bagno più di due volte al giorno. Inoltre, soffrono una mancanza totale di controllo medico e un approvvigionamento di cibo sufficiente sia nella quantità che nella qualità. Un detenuto ha informato l'avvocato di Addameer che viene concessa una sola mela la settimana da dividere tra 8 carcerati e che possono avere una tazza di tè a giorni alterni. I detenuti sono ammassati in celle piccolissime: dieci persone in una cella da quattro, e viene loro limitato il tempo che possono passare fuori dalle celle in altri settori del carcere.
Le condizioni di detenzione, per la maggior parte dei prigionieri, è stata la causa di patologie mediche serie, oltre a costituire un rischio per la vita stessa dei detenuti, quotidianamente. A metà febbraio, tre detenute palestinesi hanno iniziato uno sciopero della fame contro le condizioni di carcerazione da loro subite nel centro di detenzione di Beit El, dove era stato impedito loro di usare il bagno e di cambiarsi i vestiti.

2) Prigioni centrali: 40 per cento dei prigionieri palestinesi sono detenuti in 9 prigioni centrali israeliane, tra le quali il carcere minorile di Telmond e quello femminile di Ramleh. La maggioranza di loro sta scontando le pene di lunga durata, compreso l’ergastolo.
Dall'inizio dell'Intifada attuale, le condanne a lungo termine sono significativamente aumentate di numero. Per la prima volta, i prigionieri palestinesi hanno cominciato una campagna di protesta contro il sistema ingiusto dei tribunali militari e hanno indetto un boicottaggio di tutti i tribunali militari, dichiarando che sono illegali e non sono garantiscono i termini minimi di un giusto processo.
Si è verificato un deterioramento delle condizioni carcerarie e delle modalità di trattamento dei prigionieri palestinesi, in violazione della Quarta Convenzione di Ginevra. Una tra queste violazioni è stata la prevenzione delle visite famigliari negli ultimi due anni, che Israele giustifica quale necessaria per motivi di sicurezza.
A marzo, le visite delle famiglia sono state riammesse i 3 distretti della Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Tuttavia, molte famiglie che hanno presentato domanda tramite la Croce Rossa Internazionale per i permessi necessari per le visite, hanno visto rifiutare le domande per motivi di sicurezza, e concedere i permessi solo ad alcuni famigliari. L'unico motivo che viene addotto, per il rifiuto delle domande presentate e raramente accolte, è "la sicurezza". Ci fu un caso di un padre di un detenuto che ha visto rifiutata la sua domanda di permesso perché non vi era alcun grado di parentela fra lui è il detenuto.
Anche le condizioni delle visite sono al limite del sopportabile e hanno portato a ulteriori proteste da parte dei detenuti. Per esempio, nel campo di detenzione militare di Ofer, le famiglie in visita erano obbligate ad aspettare per ore prima che fosse permesso loro di avvicinarsi alla prigione, ognuno veniva a quel punto perquisito e venivano confiscate anche le cose che era stato detto loro che erano permesse, quali alimenti per i carcerati. Le famiglie dovevano stare dietro ad una recinzione, a più di 15 metri da un'altra recinzione dietro la quale stavano i carcerati. Per le visite erano concessi solamente cinque minuti e molto parenti non riuscivano a identificare i propri famigliari per la distanza. In protesta, i detenuti a Ofer si sono rifiutati di uscire, in futuro, dalle celle per le visite famigliari se non venivano cambiate le modalità nelle quali venivano svolte.
Nelle prigioni israeliane, altre misure punitive includono la limitazione del tempo, concesso ai detenuti, di uscire dalle proprie celle per aria fresca, la restrizione delle visite ad altri settori del carcere e le difficoltà poste ai rappresentanti dei prigionieri di seguire e affrontare problemi all'interno del carcere che riguardino detenuti di altri settori dal proprio.
Inoltre, le condizioni di salute all'interno delle prigioni sono decisamente deteriorate, con l'estremo ritardo nei controlli e nelle cure mediche a opera dell'autorità delle prigioni, ritardi nei trasferimenti di casi gravi a ospedali o a strutture per analisi approfondite, oltre a un prestazione di cure mediche insufficienti all'interno delle prigioni stesse. L'autorità delle prigioni continua a porre ostacoli a detenuti che sono studenti universitari iscritti alle Israeli Open Universities, che sono l'unica possibilità di studio per detenuti carcerari, limitando i corsi che è permesso loro seguire.
Anche il vestiario concesso ai prigionieri è limitato; l'autorità delle prigioni permettono cambi di vestiario soltanto due volte all'anno, a condizione che i prigionieri restituiscano i vestiti che portano in cambio dei vistiti nuovi portati dalle loro famiglie. I rifornimenti igienici sono estremamente limitati e nel mese scorso, l'autorità delle prigioni ha deciso di non fornire più carta igienica ai detenuti.

3) Campi di detenzione militari: oltre a Megiddo, il comando militare israeliano ha riaperto, l'anno scorso, sia il campo di detenzione militare di Ofer, a Ramallah, e quello di Ketziot nel deserto del Negev. Tutti questi campi di detenzione militari, originariamente, erano stati aperti durante la prima Intifada. Ofer e Ketziot erano stati poi chiusi subito dopo l'inizio degli incontri di Oslo.
La situazione nei campi di detenzione militari israeliani è particolarmente preoccupante: i detenuti vivono i vecchie tende logore, con condizioni climatiche estreme, sono soggetti a condizioni di vita al limite della sopportazione umana, con quantità e qualità di cibo insufficienti, senza visite famigliari, senza che sia concesso loro avere libri o vestiti, eccetto in casi molto particolari, concordati con gli avvocati.
I detenuti subiscono spesso attacchi all'interno dei campi di detenzione militari, con gas lacrimogeno gettato nelle tende o con getti d'acqua spruzzata ad alta pressione. Moltissimi di questi detenuti soffrono di patologie mediche, in particolare quelli feriti durante gli arresti effettuati durante l'invasione israeliana nell'aprile del 2002. Molti ancora non hanno ricevuto alcuna visita medica e quelli che sono stati visitati hanno comunque dovuto aspettare un tempo molto lungo, e le cure che hanno ricevuto sono state spesso inadeguato. Attualmente circa 3000 prigionieri palestinesi che sono detenuti nei campi di detenzione militari, di cui oltre 1000 sono in stato di detenzione amministrativa, ossia di detenzione senza accuse o processo.
Le gravi condizioni subite dei prigionieri palestinesi non sono una novità. Dall'inizio dell'occupazione israeliana dei territori palestinesi nel 1967, oltre 650.000 palestinesi sono stati detenuti in Israele: ossia circa il 20% della popolazione palestinese dei territori occupati. Tenendo conto del fatto che la maggior parte dei detenuti sono uomini, il numero di detenuti palestinesi forma circa il 40% della popolazione maschile palestinese dei territori occupati. Addameer sottolinea che il recente deterioramento delle condizioni carcerarie è un risultato diretto delle politiche israeliane e delle misure arbitrarie che minacciano la stabilità della situazione carceraria e condurranno a un aumento degli atti di protesta all'interno delle prigioni.
Le autorità israeliane devono attenersi alle norme e leggi internazionali nel trattamento dei prigionieri palestinesi e rispettare i trattati e gli accordi dei quali è un firmataria. Inoltre deve cessare l'uso sistematico di detenzione amministrativa dei prigionieri palestinesi come forma di punizione collettiva, che per il diritto internazionale è illegale.
Addameer invita organizzazioni internazionali e locali per il rispetto dei diritti umani di lavorare per garantire la difesa dei prigionieri palestinesi e arabi e per porre fine alla politica di detenzione politica e del clima di terrore sulla quale si basa.